Precariato: ANIEF denuncia l’incostituzionalità del comma 5, 6, 7, dell’art. 32 del Collegato al Lavoro
La norma, in discussione dal 28 aprile nell’aula della Camera, è incostituzionale perché ripropone quanto dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, non risponde ai rilievi del Presidente Napolitano, perpetua una discriminazione nei confronti dei precari, viola la convenzione e la direttiva europea, interviene nei processi in corso e comprime il diritto al risarcimento danni per la stabilizzazione di 210.000 precari tra docenti e ata della Scuola, supplenti annuali o al termine delle attività didattiche (1/5, il 20% dell’organico complessivo).
Il comma 5, 6, 7 dell’articolo 32 del Collegato al Lavoro, AC 1441-quater-D, rimasto invariato dopo l’approvazione degli emendamenti in XI Commissione Lavoro della Camera, sebbene il Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere abbia sottolineato l'opportunità di una riflessione anche su disposizioni in qualche modo connesse - presenti negli articoli 30, 32 e 50 - che riguardano gli stessi giudizi in corso e la salvezza del diritto del lavoratore al risarcimento dei danni eventualmente subìti, ripropone testualmente i contenuti dell’articolo 4-bis del decreto legislativo n. 368/2001 come introdotto dal comma 1 dell’articolo 21 della legge 133/2008 e dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 214 della corte costituzionale del 14 luglio 2009, dopo la sua remissione disposta da 19 ordinanze delle corti di appello dei tribunali italiani, per la presunta violazione degli artt. 3, 10 e 11, 24, 111, 117 della Costituzione.
Di fronte al contenzioso seriale promosso dal’Associazione professionale e sindacale che in questo momento ha in corso migliaia di conciliazioni per conto dei suoi soci iscritti (personale docente e ata della Scuola) presso gli uffici competenti per il riconoscimento della conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato e il relativo risarcimento danni, il Governo interviene con un provvedimento che riprende nei contenuti una norma dichiarata recentemente incostituzionale al solo fine di comprimere i diritti dei lavoratori precari, senza curarsi dei rilievi del presidente Napolitano.
L’attività dell’ANIEF si è resa necessaria dopo che per anni nella Scuola italiana si è proceduto ad assegnare contratti a tempo determinato su posti vacanti e disponibili senza coprirli in ruolo in organico di diritto ma addirittura inventando una particolare categoria di precari (4 precari su 5) che ogni anno firmano un contratto dal 1 settembre al 30 giugno invece che al 31 agosto (su cui pure stiamo intervenendo in sede di conciliazione), per risparmiare soldi in bilancio. Ora la normativa italiana (dlgs. 368/01), recependo la direttiva europea (1999/70/CE), prevede che si possa ricorrere alla stipula di un contratto a tempo determinato per una sola volta e non più volte per diversi anni; anzi, il c. 1, art. 1, della L. 167/2009, prevede addirittura la conversione dei contratti a t. d. nel caso anche nel primo anno, nel caso in cui vi sia un regime autorizzatorio e il personale sia inserito nelle graduatorie. Così si spiega l’anomalia tipica italiana del precariato scolastico - 1/5 dell’organico complessivo, 131.000 docenti (15,7% del totale) e 80.000 ata (32.3%) precari assunti ogni anno al termine dell’attività didattica -, creato da un consuetudinario quanto persistente abuso da parte dell’Amministrazione sui diritti del personale docente e ata italiani, in nome di una provvidenziale e necessaria continuità del servizio scolastico che, di fatto, è negata agli studenti, proprio dalla precarietà del rapporto di lavoro al personale della scuola. Per di più, si interviene nei processi in corso, come nel caso della legge salva-precari – rimessa anch’essa all’esame della corte costituzionale - e delle graduatorie di coda, riducendo il giusto risarcimento danni riconosciuto dalla normativa ai ricorrenti.
L’ANIEF chiede al Parlamento di cancellare la norma in questione ed è pronta a rivolgersi al Presidente Napolitano perché rinvii per la seconda volta il testo all’esame del Parlamento.