da Repubblica.it
Il professore con il tablet rivoluzione in cattedra
Tecnologia e didattica iniziano a convivere. Da Bergamo un interessante test. Ma i promotori avvertono: "i docenti devono essere preparati, e non riempite le classi di tecnologia superflua"
di JAIME D'ALESSANDRO
"Non riempite le classi di tecnologia. È la cosa peggiore che si possa fare". Parola di Dianora Bardi, professoressa di lettere al Liceo Scientifico Lussana di Bergamo. Ma anche vicepresidente di ImparaDigitale, centro studi appena presentato ufficialmente a Milano. Un network che raccoglie già trenta istituti sparsi in tutta Italia e che sta mettendo in pratica una didattica diversa usando come mezzo la tecnologia, adoperata però con molta attenzione. Poco importa poi che sia uno smartphone, un tablet o videoproiettore tascabile per lezioni in movimento. L'industria hi-tech propone dispositivi sempre più raffinati, fra gli ultimi il mouse della Lg dotato di scanner che ora viene impiegato anche per insegnare a leggere ai bambini affetti da dislessia, ma è un mondo pieno di opportunità che bisogna saper maneggiare.
"Non basta mettere un iPad in classe se i docenti non sono preparati. È un mezzo, non una bandiera da mostrare per far vedere di esser al passo con i tempi". La Bardi e i suoi colleghi ne sanno qualcosa. Hanno iniziato due anni fa, i primi nel nostro Paese, introducendo i tablet al Lussana e impostando contemporaneamente una didattica diversa. Via le "lezioni frontali", quelle con il professore che spiega e gli alunni che ascoltano, a favore di una sorta di laboratorio. I libri vengono tenuti in un armadio e sono solo la base di partenza. Poi si passa al Web selezionando altre fonti, inclusi i video, perché gli studenti vengono spinti a produrre libri digitali, a elaborare
le fonti sotto la guida dei professori, creando di fatto una biblioteca multimediale a disposizione di tutti. "È una scuola senza pareti", aggiunge lei. "Ormai siamo in contatto con la classe sempre via Skype e condividiamo i lavori sul cloud con Dropbox". Ma per molti suoi colleghi tutto ciò è spaventoso: devono rimettersi in discussione, scendere nel territorio della collaborazione e della tecnologia dove i ragazzi si muovono di gran lunga meglio.
"Il problema non è mai il device, ma il metodo", conferma Roberto Vitali della cooperativa Anastasis, che dal 1985 lavora sui disturbi dell'apprendimento. Del resto grazie a loro quel mouse della Lg con lo scanner per digitalizzare biglietti da visita, si è trasformato in una aiuto formidabile per i dislessici che hanno bisogno di ascoltare le parole che stanno leggendo. Tutto grazie all'aggiunta di un software di lettura vocale. Questione di metodo, appunto, ma anche di idee innovative.