da ScuolaOggi
Privato con risorse pubbliche
di Roberto Biorcio
Dalla Lombardia sono partite alcune delle iniziative più importanti che hanno trasformato la politica italiana. Dalla Lombardia prenderà avvio anche il processo destinato a trasformare tutto il sistema di istruzione italiano? Questo vorrebbe essere l’effetto dell’iniziativa riformatrice della scuola federalista di Formigoni.
Nell’ultimo pochissima attenzione è stata dedicata ai problemi della riforma della scuola. Il centrosinistra al governo è apparso più impegnato a contenere/diluire gli effetti delle leggi del governo precedente (è stata congelata, per ora, la riforma Moratti) che a proporre un proprio progetto sulla scuola. Con l’iniziativa per la scuola regionalista Formigoni propone uno schema accattivante: il centrodestra riformatore e modernizzatore, il centrosinistra sulla difensiva. Dopo pochi mesi dalla presentazione, il disegno di legge “Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia” è stato approvato il 27 luglio 2007, col centrosinistra diviso al momento del voto: solo Prc, Italia dei Valori e due “dissidenti Ds” hanno votato contro, gli altri consiglieri del’Ulivo si sono astenuti. E’ restata l‘opposizione della Cgil che in una lettera aperta indirizzata agli studenti, alle famiglie e ai lavoratori della scuola definisce la legge regionale sull’istruzione e formazione “inefficace, discriminante e anticostituzionale”.
L’iniziativa politica di Formigoni ha seguito il classico schema della protesta regionalista del Nord contro il centralismo romano. La proposta è stata presentata come espressione di “una precisa richiesta di tutto il sistema lombardo” che non può continuare a subire l’arretratezza della scuola italiana e richiede “una scuola di maggior qualità” per rispondere alle domande concrete di formazione e al tempo stesso i ridurre i costi per alunno. L’iniziativa stata ampiamente ripresa dalla stampa, in particolare dal Corriere (“Strappo di Formigoni: nasce la scuola federalista) e dal Giornale (“La Lombardia si fa la “sua” scuola”).
Utilizzando (e forzando) le disposizioni contenute nel nuovo articolo 117 della Costituzione, Formigoni rivendica il potere di decidere la destinazione delle risorse finanziarie e il governo complessivo del sistema d’istruzione e formazione professionale. L’iniziativa è stata sostenuta da una la strategia di costruzione del consenso che ha utilizzato la mobilitazione sul territorio della Compagnia delle Opere e una campagna pubblicitaria che ha tappezzato la regione di manifesti.
La legge approvata dal Consiglio regionale lombarda prevede l'ampliamento delle attuali scuole di formazione professionale in corsi quadriennali o anche quinquennali che consentano il passaggio in università (dopo l’esame di stato) o a successivi percorsi formativi. I corsi professionali si trasformeranno “in percorsi formativi con pari dignità all'istruzione secondaria superiore”. Non ci saranno più differenze tra scuole pubbliche oprivate, ma gli istituti saranno equiparati attraverso un sistema di accreditamento controllato dalla Regione. In prospettiva verranno abbandonate le graduatorie pubbliche per accesso all’insegnamento: i capi d'istituto potranno reclutare direttamente il personale docente e non docente della scuola.
Nell’attuazione della nuova legge, l’Ente Regione assumerà una funzione dirigistica sovradimensionata, mentre il ruolo delle province e dei comuni sarà ridotto a un ruolo secondario e ancillare.
La legge lombarda ripropone il modello duale e la canalizzazione precoce che caratterizzava la riforma Moratti. La finanziaria del 2007, invece, ha innalzato l'obbligo a 16 anni, ammettendo solo in via “transitoria” la possibilità di assolverlo nei corsi professionali. Con il progetto della Regione Lombardia, si istituiscono, dopo l’uscita dalla terza media, due percorsi tra loro nettamente distinti: quello statale, legato alla scuola media superiore liceale e tecnica, e quello regionale, legato all’istruzione e alla formazione professionale Si ammette inoltre la possibilità di assolvere l’obbligo anche dentro percorsi non scolastici. L’innalzamento dell’obbligo rischia così di svuotarsi completamente.
La politica finora seguita dalla regione Lombardia e l’attuazione del Legge regionale sono destinate a favorire la privatizzazione dell’istruzione e il ridimensionamento del ruolo della scuola pubblica.
Il progetto di privatizzazione della scuola pubblica in discussione dagli anni novanta ha avuto sinora una limitata attuazione in Italia. Negli ultimi cinque anni sono diminuiti gli iscritti alle scuole paritarie. Le scuole cattoliche hanno perso quasi centomila iscritti. La diminuzione è stata particolarmente significativa nelle scuole secondarie superiori, con una riduzione degli iscritti dell’8%. Unica eccezione è stata la Lombardia, che ha visto un costante aumento degli iscrizioni alla scuola privata grazie alla politica attuata dalla regione nell’erogazione dei buoni scuola, che in Lombardia sono stati soprattutto usati per consentire alle famiglie la scelta della scuola privata. Sono stati così finanziati il 74% degli iscritti alle scuole non statali con buoni scuola che coprono quasi la metà della retta.
Il progetto approvato dalla Regione Lombardia può dare un forte impulso al progetto di privatizzazione di buona pare dell’istruzione superiore. Con il meccanismo dell’accreditamento, la suddivisione delle risorse tra le scuole avverrà in base al numero degli iscritti. Seguendo il modello già attuato in Lombardia per la sanità, lo sviluppo di un mercato privato dell’istruzione sarà sempre più finanziato dalle risorse pubbliche. Formigoni si propone così di costruire un percorso scolastico regionale/privato chi si pone in parallelo e in competizione con quello statale/pubblico. La Regione attuerà un proprio sistema di certificazione delle competenze, presentato dal Presidente della Lombardia come un primo passo “anche nella prospettiva del possibile superamento del valore legale del titolo di studio”. L’orizzonte in cui si colloca il progetto è quello di un tendenziale ridimensionamento della scuola secondaria superiore pubblica, con una accentuazione della frammentazione e della privatizzazione dei percorsi formativi. Sono lontani i tempi in cui il filosofo e pedagogistaamericano John Dewey scriveva: “La scuola pubblica è il fondamento dell’uguaglianza e della libertà” (in “Public School and Democracy”, 1906).