All’Onorevole Presidente della Repubblica
Palazzo del Quirinale
Oggetto: RICHIESTA di RINVIO all’esame del Parlamento del D.d.L. 1441-quater-D, per violazione degli articoli artt. 3, 10 e 11, 24, 111, 117 della Costituzione da parte del comma 5, 6, 7, dell’articolo 32, e per elusione dei precisi rilievi da Ella mossi nel messaggio alle Camere.
Onorevole Presidente,
premesso che durante l’esame dagli interventi dei parlamentari si è messo in rilievo l’incostituzionalità dei commi della norma in oggetto,
sebbene, Ella, nel messaggio ai Presidenti della Camera e del Senato di rinvio della norma in esame, al di là delle osservazioni fin qui svolte a proposito dell'articolo 31, abbia sottolineato l’opportunità di una riflessione anche su disposizioni in qualche modo connesse - presenti negli articoli 30, 32 e 50 - che riguardano gli stessi giudizi in corso e che oltretutto rischiano, così come sono formulate, di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi […] L'articolo 20 presenta inoltre profili problematici anche nella parte - in sé largamente condivisibile - che riguarda la «salvezza» del diritto del lavoratore al risarcimento dei danni eventualmente subìti.
considerato che i commi 5, 6, 7 dell’articolo 32, rimasti invariati nell’esame dell’aula della Camera nella seduta 313 del 28 aprile 2010, ripropongono testualmente i contenuti dell’articolo 4-bis del decreto legislativo n. 368/2001 come introdotto dal comma 1 dell’articolo 21 della legge 133/2008 e dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 214 della corte costituzionale del 14 luglio 2009, dopo la sua remissione all’esame della stessa corte costituzionale disposto da 19 ordinanze delle corti di appello dei tribunali italiani, per la presunta violazione degli artt. 3, 10 e 11, 24, 111, 117 della Costituzione, poi accertata
Le chiedo, nell’esercizio delle sue funzioni di controllo e di garante, di valutare la possibilità di rinviare nuovamente alle Camere il D.d.L. 1441-quater-D “Collegato al Lavoro”, qualora nel testo licenziato dal Senato rimangano invariati i commi in oggetto, al fine di un ulteriore approfondito esame conforme al dettato Costituzionale.
Si allega la sentenza n. 214 della corte Costituzionale e il confronto tra l’articolo 4-bis del Dlgs. 368/01 dichiarato illegittimo e i commi 5, 6, 7 del DdL 1441-quater-D.
L’occasione è gradita per rinnovarLe cordiali saluti
Roma, 29 aprile 2010.
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Estratto della sentenza della corte costituzionale n. 214/2009
FATTO
…Con diciannove distinte ordinanze, le Corti di appello di Torino (r.o. n. 427 del 2008), Genova (r.o. n. 441 del 2008), Bari (r.o. n. 12 del 2009), Caltanissetta (r.o. n. 43 del 2009), Venezia (r.o. n. 93 del 2009), L'Aquila (r.o. n. 95 del 2009) e Roma (r.o. n. 102 del 2009), ed i Tribunali di Roma (r.o. n. 413 del 2008), Ascoli Piceno (r.o. nn. 442 e 443 del 2008), Trieste (r.o. n. 4 del 2009), Viterbo (r.o. n. 22 del 2009), Milano (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009) e Teramo (r.o. n. 70 del 2009), hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del d.l. n. 112 del 2008. La norma censurata dispone che «Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro è tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), e successive modificazioni». I giudici rimettenti, premettendo che, secondo il “diritto vivente”, in caso di violazione delle prescrizioni contenute nell'art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, può essere disposta la conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e riconosciuta al lavoratore una tutela risarcitoria piena, affermano che l'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001 violerebbe: l'art. 3 Cost., poiché è fonte di irragionevole disparità di trattamento, collegata al solo dato temporale del momento di proposizione del ricorso giudiziale, tra lavoratori che si trovano nella identica situazione di fatto (r.o. nn. 413, 427, 441, 442 e 443 del 2008; 4, 12, 25, 26, 27, 28, 43, 86, 87 e 93 del 2009); l'art. 3 Cost., in quanto introduce una disciplina priva di ragionevolezza, perché: a) interviene nei rapporti di diritto privato sacrificando arbitrariamente il diritto del lavoratore assunto illegittimamente a tempo determinato a godere della tutela garantita dalla legge vigente all'epoca dell'instaurazione del rapporto e favorendo contemporaneamente il datore di lavoro che ha dato luogo all'illegittimità (r.o. nn. 442 e 443 del 2008); b) non è ravvisabile alcuna giustificazione razionale nel fatto che la disposizione modifichi la regola sostanziale rispetto ad una categoria di soggetti, riducendo la tutela mentre pendono i giudizi, proprio e solo per il fatto di avere una causa in corso (r.o n. 102 del 2009); c) la delimitazione temporale del trattamento discriminatorio si riferisce alla mera pendenza del processo, e quindi ad una circostanza assolutamente accidentale (r.o. nn. 22, 