da Repubblica
Le politiche per la scuola danneggiano l'istruzione
Franco Buccino
Napoli
Distratti da cose importanti e coinvolgenti, ne trascuriamo altre importantissime, ma monotone e un po´ tristi. Noi, o i mass media per noi, preferiamo temi ad effetto come quelli della giustizia: per fermare un processo ne blocco centomila. E ancora temi che toccano paure ed ansie della gente, quelli sulla sicurezza: prendere le impronte ai bambini nomadi, ma con qualche accortezza. C´è poi un tema tutto nostro: dal 23 luglio non ci saranno più rifiuti a Napoli e nel resto della Campania.
E così, in questa sorta di estate della cicala, c´è poco tempo per riflettere su quello che l´esecutivo ci ha già preparato con il decreto collegato alla manovra economica: manovra che, secondo stime attendibili, costerà a ognuno di noi più di mille euro, in assenza di iniziative a sostegno di salari e pensioni; ci riserva servizi più ridotti e cari, in particolare nella sanità, per i tagli sempre più consistenti delle risorse agli enti locali; si accanisce contro i diversi settori della conoscenza, università, ricerca e soprattutto scuola.
È una manovra a senso unico che colpisce dappertutto, ma in particolare il Mezzogiorno e la Campania. Manca ad oggi un approfondimento di quello che sarà l´impatto dei provvedimenti della prossima finanziaria in una regione come la Campania, sulle numerose famiglie monoreddito, sui disoccupati, sui pensionati al minimo; di che cosa comporterà in Campania la reintroduzione del ticket sanitario; il ridimensionamento di servizi sociali indispensabili per tanti cittadini; insomma di quali effetti avrà l´ulteriore impoverimento di tutta la nostra popolazione. In periodi come questi è chiaro che le differenze tra realtà territoriali economicamente diverse si acuiscono.
Bisogna cambiare. Pretendere il cambiamento delle misure con la mobilitazione. E non è facile la mobilitazione a causa del deficit di informazione e delle continue distrazioni a cui siamo sottoposti. Ma la mobilitazione da sola non basta. Vogliamo politiche economiche dell´esecutivo per il Mezzogiorno che mirino a recuperi e rilanci. Allora c´è bisogno oltre che di pretese anche di nostri contributi, di responsabilità, misura, efficacia, verifica.
Questo lo dico, per esempio, per la scuola, il campo che conosco meglio. Negli ultimi dieci anni la Campania ha pagato un prezzo altissimo alla ristrutturazione del sistema pubblico dell´istruzione. Scioperi riusciti, manifestazioni clamorose, coinvolgimento delle forze politiche locali e nazionali, non sono serviti a niente, come a niente è servito avere governi amici, almeno rispetto ai tagli. Proprio il governo Prodi ci costringe per il prossimo anno a una riduzione di quasi quattromila posti, oltre un terzo del totale nazionale. Questo avviene perché i criteri per la distribuzione degli organici salvano alcuni e condannano noi. Salvaguardare il tempo pieno e tener conto dell´ingresso degli alunni stranieri: questi due elementi combinati determinano il risultato disastroso per noi, che non abbiamo né tempo pieno né stranieri che frequentano la scuola. Gli oltre 140 mila tagli definiti dalla manovra economica del governo Berlusconi colpiranno la nostra regione non più per il tradizionale dieci per cento, ma per il 25-30%. Cioè nel prossimo triennio potrebbero scomparire dalle scuole della Campania 35-40 mila posti. E dei 32 mila posti per le immissioni in ruolo del prossimo anno la Campania dovrebbe accontentarsi di poco più di duemila, anziché dei 3200 immaginati. Stando così le cose, occorre trattare. Omogeneizzare il sistema dell´istruzione pubblica campano con quello nazionale, anche in termini di quote di tempi pieni, di strutture edilizie e laboratori; conservare per intero, o in gran parte, l´organico esistente per la qualità dell´istruzione e per aggredire con strumenti ordinari dispersione, abbandoni, devianze; riaprire le graduatorie ad esaurimento per permettere ai nostri precari interessati di ricollocarsi a livello nazionale.