da ILSOLE24ORE.COM
Gelmini: «È il nostro simbolo»
La sentenza della Corte dei diritti dell'Uomo che dice no all'esposizione del crocefisso nella scuola pubblica, fa discutere.
«Nel nostro Paese - commenta il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini nessuno vuole imporre la religione cattolica e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso. È altrettanto vero che nessuno, nemmeno qualche corte europea ideologizzata, riuscirà a cancellare la nostra identità». Per il ministro «la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione. La storia d`Italia continua Gelmini - passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi. La nostra Costituzione inoltre riconosce, giustamente, un valore particolare alla religione cattolica. Non vorrei che alcune norme a cui si rifanno i giudici della Corte di Strasburgo fossero in contrasto con il nostro dettato costituzionale». Per Gelmini «non è eliminando le tradizioni dei singoli paesi che si costruisce una Europa unita, bisogna anzi valorizzare la storia delle nazioni che la compongono. Per questi motivi secondo me il crocifisso rappresenta l`Italia e difenderne la presenza nelle scuole significa difendere la nostra tradizione».
«Questo é un duro colpo alla coabitazione europea - commenta il ministro del Welfare Maurizio Sacconi - che non può significare l'eliminazione delle nostre radici». Per Sacconi «la croce non é un simbolo solo per i credenti, é il simbolo del sacrificio riconosciuto anche dai non credenti». Per il ministro «la parete bianca significa cercare di azzerare la nostra identità e
le nostre radici, ma la nostra identità è ancora più importante nel momento in cui giustamente ci apriamo sempre più al confronto anche con culture diverse».
In attesa di conoscere le motivazioni attraverso le quali la Corte di Strasburgo il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia si schiera «con tutti coloro, credenti e non, religiosi e non, cristiani e non, che si sentono offesi da una sentenza astratta e fintamente democratica». Per Zaia «chi offende i sentimenti dei popoli europei nati dal cristianesimo è senza dubbio la Corte di Strasburgo. Senza identità non ci sono popoli, e senza cristianesimo non ci sarebbe l'Europa. Che destino paradossale: proprio coloro che dovrebbero tutelare il senso comune si danno da fare per scardinare la nostra civiltà. Si vergognino».
«È giusto che il governo presenti ricorso - commenta il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna - contro la sentenza della Corte europea. Il crocefisso non è soltanto un simbolo religioso, ma testimonia una tradizione millenaria, dei valori condivisi dall'intera societá italiana». Per Carfagna «il concetto di pari opportunitá, quello dell'uguaglianza
tra persone così come tra religioni non deve trasformarsi in una negazione delle nostre radici e della nostra identitá»
Anche il nuovo segretario del Pd Pierlugi Bersani, difende la tradizione del crocefisso in classe. «Penso che in questo delicato campo il buon senso finisce per essere vittima del diritto», dice da Bruxelles. «Penso - ha quindi proseguito - che un'antica tradizione come quella del crocefisso non possa essere offensiva per nessuno».
«Le scomposte reazioni che stanno giungendo da parte di diversi ministri (Gelmini, Zaia) e di molti uomini politici del centrodestra alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo contro la presenza del crocefisso nelle aule scolastiche sono incredibili e inaccettabili - afferma il segretario del Prc, Paolo Ferrero - È una sentenza di assoluta laicità e di pieno rispetto delle persone e delle tradizioni religiose di tutti. La doppia morale dei politici di centrodestra, cattolici bigotti sul piano pubblico e fin troppo permissiva su quello privato e della vita quotidiana è davvero disgustosa».
Per l'eurodeputato leghista Mario Borghezio, per il quale «questa sentenza conferma peraltro un pericoloso orientamento giurisprudenziale della Corte di Strasburgo, che vuol sovrapporre un 'diritto europeò alle scelte valoriali degli Stati membri, arrivando ora a conculcare il diritto del nostro Paese alle proprie scelte di indirizzo scolastico e culturale. Se questa è l'alba della 'nuova erà del Superstato europeo che si aprirà con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, c'è poco da stare allegri...».