Nelle stanze segrete dove nascono le prove d'esame

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Nelle stanze segrete dove nascono le prove d'esame

Messaggiodi edscuola » 20 giugno 2008, 12:35

da La Stampa

RETROSCENA

Nelle stanze segrete dove nascono le prove d'esame

Dalla scelta dei consulenti ai testi definitivi

Raffaello Masci

ROMA
Una decina di ispettori generali della pubblica istruzione, una cinquantina di professori di chiara fama, più consulenti, esperti, suggeritori di rango, consultori dell’ultima ora, tecnici, docenti con esperienza sul campo. Inoltre, beninteso: segretarie, impiegati amministrativi, fattorini, autisti, centralinisti. Un centinaio di persone in tutto. La riunione plenaria della Santa Inquisizione, al confronto, doveva essere una sbicchierata tra amici. E’, invece, la Commissione Centrale per gli Esami di Stato. Tutto maiuscolo. Una grande macchina didattica e di valutazione, perfettamente collaudata, ampiamente oliata, altamente autoreferenziale e - per ciò stesso - fragile e incline a incappare in errori. Come quelli a cui abbiamo assistito in questi giorni.

La professoressa Caterina Petruzzi, detta Katia, ne è stata il deus et dominus negli ultimi 25 anni: da Sergio Mattarella a Mariastella Gelmini, gli esami di Stato sono tutti passati sotto le sue mani. Per questo era ormai sicura di sé, del suo lavoro e dei suoi collaboratori. Ma - si sa - il diavolo è in questi casi che ci mette la coda.

La Commissione ha sede presso il Dipartimento per l’Istruzione, il più grande del ministero. Lo stato maggiore è costituito, oltre che dalla Petruzzi (e ora dal suo vice Luciano Favini) dalla squadra degli «ispettori tecnici». La qualifica che li contraddistingue, costituisce il massimo grado a cui possa aspirare un insegnante: professore, vicepreside, preside, e poi - appunto - ispettore.

Davanti a loro si staglia, ogni anno, una mole smisurata di prove da allestire: cento sono gli indirizzi di studio (una trentina, per dire, solo quelli degli istituti tecnici industriali), più 812 le sperimentazioni ormai consolidate. Totale: bisogna approntare 912 «seconde prove», ciascuna diversa dall’altra, ciascuna differente sostanzialmente da quella analoga dell’anno precedente e ciascuna perfettamente allineata con la specificità del corso cui si riferisce. Ma allestire 912 prove vuol dire, di fatto, lavorare su 8-10 mila ipotesi. Un lavoro immane. Improbo. Per fortuna ciascuno degli ispettori ha un’area di competenza specifica, e il lavoro viene così ripartito.

Il primo step è la scelta dei consulenti, non diversi tutti gli anni ma con un turn over molto accelerato, anche perché la consulenza che loro si chiede è a titolo totalmente gratuito. A ottobre comincia la teoria lunghissima delle riunioni settoriali: matematica, italiano, latino e greco, lingue, ma anche tutte le discipline tecniche e specialistiche dei vari indirizzi, per ciascuna delle quali cominciano ad arrivare le proposte. La segretezza è la prima norma, ogni proposta - quindi - non reca il nome di chi l’ha fatta, ma un codice di archiviazione.

La cassaforte in cui questo materiale sterminato comincia ad accumularsi a ridosso di Natale, è una grande stanza blindata. Le riunioni si intensificano tra gennaio e febbraio. Il lavoro dell’assise evolve rapidamente verso la selezione in un certo numero di ipotesi per ogni indirizzo di studi, ma parliamo sempre di almeno tremila compiti. Infine, il Capo decide cosa presentare all’attenzione del ministro cui, da sempre, spetta l’ultima parola. I testi - spiegano i funzionari del ministero - vengono limati fino all’ultimo, prima di giungere sulla suprema scrivania ministeriale, ed è proprio lì che si cela l’insidia: si corregge, si rivede, si modifica, si ricontrolla. Su un’unica traccia ci mettono le mani in molti, teoricamente per migliorarla, ma di fatto l’errore è in agguato.

Dai tempi di Berlinguer si sa che il ministro guarda con particolare attenzione le tracce di italiano, quelle che riguardano l’intera platea dei candidati. A chi si rivolga Montale con versi gentili però, ovviamente, può sfuggire al più navigato lettore, ministro compreso. Ma la Katia di turno sta lì apposta perché non ci siano equivoci. E se ci sono, finisce come finisce.
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