Bastico: Scuola, semplificare non è azzerare

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Bastico: Scuola, semplificare non è azzerare

Messaggiodi edscuola » 6 febbraio 2010, 19:15

Il PD vuole e ritiene necessaria la riforma della scuola superiore, per dare futuro ai giovani, per una maggiore mobilità sociale e per lo sviluppo del Paese.
Per una seria e condivisa riforma il PD ha ripetutamente richiesto un dibattito parlamentare approfondito. Ha avanzato proposte alternative: dibattito e confronto negati, nei fatti, dal Governo.
La riforma della scuola di cui ha bisogno il Paese deve innanzitutto definire gli obiettivi di apprendimento, in termini di saperi e competenze, che i ragazzi devono conseguire nel percorso scolastico e al termine dello stesso. Deve indicare le innovazioni nella didattica – basate sul protagonismo degli studenti, sulle esperienze, sul metodo scientifico induttivo, sulla relazione educativa ed emozionale – attraverso le quali i ragazzi – tutti, e non uno di meno – possano raggiungere quegli obiettivi.
La riforma deve attribuire alle scuole autonome le risorse e gli strumenti essenziali (ad es. laboratori) per il cambiamento e deve indicare gli strumenti di valutazione per misurare l’efficacia degli insegnamenti, l’efficienza nell’organizzazione e la crescita relativa dei ragazzi.
Nulla di tutto ciò è presente nel testo Tremonti-Gelmini, approvato dal Governo. La “riforma” non definisce né i curricula, né gli obiettivi di apprendimento, né i programmi: è una sorta di cornice vuota di contenuti, caratterizzata soltanto da i profondi tagli e da un ritorno al passato. Contiene tagli di ore, di docenti, di discipline, di laboratori, in una parola meno opportunità per gli studenti.
Prevede la cancellazione di tutte le sperimentazioni in essere, senza alcuna valutazione degli esiti e della qualità delle stesse. Concordo che fosse necessario ridurre le troppo numerose specializzazioni che hanno indotto a frammentazione e a inutili doppioni negli studi superiori: ma tra semplificare per qualificare ed azzerare c’è una grande differenza! E così i licei, in particolare il classico, ridotti a 27 ore, tornano ad essere nei quadri orari e disciplinari sostanzialmente quelli delineati dalla riforma Gentile del 1923; si accentua la gerarchizzazione del sistema scolastico: i licei sono la “serie A” della scuola, mentre gli istituti tecnici e professionali vengono fatti scendere inesorabilmente in “serie B” e “C”. L’esatto contrario di quello che necessita una seria riforma scolastica, di quanto richiedono l’Europa e il mondo del lavoro.
Molto grave è la decisione del governo di avviare la riforma dall’anno scolastico 2010/11, negando alla scuola il tempo per un adeguato orientamento e alle famiglie e agli studenti quello per una scelta consapevole.
La “riforma”, come doveroso, parte dalla classe prima, ma i tagli delle ore e dei programmi colpiscono gli istituti tecnici e professionali (ridotti a 32 ore) anche nelle classi seconde, terze e quarte, in cui permane il precedente ordinamento. Un vero inganno per gli studenti frequentanti, una frattura del patto educativo scuola-famiglie.
Non è, dunque, una “riforma epocale”, come definita dal ministro Gelmini, e neppure una riforma, ma un grande “meno” di risorse, di offerta formativa, di opportunità, di futuro per i giovani.
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