La sfida della valutazione, un percorso ad ostacoli

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La sfida della valutazione, un percorso ad ostacoli

Messaggiodi edscuola » 6 giugno 2008, 6:33

da Il Susssidiario.net

La sfida della valutazione, un percorso ad ostacoli
Giovanni Cominelli

Dalla Conferenza nazionale di Frascati del 1990, voluta dal ministro Sergio Mattarella, uscì la seguente conclusione: che autonomia degli Istituti scolastici e valutazione esterna degli stessi erano due facce della stessa medaglia. Sulla scia di altri paesi, Luigi Berlinguer decise di introdurre l’autonomia degli istituti scolastici – la legge n. 59 del 1997 - e di fondare nel 1999, a partire dal Cede, l’Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione (INVALSI).

Fin dall’inizio dell’avventura, la sinistra, i sindacati e l’apparato ministeriale si opposero alla valutazione esterna, in nome delle argomentazioni più disparate, ma convergenti: che si rischiava di trasformare le scuole in aziende, che le scuole dovevano essere radicalmente autonome e perciò libere di respingere la valutazione esterna, che i test quantitativi erano strutturalmente inadeguati, che la persona non è misurabile. Così l’Invalsi si ridusse a supporto nazionale per l’autovalutazione. Letizia Moratti accettò la sfida della valutazione esterna. L’Invalsi sotto la presidenza di Giacomo Elias incominciò a costruire i Progetti pilota, con il compito di avviare la macchina, modificandone in corsa gli assetti. Nel passaggio dal I al III Progetto pilota l’adesione volontaria delle scuole salì fino 8.000 scuole.

Nel settembre del 2006 usci il primo Rapporto dell’Invalsi, basato sulla valutazione censuaria, cioè di massa. I difetti non mancavano. Difficile costruire test adeguati senza pratica consolidata nel settore e senza standard nazionali. I milioni di questionari erano quasi tutti su carta, perché l’apparato informatico era minimo. La somministrazione ha spinto alcuni docenti a suggerire le risposte. Superare gli inconvenienti non era difficile. Lo hanno già fatto prima altri paesi europei, investendo sull’indipendenza politica degli Istituti di valutazione e sugli apparati tecnico-scientifici.

Nel giro di un decennio gli Istituti di valutazione hanno incominciato a fornire immagini realistiche ai Paesi e contribuito a definire nuove politiche di intervento. Ma il ministro Fioroni, utilizzando come alibi i difetti riscontrati, cedendo alla pressione conservatrice della sua maggioranza, praticando uno spregiudicato spoils system, ha interrotto il tentativo avviato da Letizia Moratti. Perciò ha commissariato l’Ente, ha estromesso le Regioni, ha bloccato la rilevazione censuaria, passando a quella campionaria. La manipolazione del gruppo dirigente dell’Invalsi è approdata, sul finale imprevisto di legislatura, alla nomina di tre membri del Consiglio direttivo. Tempi e modalità di questa operazione sono ora oggetto di contestazione da parte di Sergio Rizzo sul Corriere. Ma la scorrettezza più grave è che la Commissione selezionatrice degli aspiranti al Consiglio direttivo è stata formata da due appartenenti su tre agli apici dell’apparato ministeriale, la cui azione è destinata ad essere indirettamente valutata dall’Invalsi. Insomma: i valutandi hanno selezionato i valutatori.

Resta il fatto positivo che il Ministro Fioroni si sia affidato alla Banca d’Italia per la scelta del Commissario e poi Presidente dell’Invalsi: il dott. Pietro Cipollone. Il nuovo governo farebbe scelta saggia se lo confermasse. Perché la sfida è quella di costruire le condizioni tecnico-scientifiche e organizzative, a partire dalle quali l’Invalsi possa divenire ciò che sono il DEP francese o l’OFSTED inglese: un’authority indipendente e autorevole capace di dire la verità al paese sulla sua situazione in campo educativo e di spingere la società civile e la politica ad affrontare la grave emergenza educativa.
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