di edscuola » 19 novembre 2009, 19:52
All’Onorevole Presidente della Repubblica
Palazzo del Quirinale
Oggetto: RICHIESTA di RINVIO all’esame del Parlamento del D.L. 134/2009, approvato in data 18 novembre 2009 dal Senato, per violazione degli articoli 3, 24, 51 c.1, 77 c.2, 97, 103, 111, 113, 117, 118 della Costituzione.
Onorevole Presidente,
premesso che tutte le associazioni, i coordinamenti e le rappresentanze dei docenti precari in audizione presso la VII Commissione del Senato e la XI Commissione della Camera durante l’esame del provvedimento hanno richiesto il ritiro del D.L. 134/2009, come si evince dai verbali delle sedute,
dato che, come Ella, con lettera inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri in data 6 febbraio 2009, ha avuto modo di rilevare, "il fondamentale principio della distinzione e del reciproco rispetto tra poteri e organi dello Stato non consente al legislatore di disattendere la soluzione che - nel caso di specie - sia stata già individuata da una decisione giudiziaria definitiva sulla base dei principi, anche costituzionali, desumibili dall'ordinamento giuridico vigente;”
considerato che alcune nuove norme introdotte in sede di conversione sono palesemente illegittime e non conformi alla Costituzione come è stato rimarcato anche durante il dibattito parlamentare e in ultimo nel parere della II Commissione del Senato dell’11 novembre 2009,
visto il parere negativo delle Regioni espresso nella Conferenza del 5 novembre 2009,
poiché, in particolare, a nostro avviso, oltre alla pregiudiziale violazione dell’articolo 77 della Costituzione, in merito all’articolo 1, il comma 1 viola la sentenza della Corte di giustizia europea del 13 settembre 2007, causa C-307/05, la direttiva del Consiglio d’Europa del 28 giugno 1999, 1999/70/CE e l’articolo 3 della Costituzione, i commi 2, 3 e 4 violano gli articoli 3, 51 c.1, 97, 117 e 118 della Costituzione, i commi 4-bis, 4-ter, 4-quinquiesdecies violano gli articoli 3, 24, 51 c.1, 97, 103, 111, 113 della Costituzione con un intervento legislativo diretto a determinare il mero annullamento degli effetti di provvedimenti giurisdizionali legittimamente adottati, il comma 4-quater viola l’articolo 3 della Costituzione, mentre l’articolo 1-quater viola gli articoli 117 e 118 della Costituzione,
Le chiediamo, nell’esercizio delle sue funzioni di controllo e di garante, di valutare la possibilità di rinviare alle Camere il D.L. 134/2009 come approvato nella seduta n. 285 del 18 novembre 2009 al fine di un ulteriore approfondito esame conforme al dettato Costituzionale.
Si allega memoria specifica sui punti ritenuti non conformi al dettato costituzionale.
Cordiali saluti
Roma, 19 novembre 2009.
Il presidente
Memoria
Il testo approvato in prima lettura dal Parlamento ha subito diverse modifiche fin dall’approvazione in C.d.M. del 9 settembre 2009, quando consisteva nel solo articolo 16 (ora di cinque articoli) del Decreto Legge recante Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, dal titolo Modifiche all’articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 – Adeguamento alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 13 settembre 2007 (causa C. 307/05). Proprio le nostre osservazioni, pubblicate l’11 settembre, sulla congruenza rispetto alle norme relative alla decretazione d’urgenza e alla normativa comunitaria e costituzionale, convinsero il Governo a ripresentarlo in C.d.M. il 18 settembre e ad approvarlo come testo autonomo per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 22 settembre. Già questa premessa spiega perché il comma 1, articolo 1, non risponde al profilo dell’omogeneità e della specificità, considerati come requisiti irrinunciabili per una disciplina che debba imporsi come urgente e necessaria, violando il disposto dall’articolo 15 della legge n. 400 del 1988. Le disposizioni richiamate, tese a bloccare i processi al Tribunale del Lavoro di cui siamo promotori per il riconoscimento degli scatti biennali di anzianità e per la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, infatti, eludono il carattere puntuale del provvedimento, sfuggono al suo oggetto, non hanno alcun rapporto con le altre singole disposizioni, con il contenuto stesso del decreto legge o con il nuovo titolo del provvedimento recante Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno scolastico 2009-2010. Il comma 1, nel porre limitazioni alla trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato cancella la continuità didattica che può essere assicurata soltanto dal personale di ruolo e si richiama a principi che negano esplicitamente la continuità didattica per vietare lo scatto biennale di anzianità al personale precario. D’altronde, tale comma non poteva richiamare coerentemente nel suo titolo la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 13 settembre 2007 (causa C. 307/05), che riprende analoghe pronunce (sentenza 4 luglio 2006, causa C-212/04 e sentenza 7 settembre 2006, causa C-53/04) della stessa Corte, e rimanda alla direttiva del Consiglio d’Europa del 28 giugno 1999, 1999/70/CE. Il diritto comunitario osta all’adozione di una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro, che determini una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato. “Tale