IL SENSO E IL FUTURO DELL’ISTRUZIONE TECNICA E PROFESSIONALE: SCUOLE, STATO E REGIONE A CONFRONTO
LEGNANO IL 12 NOVEMBRE
Lunedì 12 novembre l’Andis Lombardia e l’IS “Dell’Acqua” di Legnano, nel’ambito del novantesimo della sua fondazione, hanno organizzato una giornata di studio con l’ambizioso obiettivo di ragionare sul futuro dell’istruzione tecnica e professionale. L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale, della Regione Lombardia, dell’Amministrazione provinciale di Milano e del Comune di Legnano, ed è stato ospitata nell’elegante cornice della sede della Famiglia Legnanese.
All’incontro erano presenti più di duecento persone, in grande maggioranza dirigenti scolastici provenienti da tutta la regione, ma anche decision-makers dei Centri di Formazione Professionale, delle amministrazioni provinciali e della Regione. L’obiettivo non era solo quello di un confronto – oggi più che mai attuale – tra la realtà delle scuole lombarde e le prospettive dello Stato e della Regione Lombardia, ma di collocare la discussione nello scenario dei mutamenti epocali che sta attraversando il rapporto tra scienza e tecnologia e tra queste e la formazione.
Le ragioni del Convegno sono state illustrate da Loredana Leoni, presidente regionale Andis Lombardia, che ha sottolineato il ruolo strategico del dirigente scolastico per la realizzazione di qualsiasi percorso di innovazione, ribadendo che le associazioni professionali possono contribuire in maniera costruttiva ad alimentare il dibattito, affinché si possano superare le politiche degli annunci e delle contrapposizioni ideologiche per passare ad una fase di processi reali per dare un futuro ai nostri giovani.
Non solo saluti, ma interventi di merito sono stati portati dal Comune di Legnano, dall’Amministrazione Provinciale di Milano e soprattutto dal Direttore Scolastico Regionale Anna Maria Dominici, che hanno messo a fuoco le questioni che la riforma dell’istruzione tecnica e professionale dovrebbe affrontare. Le strade che verranno indicate sono cruciali per il futuro del sistema scolastico e del paese, poiché è solo da un rapporto intenso e fecondo tra scuola e mondo del lavoro possono venire ai nostri giovani le motivazioni anche per la loro crescita culturale e personale.
Proprio questi temi hanno costituito il cuore degli interventi delle relazioni introduttive di Antonio Valentino e Silvano Tagliagambe, che hanno con chiarezza delineato lo scenario di una formazione rinnovata, capace di rispondere, anche attraverso una forte riqualificazione della professionalità dei docenti, alle problematiche di una nuova formazione scientifica, che sta a fondamento sia del nuovo regolamento dell’obbligo di istruzione, sia di un nuovo comparto tecnico e professionale.
In particolare, Silvano Tagliagambe ha fornito preziose e suggestive indicazioni sullo sviluppo più recente dei modelli scientifici, che stanno evolvendo verso paradigmi di ricomposizione della storica frattura tra corpo e mente ed esigono un superamento della concezione meccanicistica della scienza: per questo è necessario che la formazione (tutta la formazione, non solo quella dell’istruzione tecnica e professionale) rivaluti l’operatività come chiave della crescita intellettiva e professionale nel quadro di un rapporto non più sequenziale tra scuola e lavoro, tra tecnologia e teoria, tra curricolo e motivazione.
Queste indicazioni sono state subito sviluppate sul piano concreto nella successiva tavola rotonda, coordinata da Maria Grazia Carnazzola del Consiglio Nazionale, attraverso gli interventi di Giuseppe Martinez, il padre dei grandi progetti di sperimentazione negli Istituti professionali, di Amedeo Veglio di Confindustria, di Graziano Gorla della segreteria camerale CGIL di Milano e di Fernando D’Alfonso dirigente dell’IPSIA di Monza.
Essi hanno tracciato, pur con accenti e giudizi diversi sugli orientamenti della Regione Lombardia, il quadro di una istruzione tecnica e professionale capace di rinnovarsi attraverso una drastica riduzione degli indirizzi dei tecnici, strutturati per grandi aree scientifiche e tecnologiche, una scansione quinquennale dei professionali per grandi filiere,, un mantenimento delle qualifiche triennali solo attraverso convenzioni con le regioni.
Nel pomeriggio due successive tavole rotonde, coordinate da Aldo Tropea Presidente del Consiglio Nazionale ANDIS, hanno messo a fuoco prima la problematica dei poli formativi per l’istruzione superiore, quindi le diverse linee della Regione e dello Stato sulle questioni di impostazione che hanno dato luogo alla forte conflittualità in corso tra le due istituzioni.
Salvatore Forte, dirigente scolastico del Polo Moda, e Natale Cattaneo, Direttore del Polo Grafica di cui è capofila un Centro di Formazione Professionale, hanno descritto le attività e il senso delle iniziativa da loro coordinate, a partire da un’ottica che guarda al Polo di istruzione e formazione tecnica superiore non solo come organizzatore di corsi, ma come centro di servizi e di trasferimento tecnologico per le imprese.
