da ScuolaOggi
La prova nazionale per gli esami della scuola media: innovazione o adempimento?
Un "tavolo di lavoro" organizzato dall’Andis Milano per un confronto sui problemi sollevati dalla C.M. 32 del 14 marzo in merito a scrutini ed esami a conclusione del primo ciclo di istruzione. Al centro della discussione è stata posta innanzitutto l’introduzione della prova nazionale al termine della scuola secondaria di primo grado.
I numerosi dirigenti presenti hanno sottolineato come pubblicare un documento così importante a metà marzo, rischi di portare le scuole a trovare strade per semplificare le scelte e appiatttirle sul versante operativo. Ciò potrebbe portare a tralasciare l’approfondimento di una questione così importante come la valutazione degli esiti al termine del primo ciclo di istruzione a livello nazionale. La novità era stata annunciata all’inizio dell’anno scolastico, ma all’annuncio non è seguito un percorso di informazione e di approfondimento su quanto si stava elaborando. L’emanazione delle Indicazioni per il Curricolo forniva peraltro un quadro culturale che poteva e può dare un forte significato di sistema alla prova nazionale, e, pur mantenendo il valore sperimentale di tutto il percorso, avviare un processo che eviti derive da adempimento. Infatti l’autonomia scolastica richiamata dalla circolare, rischia di assumere un significato solo in relazione alla libertà di utilizzare o meno le prove per la valutazione degli alunni (creando tra l’altro una disuguaglianza tra gli alunni stessi), e non come spazio autonomo di ricerca da parte delle scuole all’interno di riferimenti che abbiano al centro la garanzia del diritto all’apprendimento e alla cittadinanza di tutti. In questo senso la determinazione di standard minimi, nell’ambito della definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) d,a parte dello Stato è strumento per la democrazia e l’equità.
Altra preoccupazione è il contenuto delle prove: una prova nazionale dovrà prescindere dai contenuti ed essere basata su conoscenze e abilità, meglio sarebbe su competenze. Ma sappiamo che spesso la prassi didattica è ancora legata al nozionismo. Quindi è indispensabile che la prova non porti i docenti a disconoscerne la validità, perché non misura il “programma” che ognuno di loro ha svolto nella propria classe. Anche in questo caso è necessario attivare un circuito virtuoso per evitare storie già conosciute, quando principi e innovazioni, che avrebbero potuto dare importanti segnali di svolta, sono stati annullati per le modalità maldestre con cui sono stati introdotti. Sulla valutazione in particolare vi sono diversi esempi: la scheda di valutazione che definiva indicatori e livelli di competenza negli anni novanta e più recentemente il Portfolio. In questo alveo rientra anche l’introduzione, con gli stessi tempi e con le attuali modalità, del documento di certificazione delle competenze dello scorso anno scolastico.
In merito a questo punto, la Circolare conferma la certificazione, rinviando i chiarimenti su applicazione e modelli a future comunicazioni. L’Andis aveva già espresso lo scorso anno le sue critiche al modello e proposto modifiche e integrazioni per ridurne l’effetto negativo. Al momento non si conosce quale soluzione sia stata trovata; mentre è chiaro che la certificazione non potrà in questa fase avere alcun riferimento ai risultati ottenuti dallo studente nella prova nazionale.
Sempre nel merito dell’utilizzo dei risultati delle prove, appare incongruo proporre una medesima prova per la valutazione individuale dell’alunno e per la valutazione dei risultati a livello nazionale. Infatti una cosa è la valutazione degli esiti del sistema nazionale, che dovrebbero essere riferiti a standard nazionali riferiti alle competenze di cittadinanza, altra cosa è la valutazione del singolo alunno. È comprensibile che in una prima fase si sia optato per unificare le prove, visto anche il carattere sperimentale, ma bene sarebbe in futuro separare i due momenti e cercare di introdurre il concetto di valore aggiunto per poter considerare il punto di partenza della scuola e degli alunni.
Il peso da dare alla prova nella valutazione del singolo alunno dovrebbe essere considerato con la massima cautela. Poiché ogni singola commissione, in seduta plenaria, stabilisce come considerare i risultati della prova, si propone di cogliere l’opportunità di questa proposta per riflettere nelle scuole sui livelli che i propri alunni hanno raggiunto, una sorta di valutazione formativa per le scuole, mentre la ricaduta sul giudizio finale del singolo alunno dovrebbe essere ridotta al minimo. Resta la necessità di illustrare la serietà della proposta agli alunni e alle loro famiglie, nella direzione di un percorso di valorizzazione della scuola pubblica.
In conclusione una riflessione è doverosa: gli alunni della scuola media sono sottoposti a sei prove d’esame, alla maturità ne fanno quattro. Ma la domanda è: poiché che alle superiori è il tema la prova unica su tutto il territorio nazionale, con oggettive difficoltà nello stabilire i criteri per la valutazione, è plausibile pensare che gli stimoli che arrivano anche dalle esperienze internazionali, Ocse-Pisa innanzitutto, diventino un riferimento per un sistema nazionale di valutazione che faticosamente si sta costruendo?
Loredana Leoni
Presidente Andis Lombardia