70 e 95 del 2009); gli artt. 3, primo comma, e 24 Cost., perché vìola il generale principio dell'affidamento legittimamente posto dal cittadino sulla certezza dell'ordinamento giuridico (r.o. nn. 413 del 2008; 12, 22 e 70 del 2009); l'art. 10 Cost., poiché lede il principio di parità di trattamento che è principio generale del diritto internazionale e comunitario che l'Italia si è impegnata a rispettare (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009); gli artt. 11, secondo periodo, e 117, primo comma, Cost., perché, riducendo la tutela accordata in precedenza dall'ordinamento ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, vìola la clausola 8, punto 3, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70/CE e, conseguentemente, l'obbligo del legislatore interno di rispettare i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario ed internazionale (r.o. nn. 442 e 443 del 2008); l'art. 24 Cost., perché compromette il diritto di difesa dei lavoratori ricorrenti, sottraendo loro la possibilità di ottenere il vantaggio della conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la cui prospettiva aveva direttamente condizionato l'esercizio del loro diritto di azione (r.o. nn. 427 del 2008; 24, 25, 26, 27, 28, 43, 86, 87, 93 e 102 del 2009); l'art. 111 Cost., con riferimento al principio del giusto processo, perché la norma censurata modifica, nel corso dei procedimenti giudiziali, la tutela sostanziale accordabile al diritto azionato, senza che ricorrano idonee ragioni oggettive o generali (r.o. nn. 93 e 102 del 2009); gli artt. 101, 102, secondo comma, e 104, primo comma, Cost., poiché un intervento legislativo che riguardi solamente alcuni giudizi in corso ad una certa data è privo del requisito di astrattezza proprio delle norme giuridiche ed assume un carattere provvedimentale generale invasivo dell'àmbito riservato alla giurisdizione (r.o. nn. 413 del 2008 e 22 del 2009); l'art. 117, primo comma, Cost., in connessione con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (ratificata dalla legge 4 agosto 1955, n. 848), il quale impedisce al legislatore di intervenire con norme ad hoc per la risoluzione di controversie in corso (r.o. nn. 413 e 441 del 2008; 4, 12, 22, 43, 25, 26, 27, 28, 70, 86, 87, 93, 95 e 102 del 2009); l'art. 117, primo comma, Cost., poiché la norma censurata costituisce un completamento o una modifica del d.lgs. n. 368 del 2001 e dunque un'applicazione della direttiva 1999/70/CE e avrebbe pertanto dovuto rispettare la clausola di non regresso enunciata nella clausola 8, punto 3, dell'accordo quadro recepito dalla medesima direttiva (r.o. nn. 25, 26, 27, 28, 86 e 87 del 2009)…
DIRITTO
5.7. – Nel merito le questioni sollevate in riferimento all'art. 3 Cost. dalle Corti d'appello di Genova e di Roma e dai Tribunali di Roma, Ascoli Piceno, Trieste e Viterbo sono fondate. In effetti, situazioni di fatto identiche (contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nello stesso periodo, per la stessa durata, per le medesime ragioni ed affetti dai medesimi vizi) risultano destinatarie di discipline sostanziali diverse (da un lato, secondo il diritto vivente, conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato e risarcimento del danno; dall'altro, erogazione di una modesta indennità economica), per la mera e del tutto casuale circostanza della pendenza di un giudizio alla data (anch'essa sganciata da qualsiasi ragione giustificatrice) del 22 agosto 2008 (giorno di entrata in vigore dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112). Siffatta discriminazione è priva di ragionevolezza, né è collegata alla necessità di accompagnare il passaggio da un certo regime normativo ad un altro. Infatti l'intervento del legislatore non ha toccato la disciplina relativa alle condizioni per l'apposizione del termine o per la proroga dei contratti a tempo determinato, ma ha semplicemente mutato le conseguenze della violazione delle previgenti regole limitatamente ad un gruppo di fattispecie selezionate in base alla circostanza, del tutto accidentale, della pendenza di una lite giudiziaria tra le parti del rapporto di lavoro. Deve pertanto essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, con assorbimento delle questioni sollevate in riferimento ad altri parametri costituzionali dalle Corti d'appello di Genova e di Roma e dai Tribunali di Roma, Ascoli Piceno, Trieste e Viterbo.
L’art. 4-bis del dlgs. 368/01 non costituzionale Il comma 5, 6, 7 dell’art. 32 del Ddl 1441-quater-D
1-bis. Dopo l'articolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e' inserito il seguente:
«Art. 4-bis. (Disposizione transitoria concernente l'indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine).
- 1. Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro e' tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.».
5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’articolo 421 del codice di procedura civile.