I bambini-contadini a lezione nell´orto

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I bambini-contadini a lezione nell´orto

Messaggiodi edscuola » 27 aprile 2008, 10:02

da Repubblica

I bambini-contadini a lezione nell´orto

Sono finiti i tempi del fagiolo nel cotone. Ora in cento scuole elementari si coltiva sul serio. Grazie a maestre che hanno studiato con Slow Food, nonni entusiasti e soprattutto piccoli ma già informatissimi ambientalisti
MAURIZIO CROSETTI

SAN MAURO TORINESE
«Senti, la pimpinella sa di melone». Marika fa la quinta elementare e nella sua scuola c´è un orto. Si china verso la pianta, la accarezza e poi si annusa la mano. Infine, la allunga verso un naso un po´ scettico. Però sì, la pimpinella sa di melone, e anche un po´ di anguria. «Invece la maggiorana sa di chewing-gum». Proprio.
Dopo la rotonda con la fontana c´è un semaforo, poi si svolta a sinistra e lì sta la scuola "Giorgio Catti", una costruzione bassa che custodisce un segreto pieno di piante, erbe, frutti, fiori. C´è la serra. C´è il campo delle coccinelle. C´è l´orto dei semplici. E ci sono quelli di prima elementare che armeggiano con gli annaffiatoi accanto ad alberelli più alti di loro. I più grandi, uomini e donne di anni dieci, aiutano e spiegano. «Maestra, che insetto è? È po´ verde». La maestra Maria Grazia Vincoletto, che di campagna non sapeva niente ma ha studiato con Slow Food all´Università di Pollenzo e adesso è "formatrice", insomma una maestra col bollino blu, risponde: «Direi un coccinellide. A occhio, un Cryptolaemus Montrouzieri». Ecco, appunto.
La scuola che non t´aspetti invece c´è. E non sta a lontananze geografiche siderali, e neppure nei migliori mondi possibili, la Svezia, la Svizzera. Non rincorre le tre "i", accontentandosi di qualche "p", passione, pazienza, e di qualche "a", ascolto, amore. Il progetto si chiama "Orto in condotta". L´idea è di Slow Food, perché insegnare a coltivare significa anche imparare a mangiare, fare la spesa, conoscere la propria bocca e la propria pancia, oltre al profumo di un giacinto.
Gli orti scolastici sono un´invenzione americana. La prima a pensarci fu Alice Waters, a metà degli anni Novanta, in California: studiò per i bambini un nuovo metodo di educazione alimentare, basato sull´attività pratica nell´orto e sullo studio e la trasformazione dei prodotti in cucina. Ogni scuola, un pezzo di terra. Lezioni di piante, fiori, frutti e cibo. Le mani nelle zolle, per imparare senza quasi accorgersene. Nacque il progetto The Edible Schoolyards, in Italia dal 2003: dire che ha messo radici è persino troppo facile. Oggi gli orti scolastici sono più di cento e coinvolgono quattromila bambini, oltre ai loro insegnanti, ai genitori e ai nonni (un motore fortissimo della faccenda, vedrete perché). Il Piemonte è la regione italiana con il maggior numero di "scuole verdi": trentatré. E la città di San Mauro Torinese è stata tra le prime a crederci. Risultato: quattro scuole elementari e una dell´infanzia, sette orti, seicento bambini e ventuno volontari: tre papà, due mamme e il resto nonni come Alberto, Martino, Felice, Rocco e Luigi, eccoli qui insieme ai nipoti e alle maestre. «Facciamo i lavori più pesanti, zappiamo, prepariamo la baracca degli attrezzi, aiutiamo a piantare». Martino ha lavorato nei campi fino a diciotto anni, in provincia di Treviso. Poi l´emigrazione e la fabbrica, con l´orto sempre nel cuore. «Un pezzetto di terra l´abbiamo tutti, a casa o da qualche parte in paese», racconta Felice. «È bello fare le cose con i bambini: di noi si fidano. E noi abbiamo la memoria dei nostri padri e dei nostri nonni».
I bambini vanno nell´orto nell´intervallo. «Ma solo chi vuole, non è obbligatorio, chi preferisce va a giocare», dice la maestra Maria Grazia, che i nonni hanno appena definito "un trattore". «Però, quando c´è da seminare, bisogna muoversi, darsi da fare tutti. Tra poco è ora di insalate, ravanelli e carote». Sara, anche lei di quinta, vuole proprio raccontare la storia della salvia. «Un giorno ci siamo accorti che le piante erano piene di parassiti, però l´intervallo era già finito e non c´era tempo per fare niente. Dopo qualche giorno abbiamo visto che le coccinelle si erano mangiate tutti i parassiti». È il principio della coltivazione biologica: niente chimica, le piante proteggono le altre piante. «Nel campo delle fragole, il frutto tipico di San Mauro, abbiamo messo anche l´aglio e la cipolla che rilasciano sostanze antibiotiche naturali e proteggono i frutti. Si chiama consociazione». Sara ha detto proprio così: rilasciano sostanze antibiotiche naturali. E poi, consociazione.
