Roma, 18 ottobre 2012
Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Viale Trastevere, 76/a ‐ Roma
Al Presidente
VII Commissione Senato Piazza Madama – Roma
Al Presidente
VII Commissione Camera Piazza Montecitorio ‐ Roma
Agli On. Senatori Piazza Madama ‐ Roma
Agli On. Deputati
Piazza Montecitorio ‐ Roma
incremento di 15 giorni del periodo di ferie ‐ con decorrenza 1 settembre 2013 ‐ senza alcuna corresponsione di aumenti retributivi.
Questa Associazione non è pregiudizievolmente contraria ad un aumento dell’orario di esercizio della funzione docente, poiché ritiene – e non da adesso – che la piena attuazione dell’autonomia richieda l’introduzione dell’organico funzionale ed un aumento dell’impegno degli insegnanti, al fine di realizzare efficacemente ‐ nel quadro disegnato dal Regolamento sull’autonomia (D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275) ‐ una serie di interventi finalizzati al successo formativo: la flessibilità organizzativa e didattica, l’integrazione tra la quota nazionale del curricolo e la quota riservata alle scuole, la personalizzazione dei curricoli, l’innovazione metodologica e disciplinare, le iniziative di recupero e di sostegno, la valutazione degli apprendimenti e di istituto, la certificazione delle competenze, la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale, la promozione degli accordi di rete tra scuole e dei rapporti con i territori nell’ottica del sistema formativo integrato.
E’ peraltro innegabile il fatto che la piena attuazione dell’autonomia richieda un profilo di docente come professionista della formazione, dotato di competenze didattiche e disciplinari, ma anche relazionali ed organizzative. Il docente professionista della formazione ha un approccio centrato sulla didattica, sull’alunno e sulla costruzione dei saperi, ma deve padroneggiare anche aspetti tecnici quali la pianificazione, la progettazione, la differenziazione dell’insegnamento, la valutazione ed è poi attento alle diverse responsabilità del ruolo, incluse quelle verso la collettività, i colleghi, le famiglie: questo dovrebbe essere il profilo professionale del docente, corresponsabile di servizi di qualità e di un’azione di scuola che opera in autonomia.
Proprio alla luce di queste considerazioni, l’Anp esprime un netto dissenso sulla strada seguita dal Governo per introdurre l’orario settimanale d’obbligo d’insegnamento di 24 ore dei docenti di scuola secondaria, a costo zero e a fronte di un aumento delle ferie. Aumento peraltro solo simbolico, dato che risulterebbe fruibile unicamente in periodi nei quali già adesso i docenti sono di fatto liberi da impegni.
Le ragioni del nostro dissenso sono essenzialmente tre:
1) si viene a creare una grave rottura del rapporto sinallagmatico tra prestazione lavorativa e retribuzione dei docenti (sostanzialmente a circa un terzo di orario obbligatorio aggiuntivo non corrisponde alcun compenso economico);
2) la modalità della decisione e la misura inusualmente elevata dell’aggravio di lavoro imposto suonano come uno “schiaffo morale” alla categoria dei docenti, il cui lavoro viene implicitamente considerato di così poco momento da poterne variare l’entità in qualunque misura e in qualunque occasione, senza alcuna condivisione con gli interessati e senza corrispettivi sostanziali. C’è da chiedersi come mai solo a loro si imponga unilateralmente un consistente incremento della loro attività di insegnamento. E la risposta è semplice: si perpetua lo stereotipo dell’insegnante come un lavoratore a tempo parziale, dimentichi del fatto che i docenti non lavorano diciotto ore alla settimana, ma fanno lezione per diciotto ore con tutto quello che ne consegue. Di tutto ha bisogno la nostra scuola fuorché di un ulteriore messaggio che ne riproduca i pregiudizi e ne svilisca la rilevanza agli occhi della pubblica opinione;
3) si determina una ri‐pubblicizzazione coatta del rapporto di lavoro della categoria dei docenti nella scuola – contrariamente a quanto avviene nelle altre pubbliche amministrazioni – considerato, invece, che dall’entrata in vigore della legge n. 421/1992 anche per gli insegnanti vale la definizione per via contrattuale degli aumenti retributivi corrispondenti agli impegni lavorativi. E in aggiunta, stante l’attuale moratoria contrattuale, la funzione docente è di fatto mortificata per l’assenza di ogni possibile diversificazione e sviluppo. Spetterebbe al legislatore riconoscere e valorizzare una funzione necessaria per dar vita ad ambienti di apprendimento efficaci e rispondenti ai bisogni delle giovani generazioni. Occorre, pertanto, ripensare l’attuale condizione degli insegnanti, tenendo conto della profonda trasformazione che nei fatti essa ha già subito, sia per effetto dell’autonomia scolastica che per gli interventi della Funzione pubblica sulla dirigenza e sulle regole di funzionamento delle amministrazioni pubbliche.
Inoltre, se si pone attenzione, come la presente Associazione si è sempre proposta di fare, ai problemi della qualità del servizio e conseguentemente della prestazione professionale dei docenti, un aumento delle ore settimanali d’obbligo di insegnamento tout court ‐ così come previsto nel disegno di legge del Governo ‐ non sembra andare nella direzione auspicata del miglioramento di qualità dell’istruzione e della formazione. Da troppo tempo, la gestione delle risorse umane nella scuola non ha più nulla a che vedere con le necessità di un apprendimento di qualità e la natura di un servizio di formazione funzionale allo sviluppo del Paese. Il trattamento economico dei docenti è modesto in assoluto ed ha tutte le connotazioni di un salario impiegatizio. Nella pratica, già oggi, un disincentivo a fare di più e meglio.
L’esercizio dell’autonomia responsabile e l’attuazione delle riforme ordinamentali necessitano, invece, di una ri‐motivazione culturale e professionale della categoria dei docenti, affinché diventino – in collaborazione con i dirigenti scolastici – protagonisti attivi e corresponsabili della qualità dell’offerta formativa e dei servizi erogati dalle scuole. Non è più rinviabile l’esigenza di una rifondazione del profilo e di una riqualificazione delle prestazioni professionali, che non derivano automaticamente da un aumento delle ore settimanali di lezione, ma che si inseriscono in una visione strategica dell’istruzione e della formazione come “motore” dell’innovazione e della crescita culturale, sociale ed economica del Paese.
In aggiunta, la modalità che è stata seguita dal Governo non può che provocare un’ondata di protesta da parte della categoria interessata, che comporterà un’ennesima turbolenza nel mondo della scuola, già provato dalla severa moratoria contrattuale e da un’endemica scarsità di risorse.
In conclusione, questa Associazione sollecita da parte del Parlamento un ripensamento complessivo delle disposizioni adottate nello specifico dal Governo per la scuola, al fine di ricondurre le esigenze del sistema di istruzione ad un quadro di compatibilità con le risorse necessarie ad un’effettiva riqualificazione del servizio scolastico.
Giorgio Rembado