nozione deve essere intesa nel senso che essa non autorizza a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che quest’ultima sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge”. Inoltre, già la legislazione vigente (legge n. 312 del 1980, legge n. 186 del 2003, legge n. 27 del 2006) assicura il diritto alla maturazione degli scatti biennali di anzianità al personale docente precario di religione, diritto esteso a tutto il personale precario della Scuola dalle recenti sentenze del Tribunale di Roma (n. 12644/2008 del 09/07/2008), del Tribunale di Tivoli (n. 911 dell'11.03.2009), di Salerno e di Treviso che richiamano gli articoli 3 e 97 della Costituzione. E’ evidente, pertanto, che il comma 1 dell’articolo 1, pur modificato, viola i profili di necessità propri dello strumento normativo della decretazione d’urgenza violando l’articolo 77 della Costituzione e il diritto dell’Unione europea, introducendo discipline di tipo sostanziale che riformano la legislazione esistente e che arrecano sicure procedure di infrazione e nuovi contenziosi nei tribunali del lavoro. E’ chiaro che i docenti precari della scuola non possono essere trattati diversamente dagli altri lavoratori pubblici perché devono “garantire, attraverso la continuità didattica, il diritto costituzionale all'educazione, all'istruzione e allo studio (articoli 33 e 34 della Costituzione) e quindi la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo”. Né si può invocare per i docenti precari, come presente nella relazione del Governo, che le loro supplenze “sono caratterizzate sia dalla precarietà del rapporto, legata all'assenza del titolare, sia dalla mancanza di continuità, in quanto i vari periodi di servizio di supplenza attengono a distinti contratti di lavoro (- allora perché è inserito il comma in un decreto che tratta della continuità didattica?). Di conseguenza, anche il trattamento economico è legato alla precarietà e alla discontinuità del rapporto del supplente con l'amministrazione e, quindi, legittimamente esso è riferito, per ciascun periodo di supplenza, allo stipendio iniziale del docente di ruolo, non essendo configurabile per i rapporti di lavoro del personale supplente un'effettiva progressione di carriera”. Perché in tal caso non si dimostrerebbe la differenza di trattamento con gli altri docenti di religione e la violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Anche il comma 2 viola le regole della decretazione d’urgenza (e i conseguenti comma 3, 4) nella sua premessa perché introduce una disciplina di tipo sostanziale che riforma la legislazione esistente, al solo fine di mitigare gli animi di quei 18.000 docenti (censimento MIUR) che a seguito dei tagli hanno perso la cattedra annuale quest’anno e che si vedono attribuiti ope legis 12 punti di servizio per il corrente anno scolastico pur non avendo avuto una nomina, e avranno una preferenza per l’annata doc traducibile in una supplenza prioritaria rispetto agli elenchi stilati delle graduatorie di istituto, o in una collaborazione ai progetti regionali finanziati dalla UE. E gli altri 252.000 docenti che hanno prestato un servizio annuale di 180 giorni nel 2007-2008 o negli anni precedenti, quando pure era avvenuta una seppur minore contrazione degli organici? Forse essi non dovevano garantire pure la continuità didattica? Forse il prossimo anno avremo un’altra ope legis per gli altri esclusi a seguito degli altri 40.000 tagli come l’ordine G1.12 approvato lascia intendere, impegnando il Governo a estendere anche all'anno scolastico 2010-2011 le norme di priorità assicurate dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 134 e agli anni scolastici 2006-2007, 2007-2008 il periodo di servizio come richiesto ai sensi del medesimo articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 134, possono aver conseguito i requisiti ivi richiesti? E’ palese la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, dell’articolo 51 c.1, dell’articolo 97 relativi all’accesso nei ruoli della pubblica amministrazione e al suo buon andamento, visto che il servizio è considerato un titolo valutabile nelle graduatorie da cui si assume il personale docente a tempo indeterminato per il 50% dei posti disponibili. Inoltre, come le Regioni hanno avuto modo di affermare nel parere negativo della conferenza del 5 novembre le questioni del personale non attengono alle competenze delle Regioni e Province Autonome, il provvedimento è stato assunto senza il necessario e opportuno coinvolgimento delle Regioni e Province Autonome, il comma 3 dell’art. 1, prevede che siano le amministrazioni scolastiche, utilizzando risorse regionali, e non le Regioni e Province Autonome a promuovere progetti da realizzarsi anche mediante l’utilizzo di lavoratori precari della scuola, il DM. 82 del 30/09/2009 all’art. 5 comma 3, al fine del riconoscimento del servizio, prevede la stipula di Intese tra Regione e MIUR, precludendo la possibilità di stipulare a tal fine Accordi amministrativi tra Regione e Ufficio Scolastico Regionale. Mentre l’articolo 1-quater legifera su materia di competenza regionale, come l’anagrafe degli studenti. E’ chiaro dunque che si violano anche gli articoli 117 e 118 della Costituzione.
