da LASTAMPA.it
Capanna, la Cattolica si scusi per avermi espulso nel '68
L’ex leader studentesco scrive al rettore dell’Università
ROMA
L’ex leader studentesco del ’68 Mario Capanna chiede le scuse dell’Università Cattolica di Milano per l’espulsione sua e di altri studenti dall’ateneo appunto nel 1968, lo fa con una lettera al rettore Lorenzo Ornaghi che domani sarà pubblicata integralmente da «l’Unità». Capanna chiede «che le attuali autorità dell’Università Cattolica porgano le scuse, formali e pubbliche, per quel provvedimento, ingiusto sotto ogni profilo».
«Caro Rettore, da quarant’anni mi brucia come una ferita aperta il fatto di non essermi potuto laureare all’Università Cattolica», scrive Capanna, oggi presidente della Fondazione diritti genetici, e ricorda: «Avevo già concordato con uno dei miei migliori maestri, il professore Emanuele Severino, l’argomento della tesi di laurea».
Ma poi, prosegue Capanna, «venni espulso, a seguito delle lotte studentesche, insieme a Luciano Pero e Michelangelo Spada, eguale sorte toccò poi, due anni dopo, allo stesso Severino, in base all’articolo 47 dello statuto che prevedeva, prevede ancora?, il trasferimento d’ufficio all’Università statale più vicina per lo studente che “persista in un comportamento contrario ai principi ai quali si informa l’Università Cattolica”».
«Non sfuggiva allora e, a maggior ragione, non può sfuggire oggi, che il provvedimento si basava su presupposti estremamente gravi: l’essere cristiani implica di per sé il rispetto dello status quo, anche se ingiusto; è illecito e illegale dare vita a un conflitto politico all’interno di una istituzione temporale; dei laici si arrogano la competenza di giudicare insindacabilmente l’ortodossia cattolica di altri laici», accusa Capanna.
«Già allora, 22 gennaio 1968, un folto gruppo di docenti della Cattolica scrisse -sottolinea poi Capanna- che l’espulsione si configurava “come strumento intimidatorio a difesa di quel principio di autorità, inteso in modo arcaico che si vuole preservare con metodi del più duro paternalismo, scoraggiando l’iniziativa degli studenti che fino ad oggi si è mostrata idonea a produrre germi di reale rinnovamento, non solo nello statuto, ma nella mentalità e nelle coscienze”».
«Si è trattato, innegabilmente, di un atto autoritario, di rappresaglia politica, stavo per dire, in ogni caso il fatto certo è che alle nostre idee non furono opposte altre idee, ma la forza e la repressione», lamenta oggi Capanna che chiedendo le scuse dell’Università per il provvedimento, «che, nelle settimane successive, colpì molti altri studenti e persino docenti», conclude: «Sono passati quarant’anni, molto meno, è vero, dei trecento circa occorsi alla Chiesa per riconoscere che Galileo Galilei aveva ragione. Forse sarebbe bello non indugiare così a lungo. Un atto di giustizia è sempre il contrario di un atto di umiliazione. Confido nella dignità di chi è capace di compierlo».