«All´inizio, l´idea era quella vecchia del fagiolo nel barattolo con il cotone: vedere come cresce. Poi si è spalancato un mondo», dice la maestra che intanto convoca "gli ecologisti". «Cioè la squadra dei bambini che puliscono e raccolgono le schifezze». Per seminare si segue il calendario lunare biodinamico, appoggiato sulla cattedra insieme agli altri libri e quaderni. Dietro la porta si allarga una nuvola di profumi un po´ stordenti, lì dietro ci sono le erbe aromatiche. Su un cartello c´è scritto a pennarello "Hortus Conclusus". Perché, incalza Riccardo, nel Medioevo si chiamava proprio così. Accanto a ogni pianta c´è una targhetta con le notizie scaricate da Internet. E i nomi sembrano una filastrocca antica: liquirizia, cedrina, santoreggia, calendula, tanaceto, tagete («che puzza molto e tiene lontani i nemici!»), erba di San Pietro («ottima per le frittate»), ruta, rabarbaro, pimpinella («si trita ed è buonissima come salsa sui formaggi molli, poi aiuta nella mancanza di appetito»), dragoncello, lavanda. I bambini più grandi stanno giocando con quelli di prima, sembra mosca cieca ma non è: li bendano, e gli mettono sotto il naso le erbe da indovinare dal profumo. «Il gioco degli odori piace molto», conferma la maestra Enrica Valabrega. «A parte basilico, origano e rosmarino, è difficile che un ragazzino del 2008 ne riconosca altre con l´olfatto. A volte, andiamo a trovare gli anziani della casa di riposo di Sambuy, qui vicino. È stato commovente vedere una donna cieca che annusava le erbe, aiutata dai bambini».
Insieme ai nonni, hanno costruito anche la compostiera. Lo racconta Valentina, quinta B: «È fatta a strati. Sopra si mettono i rifiuti organici, noi li portiamo anche da casa, abbiamo spiegato ai nostri genitori che è importante. Lo strato in fondo è quello della terra concimata che si chiama "compost" e si ottiene più o meno in otto mesi. Noi non usiamo né concimi chimici né pesticidi, mai». Riccardo "arieggia" il terreno sforacchiandolo con la punta di un forcone della sua taglia: «Così respira e diventa più fertile. Poi ci mettiamo della paglia sopra, in modo che non si indurisca».
Tra una visita al vecchio mulino e un laboratorio di cucina, dove si fanno il pane e la pasta insieme alle nonne, si è realizzato pure il miracolo estremo: bambini che mangiano la verdura! Giorgia rivela di avere detto alla sua mamma che i broccoli della mensa sono più buoni di quelli di casa. «Abbiamo imparato a mangiare la frutta e la verdura di stagione, che è più gustosa e costa meno, e soprattutto è locale. Se viaggia poco, inquina poco perché non la devono trasportare i camion». A proposito: è anche successo che i ragazzini della scuola "Catti" si siano accorti che in mensa veniva servita acqua minerale umbra. «Con tutta l´acqua che abbiamo in Piemonte! E allora hanno chiesto di cambiare fornitori. Sono tremendi, leggono tutte le etichette», dice la maestra-trattore. «Insieme all´insegnante di matematica abbiamo fatto un lavoro sulle distanze che percorrono i cibi e sui costi che variano secondo i periodi dell´anno. Così i bambini imparano un po´ di statistica, di geografia e magari suggeriscono alle famiglie come si dovrebbe fare la spesa».
Zappano, strappano le erbacce, annaffiano («solo la terra e mai la pianta»), spingono la carriola, ascoltano i nonni, aiutano i più piccoli. Ma cos´è, il paradiso dell´educazione? La vera riforma della scuola, magari? «Noi vogliamo solo conoscere. I bambini prendono le erbe, le fanno seccare, le plastificano tra due fogli trasparenti e poi scrivono la loro ricerca». Tutto semplice, sporcandosi le scarpe e le mani. E quelle stesse erbe le macinano, le mettono nei sacchetti e poi le vendono al mercatino: con il ricavato si comprano le cose utili all´orto, per esempio il sangue di bue secco che è un ottimo concime, oppure il "litotamnio", una polvere di alghe coralline: «Soffoca i pidocchietti», spiega Marika. «Invece l´euforbia è repellente, tiene lontani i topi e le talpe». Secondo miracolo, dopo quello della verdura nel piatto: topi e vermi non fanno schifo ai bambini. Anzi, Riccardo ha piazzato sotto il naso della maestra un bastoncino dove un bel millepiedi arancione fa il contorsionista. «Prendere in mano le bestioline e osservarle, questo è davvero educativo. Abbiamo anche girato un piccolo film sui lombrichi».
E poi naturalmente si mangia. L´anno scorso, con sette enormi zucche hanno preparato il risotto per tutta la scuola. Nell´orto ci sono quattro varietà di peperoncini, vicino a fiori all´apparenza gentili («però attenzione, il mughetto è velenoso!») e alle piante da frutto messe lì dai nonni: un melograno, un fico, tre varietà di meli antichi della Valgrana e quattro ciliegi donati dal sindaco di Pecetto. Uno scambio culturale niente male: a Pecetto, il paese delle ciliegie, San Mauro ha risposto con le sue favolose fragole. Le stesse che cresceranno nel campo della scuola: ora sono un tappeto di fiori bianchi, ma tra poco diventeranno rosse e succose. Sul loro destino vigila, sotto il sole tiepido di aprile, uno spaventapasseri vestito da sposa.
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