da ItaliaOggi
Più autonomia e niente sprechi. Chi parla di privatizzazione prima legga bene la proposta
Alessandra Ricciardi
In una stagione politica contrassegnata dagli scandali per gli sprechi delle autonomie locali, regioni in testa, scandali che hanno indotto Pd e Pdl a riflettere sulla necessità di ridisegnare il titolo V della Costituzione in senso più centralista, la camera dei deputati sta per licenziare la riforma dell'autogoverno della scuola, il completamento di quell'autonomia scolastica avviata da Franco Bassanini con la legge n. 59/1997.
Il provvedimento, dopo tre anni e mezzo di discussioni, stop e modifiche, domani dovrebbe avere il primo via libera della commissione competente in sede legislativa. «Nessun rischio di privatizzare la scuola», dice Manuela Ghizzoni, pd, presidente della commissione cultura.
Domanda. Alcuni sindacati criticano la riforma perché non è stata oggetto di confronto. E venerdì i ragazzi protesteranno in piazza.
Risposta. Chi critica la proposta dovrebbe prima leggerla bene. Il testo è profondamente diverso rispetto a quello iniziale del 2008 e abbiamo tenuto conto in sede emendativa proprio delle richieste del mondo sindacale e delle associazioni. Anche quelle giunte informalmente, in un dialogo proseguito dopo le audizioni.
D. Le scuole si trovano a gestire annualmente circa 2 miliardi, dal funzionamento alle supplenze, a cui si aggiugono 3,5 miliardi nell'arco di un quinquennio di fondi Ue. Non c'è il rischio di sprechi con la maggiore autonomia?
R. No, perché, al di là dei controlli ministeriali e di legittimità, tutti gli istituti saranno tenuti alla rendicontazione pubblica, un bilancio di quanto fatto e degli effetti avuti rispetto agli obiettivi, che ad oggi è solo a livello sperimentale. La riforma incentiva la responsabilità della scuola verso tutta la comunità.
D. Insomma, non ci saranno più corsi per il cucito finanziati con i fondi europei?
R. Già il ministro della Coesione Barca ha indicato la strada di un utilizzo delle risorse su grandi obiettivi strategici, lotta alla dispersione per esempio. Su questa strada bisogna proseguire.
D. Il consiglio dell'autonomia prende il posto dell'attuale consiglio di istituto con quali funzioni?
R. Avrà compiti di indirizzo, presieduto da un genitore, al suo intero avrà il dirigente, un Ata, genitori, docenti e studenti. Si delinea così un modello di scuola partecipata. Se c'è il consenso dei due terzi, potranno entrare fino a due rappresentanti del mondo sociale, del volontariato, delle professioni, delle realà produttive e culturali. Non avranno però diritto di voto. Non c'è nessun rischio di aziendalizzazione o peggio di far virare il piano di studi in base agli interessi di un'impresa.
D. Ma in tempo di crisi, il peso delle imprese, anche per le indicazioni sul fronte dell'offerta formativa, non andrebbe invece rafforzato?
R. No. Sia chiaro: l'offerta formativa è, e resta, elaborata dal consiglio dei docenti e adottata, poi, dal consiglio dell'autonomia.
D. Il consiglio potrà anche decidere modalità diverse di reclutamento?
R. Assolutamente no, restano tutti i paletti e le regole dell'ordinamento nazionale vigente.
D. A cosa serve allora che ogni istituto abbia un suo statuto?
R. Le scuole avranno autonomia nel darsi le regole per i propri organi e per le modalità di partecipazione della comunità scolastica. Facendo tesoro delle proprie prassi, per esempio potenziando le forme di partecipazione degli studenti. La missione costituzionale non è messa in discussione da questa legge.
D. Si potranno dare maggiori poteri ai dirigenti?
R. Restano disciplinati dalle attuali leggi.
D. Che chance ci sono che il parlamento approvi la riforma entro la legislatura?
R. Credo che il senato, giustamente, debba aprire la fase delle audizioni, con tutti i soggetti coinvolti, sul nuovo testo consegnato dalla camera.
D. Parliamo di scenari: se il prossimo governo dovesse essere di centrosinistra quali sono le priorità del Pd?
R. Garantire continuità al lavoro dei docenti rendendo operativo l'organico funzionale. E comunque avviare un piano di assunzioni a tempo indeterminato per potenziare il numero dei docenti, così da dare risposte alle richieste di maggior tempo scuola. Mettere in campo un piano straordinario di aggiornamento degli insegnanti e porre al centro della politica il tema dell'inclusione e della disabilità, affinché il diritto allo studio sia un diritto di tutti i ragazzi.