da Il Messaggero
Gli intellettuali: il sei politico la rovina della nostra scuola
Appello al prossimo governo: Recuperare qualità e rigore
di ANNA MARIA SERSALE ROMA
La storia è diventata lo studio degli indicatori temporali, la geografia di quelli spaziali. Accade alle elementari. La narrazione dei fatti e la descrizione dei luoghi (mappamondi compresi) sono scomparsi, mentre l'aritmetica, con nomi falsamente pomposi, si è trasformata nella storia dei palloncini e dei fiorellini. Un drammatico fallimento negli Usa che hanno fatto dietrofront, ma che ora noi stiamo coltivando con passione. «E' raccapricciante che non si parli mai di contenuti, di programmi, di materie. Secondo il ministero bastano le indicazioni nazionali. I programmi? Spariti, con l'accusa di essere troppo costrittivi e impositivi. C'e chi sostiene che tutto si "crea" in classe. Cosi, in questa ottica, anche l'insegnante sembra di troppo: non deve "trasmettere", ma "facilitare" per far "trovare le cose" perché si teorizza l'auto-apprendimento. Disastrosi anche i criteri "standard" di apprendimento, ritagliati verso il basso, mai verso l'alto. Tutto ciò è un delirio, figlio di ideologie pseudopedagogiche, che hanno portato all'attuale deriva. Un esempio? La meta degli studenti italiani non capisce il testo che si trova di fronte. Ci sono carenze di base che prima del decreto Fioroni nessuno faceva recuperare». Nell'aula magna del Visconti si sono dati appuntamento gli intellettuali che hanno inviato un appello ai partiti per restituire alla scuola «qualità e rigore». Hanno messo a nudo i mali della scuola. Ma soprattutto denunciato l'ipocrisia della cultura egualitarista» che «chiede poco», «perdona tutto» e trattando allo gesso modo «chi merita e chi non merita» produce ingiustizia e ignoranza.
Il Sessantotto aveva fatto credere che «meritare» poteva essere un a «colpa» e un «sopruso degli uni sugli altri». L'accusa era di «meritocrazia».
Nomi prestigiosi della cultura ora puntano it dito «contro il permissivismo» e chiedono che la «scuola si ispiri a criteri di merito e di responsabilità» per raggiungere livelli alti, «tornando al voto e allo studio dei contenuti». Abbandonando le «mode» e affermando con coraggio che «l'era del sei politico deve finire» altrimenti i danni saranno irreparabili. Giulio Ferroni, docente di letteratura italiana alla Sapienza, dice che c'e anche il problema degli insegnanti «avviliti»: «Non hanno nemmeno più il potere di decidere l'interrogazione, che va concordata». I destinatari dell'appello, i partiti, non si sono fatti vedere. Qualunque governo vada al potere gli studiosi chiedono ripristino di elementari principi di «etica pubblica e privata» perché la scuola ritrovi «prestigio e serietà». «Ma se parliamo di merito allora questo discorso deve riguardare anche i docenti, non possiamo continuare a sceglierli in base alla loro precarietà storica», ha detto Mario Rusconi, leader dei presidi romani, che ha chiesto di intervenire.
I programmi sono sempre più striminziti e semplificati fino alla banalità, la socializzazione primeggia sulla cultura, sforniamo studenti somari e stupidamente gratificati. Con il sei rosso 9 milioni di impreparati hanno intascato il diploma portandosi dietro insufficienze dalle elementari all' università. Questa è la scuola di massa, dice qualcuno. «Ma bisogna cambiare rotta», esortano gli intellettuali che hanno aderito al Gruppo di Firenze. Sotto accusa anche le idee «sull'aziendalismo». Dice Giorgio Israel, professore di Storia della matematica alla Sapienza: «La scuola non fornisce prodotti, non vende scatole di pelati, e non si può introdurre l'idea che gli studenti siano clienti da accontentare». A Seul i ragazzi quando tornano a casa stanno cinque-sei ore, qui diciamo che sono stressati e li lasciamo ore davanti alla tv e ai videogiochi. Risultato: sorpasso dei Paesi emergenti solo questione di tempo.