da ItaliaOggi
Mondo accademico sul piede di guerra
Protesta contro i tagli alle università
Rettori, docenti, ricercatori, dottorandi: è un coro unanime di protesta contro la situazione di stallo che si è venuta a creare nell'università, ma anche contro i tagli nella Finanziaria e il decreto milleproroghe. Ma sono soprattutto i tagli introdotti con il maxiemendamento alla manovra che proprio non vanno già alla Conferenza dei rettori e che «vanificano la possibilità di dar corso a qualsiasi patto per l'università». Tenuto conto, infatti, di questi tagli, della mancanza del finanziamento per l'edilizia, degli oneri per gli incrementi stipendiali, il Fondo incrementale di 550 ml di euro, al netto del riallineamento tra il 2007 e 2008, si è secondo la Crui «letteralmente volatilizzato e il saldo finale diventa addirittura negativo». A fronte quindi di grande sconcerto e preoccupazione i rettori chiedono al governo «se e in che misura si intendano ancora rispettare i tanti impegni e proclami nei confronti della ricerca e dello sviluppo manifestati nel corso di questi ultimi mesi». La protesta comprende anche le organizzazioni sindacali di categoria (Adu, Andu, Apu, Auri,Cisal-università, Cisl università Cnru, Cnu, Firu, Flc-Cgil,Snals-università, Sun e Uilpa-Ur) che chiedono a Mussi un incontro urgente per affrontare le questioni più critiche e annunciano assemblee negli atenei per discutere dei problemi del settore. Secondo le organizzazioni e le associazioni della docenza, alle dichiarazioni sul valore strategico per il paese dell'alta formazione e della ricerca «non c'è riscontro nelle scelte concrete operate con la Finanziaria 2008. Non solo, per le sigle sindacali, erano stati previsti finanziamenti assolutamente insufficienti per la sopravvivenza stessa dell'università, ma addirittura si è proceduto a un ulteriore taglio di oltre 90 milioni di euro del Fondo di finanziamento ordinario». Quanto alla docenza, per le associazioni di categoria, sarebbe opportuno prevedere «un'unica figura pre-ruolo che duri al massimo tre anni, adeguatamente retribuita, con i diritti lavorativi e con una autonomia di ricerca».