28 GENNAIO SCIOPERO GENERALE PER LA DEMOCRAZIA SINDACALE
A MIGLIAIA IN PIAZZA CON L’UNICOBAS A ROMA, BARI, LIVORNO, ANCONA, MILANO, SALERNO
La Confederazione Italiana di Base Unicobas, ha proclamato per oggi uno sciopero generale intercategoriale ed è stato presente in molte piazze d'Italia (a Roma un lungo corteo ha riempito la città sino a p.zza Venezia). Pienamente recepite le indicazioni dello sciopero nelle scuole, chiuse per il 20%. S’è protestato per la burocratizzazione degli insegnanti, in condizioni sempre più disagevoli, conseguenza degli oltre 100.000 tagli che hanno colpito i precari. Respinti i meccanismi “premiali” arbitrari sul “merito”, mortificazione della professionalità e limitazione della libertà d’insegnamento.
L’Unicobas ha denunciato anche le responsabilità dei sindacati cosiddetti maggiormente rappresentativi, CGIL compresa. Eliminare il sindacalismo di base è stata per anni la prima preoccupazione tattica dei vecchi carrozzoni sindacali. Grazie a “governi amici”, hanno in primis ottenuto che i diritti sindacali venissero accordati solo alle organizzazioni firmatarie di contratto, ma era evidente che in tal modo si dava in mano alla parte datoriale l’arbitrio di uno strumento micidiale per legittimare solo sindacati "ragionevoli", come FIM-CISL, UILM, UGL e FISMIC nel caso Fiat. La centralità degli accordi introduce la prassi del ricatto: ricatto verso il sindacato, ricatto verso i lavoratori (come Pomigliano e Mirafiori insegnano).
Per il pubblico impiego è stato poi approvato un meccanismo elettorale indegno, costruito solo sull’elezione di delegati nel singolo posto di lavoro. La rappresentanza complessiva delle organizzazioni sindacali si determina quindi, arbitrariamente, senza elezioni su lista nazionale.
È una democrazia solo apparente: si vota, ma chi presenta meno liste ottiene necessariamente meno suffragi. Accade matematicamente che i nuovi sindacati non possano raggiungere le percentuali di rappresentatività stabilite dalla legge perché è loro interdetta la campagna elettorale, né hanno modo di trovare nell’unità produttiva i propri candidati. Come potrebbero, senza poter tenere assemblee in orario di servizio con i lavoratori? I rappresentanti di queste organizzazioni non godono neppure di un’ora di permesso sindacale e qualora riuscissero ugualmente nella mission impossible di presentare ovunque le liste (nella Scuola, ad esempio, in diecimila istituti), non potrebbero comunque far conoscere il proprio programma. Nel settore pubblico non è consentito neppure che il sindacato paghi direttamente permessi ed aspettative, mentre le organizzazioni tradizionali hanno più di 5.000 "distaccati" retribuiti dallo stato. Inoltre, avendo naturalmente una percentuale di iscritti inferiore rispetto a sindacati che esistono da 50 anni, le sigle di base dovrebbero raggiungere immediatamente il 9-10% dei voti, su un totale pari a quel 70% di lavoratori che si reca alle urne.
Va poi sottolineato che le Confederazioni tradizionali si sono garantite comunque la rappresentanza sindacale, anche a voti zero. Infatti, seppure non ottenessero neanche un suffragio raggiungerebbero ugualmente il 5% di media fra voti e deleghe sindacali richiesto per legge. CGIL, CISL e UIL hanno raccolto in più di cinquant’anni almeno il 10% dei sindacalizzati (che sono il 35% dei lavoratori attivi a livello nazionale), e quindi posseggono a priori il requisito. Il nostro è stato uno sciopero per la democrazia sindacale, per rivendicare una legge ben diversa da quella che il senato si appresta a discutere, anche col placet della FIOM.
Vogliamo elezioni nazionali degne di questo nome.
Stefano d’Errico (Segretario generale CIB Unicobas)