Francesca Pasquini per la Regione e Giuliana Pupazzoni per l’USR, nel ricordare come l’accordo tra USR e Regione abbia reso possibile l’inizio di questa esperienza che ha messo in moto un processo di grande valore, hanno riferito i risultati del monitoraggio sull’esperienza dei 31 Poli già avviati in Lombardia: una realtà che è stata giudicata “esaltante” dalla prima relatrice e più articolata, ma assai ricca di indicazioni utili, anche dalla dirigente dell’USR, che ha ricordato il contributo di tutti gli attori, dalle parti sociali alle agenzie formative.
La giornata è stata conclusa dall’Assessore Rossoni di Regione Lombardia e da Maria Grazia Nardiello della Direzione Generale per l’istruzione post-secondaria. Un confronto che non ha certo nascosto le posizioni differenti, ma che è stato condotto con grande correttezza istituzionale e con una disponibilità a mettere in rilievo più i punti di convergenza sui contenuti che i conflitti sulle competenze.
L’Assessore ha rivendicato infatti la competenza specifica delle Regioni sull’istruzione e formazione superiore e sulla formazione professionale, con un orgoglioso richiamo al lavoro concreto svolto dalla regione Lombardia su questo tema e sul successo che hanno avuto i corsi triennali sperimentali. Questi ultimi vanno visti nel contesto di una nuova organizzazione del rapporto tra istruzione e formazione che superi la vecchia logica dell’addestramento.
Maria Grazia Nardiello ha risposto non contestando le competenze delle Regioni cui il master-plan affiderà senza remore la programmazione dell’offerta formativa degli IFTS, ma ricordando che l’esperienza ha dimostrato l’impraticabilità di una suddivisione binaria del secondo ciclo tra licei e istruzione/formazione, e la necessità di non impoverire l’offerta formativa, ma di allargarla lasciando ai licei, agli istitui tecnici e professionali, alla FP la loro specificità. A quest’ultima è sicuramente riservata la definizione delle qualifiche di secondo livello europeo, nonché la con-titolarità dell’istruzione e formazione tecnica superiore, in un quadro però che la sottragga alla precarietà e faccia perno su una istituzionalizzazione come quella prevista dal regime delle fondazioni.
Claudio Merletti, che ha rappresentato il punto di vista delle scuole autonome, ha ribadito la positività del lavoro che in Lombardia stanno svolgendo gli istituti tecnici e professionali e ha sottolineato come il problema non sia oggi tanto quello di operare distinzioni a priori, quanto di entrare nel merito dei processi di lavoro e dei profili professionali, nella specificità del rapporto tra scienza e tecnologia.
E’ stato così confermato il punto di vista che l’ANDIS ha espresso ripetutamente – anche nel corso delle audizioni presso la Regione Lombardia in occasione dell’emanazione della legge regionale 19 - sulla necessità di salvaguardare il ruolo dell’autonomia scolastica, fondamentale quando si tratta di un settore in cui il rapporto con il territorio rappresenta l’essenza stessa del percorso formativo, al di là di ogni tentazione centralistica
Da ciò il carattere fondativo della riflessione operata al convegno, che non può e non deve perdersi nella polemica politica o ideologica, ma deve partire davvero dal coinvolgimento dei soggetti – dirigenti scolastici e docenti – che operano nella scuola e negli stessi Centri di Formazione Professionale, tenendo conto delle innovazioni importanti apportate alla scuola secondaria superiore dal Regolamento sull’obbligo di istruzione.
Il fattore tempo non è però secondario. Il rinvio delle scelte o la loro continua oscillazione non significa non andare avanti, ma tornare indietro, provocando crisi di identità educative nei nostri giovani e cadute di competitività del sistema paese. E’ perciò necessario che la ridefinizione degli indirizzi degli Istituti Tecnici e Professionali proceda con la massima velocità e il massimo coinvolgimento tanto delle associazioni professionali della scuola, quanto delle istanze del mondo del lavoro, dell’imprenditoria e delle università, al fine di non perdere un’occasione storica per la ricostruzione - assolutamente strategica ed improrogabile – di un sano rapporto scuola-lavoro.
E’ auspicabile che, almeno in queste scelte fondamentali per la vita del Paese, non abbiano a riproporsi ed a prevalere logiche di difesa corporativa degli assetti del comparto e che si abbia il coraggio di proiettarsi, anche nell’esercizio della più piena e legittima tutela dei lavoratori, verso scenari di modifica che potrebbero anche richiedere riconversioni delle professionalità attuali ed apertura a nuove risorse professionali, con tutto quello che ciò può comportare a livello di ridefinizione di organici e classi di concorso.
E’ questo il messaggio che il convegno ha cercato di far arrivare all’Amministrazione a ai decisori politici in un contesto che, come ha sottolineato la Renata Rossi, Vice-presidente dell’ANDIS nelle sue conclusione, non a caso è stato organizzato dall’Associazione dei Dirigenti Scolastici. Un ambito che si sta caratterizzando sempre più per la profondità delle occasioni di riflessione proposte e per l’equilibrio delle posizioni espresse, sempre tecnicamente e professionalmente fondate, nell’ambito del grande orizzonte di una scuola “per la cittadinanza terrestre”, secondo lo slogan di Edgard Morin, e perché “non siano fatte parti eguali tra diseguali” secondo la lezione di Don Milani.
ANDIS LOMBARDIA