da ItaliaOggi
Licei, il Consiglio di stato boccia il federalismo centralista di Gelmini
di Antonio G. Paladino
Il Consiglio di stato blocca la riforma dei licei e degli istituti professionali. Le previsioni contenute nel testo dei regolamenti emanati dal ministero dell'istruzione, infatti, sembrano spingersi oltre quanto contenuto nella norma di delega. In particolare, sollevano non pochi dubbi le previsioni riguardo la quota dei piani di studio rimessa alle singole istituzioni scolastiche, soprattutto in merito a un mancato coordinamento con le norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche stesse. Manca anche una illustrazione della graduazione del passaggio al nuovo ordinamento (previsto per il prossimo anno scolastico), soprattutto sul versante della tutela degli studenti, i quali, al momento, non potranno che subire la modificazione dell'iter formativo prescelto. Lo ha messo nero su bianco il Consiglio di stato, nel testo del parere n. 7149 del 9 dicembre scorso, con il quale ha sospeso ogni valutazione in merito allo schema di regolamento che reca la revisione dell'assetto didattico, organizzativo e ordinamentale dei licei, così come previsto dall'articolo 64, comma 4 della manovra anticrisi del 2008 (il decreto legge n. 112). Palazzo Spada ha sollevato non poche perplessità sull'impianto contenuto nel testo del regolamento di riforma dei licei presentato dal dicastero retto da Mariastella Gelmini (e, con le stesse motivazioni, ha sospeso altresì ogni considerazione sui regolamenti inerenti la riforma degli istituti tecnici e quelli professionali), soprattutto ha rilevato che «non è chiaro se il testo predisposto dal ministero si mantenga nei limiti della delega». C'è un punto critico. La norma di delega prevede espressamente la «sola ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari». Ma, ad avviso di Palazzo Spada, il testo del regolamento invece, «sembra spingersi ben oltre la mera razionalizzazione dei piani di studio e degli orari», in quanto contiene disposizioni che eccedono tale ambito in senso stretto. Ecco perché, il Consiglio di stato impone a viale Trastevere un chiarimento «indicando su quale base abbia proceduto all'estensione dell'oggetto di delega e se le finalità di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali giustifichino l'ampia revisione operata». In particolare, sotto la lente del collegio è passato l'articolo 10 del regolamento di riforma, quello che stabilisce che la quota dei piani di studio rimessa alle singole istituzioni scolastiche nell'ambito degli indirizzi definiti dalle regioni, non può essere superiore al 20% del monte ore complessivo nel primo biennio, al 30% nel secondo biennio e al 20% nel quinto anno. Su questo punto, Palazzo Spada ha sottolineato che il ministero deve chiarire se tale previsione sia stata coordinata con le norme (il dpr n. 275/1999) riguardanti l'autonomia delle istituzioni scolastiche. Altro punto che cozza con l'autonomia delle istituzioni scolastiche riguarda la previsione (regolamentare) di costituire i «dipartimenti per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa» e il comitato scientifico con funzioni consultive per l'organizzazione e l'utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità. Su questo punto, Palazzo Spada è perplesso. Queste regolamentazioni sono estranee all'ambito della delega, piuttosto, «sarebbe più coerente con l'obiettivo di realizzare l'autonomia, lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in merito all'opportunità di istituire tali organi». Infine, perplessità sul graduale passaggio al nuovo ordinamento. Palazzo Spada stigmatizza che la confluenza dei percorsi liceali e delle sperimentazioni avvenga, per così dire a scatola chiusa.