Il comma 4-bis (come tutti gli altri commi estraneo alla originaria pubblicazione in Gazzetta) è stato inserito con urgenza per bloccare le diverse ordinanze dei giudici del TAR Lazio di nominare un commissario ad acta che si sostituisca all’Amministrazione se entro 30 giorni dalle ordinanze di sospensiva emanate, e confermate dai giudici del Consiglio di Stato, non dispongano l’inserimento a pettine dei ricorrenti-docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. La vicenda è nota: lo stesso TAR Lazio con sentenza del novembre 2008, confermata in secondo grado nel gennaio 2009, aveva chiarito all’Amministrazione che il trasferimento per il biennio 2009-2011 dove avvenire a pettine e non in coda; il Ministro su indicazione degli altri Sindacati con il D.M. 42 dell’aprile 2009 ha eluso la sentenza vietando il trasferimento e concedendo il trasferimento in coda in altre tre province aggiuntive. I giudici hanno censurato tale comportamento richiamando il rispetto degli articoli della nostra Costituzione relativi all’assunzione per merito, all’accesso alla pubblica amministrazione e alla disparità di trattamento (art. 3, 51, 97). Bisogna reclutare i docenti secondo il loro merito-punteggio e non secondo il loro certificato di nascita o di residenza. Peraltro, la contrattazione collettiva nazionale sulla mobilità continua ad assicurare al personale di ruolo il diritto al trasferimento che è negato al personale precario. Questa norma è palesemente illegittima e contraria ai principi costituzionali e alla giurisprudenza della Consulta. La norma sfugge al criterio della generalità e pone un conflitto tra poteri dello Stato. A priori, se si legge la giurisprudenza in materia (sentenze n. 229/99, 525/00, 291/03, 282/05, 376/05, 421/05, 266/06, 267/07 della Corte Costituzionale) neanche una legge di interpretazione autentica può annullare una sentenza della magistratura, pena la violazione degli articoli 24, 103, 111, 113 della Costituzione. Come si richiama nella sentenza n. 168/04 che ha confermato l’eliminazione delle code (scaglioni) alla terza fascia delle graduatorie permanenti, oggi trasformate ad esaurimento, prevista dalla legge 133/2001, “a proposito delle c.d. leggi di interpretazione autentica, questa Corte ha più volte affermato che «il legislatore può porre norme che retroattivamente precisino il significato di altre norme preesistenti, ovvero impongano una delle possibili varianti di senso del testo originario, purché compatibile con il tenore letterale di esso». La Corte ha anche precisato che «in tali casi il problema da affrontare riguarda non tanto la natura della legge, quanto piuttosto i limiti che la sua portata retroattiva incontra alla luce del principio di ragionevolezza e del rispetto di altri valori ed interessi costituzionalmente protetti» (v., ex plurimis, sentenze n. 291 del 2003, n. 525 del 2000, n. 229 del 1999, n. 421 e n. 376 del 1995) … Riguardo a questi ultimi ed a ciò che più in particolare concerne la prima delle questioni in esame, questa Corte ha affermato che «in linea generale, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica - essenziale elemento dello Stato di diritto - non può essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (v., ex plurimis, sentenza n. 446 del 2002)”. Sul merito dei principi costituzionalmente che devono essere garantiti, d’altronde, la stessa sezione del TAR Lazio - che ha previsto il Commissariamento del MIUR e sarà chiamata dai legali dell’ANIEF a pronunciarsi sulla legittimità dell’emendamento, qualora divenuto legge, al fine di rimetterlo all’esame della Corte Costituzionale -, nella sentenza n. 10809/08 aveva già affermato che un'eventuale norma di legge tesa a mantenere il trasferimento in coda e non a pettine avrebbe violato gli articoli di uguaglianza, art. 3, di buon andamento della p.a., art. 97, di accesso agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza, art. 51, comma 1 della Costituzione. A ragione, peraltro, dell’interpretazione univoca dei giudici, lo stesso legislatore prevede il trasferimento in altra provincia a partire dal 2011 secondo il proprio punteggio richiamando ad una legge del 2004 che è stata applicata per il primo biennio di aggiornamento delle graduatorie (2007-2009) e che è stata disapplicata per l’attuale aggiornamento (2009-2011). Nel caso in cui la norma arrivi alla Consulta e sia dichiarata non conforme alla Costituzione, pertanto, ci ritroveremmo a distanza di un anno come oggi, con l’aggravante che i giudici dovrebbero obbligare l’Amministrazione a risarcimenti milionari per tutti i 15.000 ricorrenti e non al solo pagamento di 5.000 euro per ricorso. Anche per il comma 4-ter, valgono le considerazioni di cui sopra: la norma, inoltre, conferma tale disparità di trattamento consentendo al solo personale inserito nell’a.s. 2007-2009 lo spostamento del punteggio di servizio dichiarato precedentemente e non a quello iscritto per il 2009-2011 contravvenendo retroattivamente a una sentenza dello stesso Consiglio di Stato la n. 2436/09. In questo caso, come per il 4-quinquiesdecies si dove si interviene per annullare le sentenze nn. 477 e 478 del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, con un intervento legislativo si vuole determinare il mero annullamento degli effetti di provvedimenti giurisdizionali legittimamente adottati.