Supplenze: una questione aperta
Testo di un mostro comunicato ripreso dai quotidiani locali
Provincia di Padova, Istituto superiore di C., il dirigente scolastico, nel predisporre il contratto di
lavoro ad un docente, aggiunge la seguente clausola: «Si conviene che il pagamento verrà corrisposto
quando il Ministero accrediterà i relativi fondi a questa Istituzione scolastica». Provincia di Padova,
Scuola media di P., si invita un dipendente ammalato a «guarire il più in fretta possibile» (!) perché
non si ha modo di pagare il supplente. Provincia di Padova, Liceo di P., un docente, con certificato
rilasciato dal pronto soccorso per circa 20 giorni, per gli stessi motivi è invitato a tornare in pronto
soccorso per farsi ridurre la prognosi. Provincia di Padova, scuola elementare di C., il dirigente
scolastico dispone di non chiamare supplenti in caso di assenza dei docenti titolari, ricorrendo allo
smembramento delle classi: col risultato che per giorni e giorni gli insegnanti presenti si trovano a
gestire, di fatto, delle pluriclassi eterogenee composte da una quarantina di alunni: con grave
pregiudizio (oltre che per la didattica ed il buon senso) per la stessa sicurezza. E ancora: in un Istituto
superiore di P. non viene rinnovato il contratto a un docente supplente nonostante la titolare – in
maternità – abbia prorogato l'assenza; stessa cosa in un Istituto superiore di C. col personale ausiliario
( bidelli).Per non parlare di tutte quelle volte in cui la scelta di non chiamare il supplente è operata
surrettiziamente (già: si è mai visto che gli studenti delle scuole superiori abbiano protestato per essere
stati fatti entrare a scuola un'ora dopo o fatti uscire un'ora prima?), ledendo le legittime aspirazioni dei
supplenti, stravolgendo le norme del pubblico impiego e infischiandosene della funzione educativa
che la scuola deve comunque garantire.
Sembra proprio un bollettino di guerra. E invece sono solo pochi casi del ricco dossier (l'unica cosa di
ricco in quest'anno scolastico miserabile!) che, amaramente, stiamo a poco a poco raccogliendo. Allo
stesso modo, notizie come quelle pubblicate nei giorni scorsi dai quotidiani cittadini rappresentano
solo il pallido riflesso di un fenomeno scandaloso.
La stampa riporta che un paio di dirigenti scolastici «hanno scritto apertamente di non disporre più di
soldi per il pagamento delle supplenze»? Non abbiamo motivo per non crederci. Ma ciò che invece
non deve, non può accadere, è quanto stiamo denunciando da un anno esatto: qui non è solo un
problema di tardivi pagamenti, è che molti, troppi dirigenti scolastici – avendo consapevolezza che i
pagamenti potrebbero avvenire in maniera molto tardiva – preferiscono non chiamare i supplenti.
Alla radice, vi si legge la natura ibrida del loro ruolo e, spesso, i vecchi vizi di una professione che
non si è mai sburocratizzata. Se i dirigenti scolastici fossero dirigenti di una azienda privata – con i
quali tutti o quasi rivendicano di potersi confrontare – non potrebbero certo pretendere di introitare i
soldi in anticipo rispetto alla commessa; se poi la loro azienda godesse di un appalto dalla mano
pubblica, saprebbero bene che i soldi della commessa arriverebbero a consegna lavori effettuata o
(quando va bene) a tranches. Ma saprebbero anche che, per rispettare la commessa ed i suoi tempi, le
maestranze vanno assunte e pagate! Qui, invece, poiché lo Stato non anticipa i soldi della commessa, i
nostri dirigenti scolastici chiamano le maestranze col contagocce, le licenziano a proprio arbitrio.
La loro motivazione è chiara: se assumono un dipendente, e poi lo pagano in ritardo, sono loro a dover
rispondere ad eventuali atti di diffida per il tardivo pagamento. Se invece non assumono nessuno, non
corrono il rischio né di pagarlo in ritardo né di beccarsi le rampogne. In questo modo, piuttosto che
assumersi la responsabilità dirigenziale (io sono chiamato per far bene il mio lavoro, che vuol dire far
funzionare al meglio la scuola rispettando le leggi), appaiono riflettere l'italica abitudine dei travet.
Non è solo un problema di economie di guerra e di sacrifici fino all’osso a cui ci hanno portato i nostri
governanti. Perché risalta evidente un più sottile gioco politico. Il nostro bipolarismo è ancora
fortemente caratterizzato da un conflitto continuo. E la scuola è un terreno privilegiato dello
scontro politico. Col risultato che le legittime aspettative del lavoratore della scuola trovano
consenso nelle forze politiche, purtroppo, solo quando queste sono all’opposizione. Perciò ai
colleghi ex sindacalisti più arrabbiati di noi protagonisti di tante battaglie, oggi dirigenti scolastici,
chiediamo maggior coerenza,di non piegare la morale rivoluzionaria in morale politica ma di chiamare
i supplenti, anche perché il ministro nelle proprie circolari, continua ad affermare che i soldi ci
saranno e che i supplenti vanno in ogni caso chiamati.. E allora è compito dei dirigenti scolastici
assicurare il corretto adempimento di tali circolari, assumendosi le proprie responsabilità, in quanto
gestori di un bene pubblico di primaria importanza quale l’educazione dei nostri figli.
Se andassimo ad analizzare fino in fondo l’utilizzazione del tempo scuola nel corrente anno scolastico,
e detraessimo da questo tempo ora per ora giorno per giorno le assenze di personale docente non
ricoperte da supplenza e quindi prive di effettiva attività didattica, ci accorgeremmo che siamo ben al
di sotto dei duecento giorni di scuola che rappresentano il requisito minimo a dare validità – formale
non prima che sostanziale – all’anno scolastico.
La UilScuola di Padova è contraria – e non da oggi – a questo andazzo. Siamo stati, purtroppo, facili
profeti. E' da un anno esatto che denunciamo la questione precariato (anche mediante i quotidiani
locali). Nella lettera inviata al Prefetto di Padova abbiamo denunciato, prima di tutti gli altri,
esattamente questo stato di cose. Ci riserviamo di presentare nelle prossime settimane un esposto alla
magistratura per chiedere se il mancato conferimento di supplenze, che si sta verificando con troppa
regolarità in molte scuole della nostra provincia, non si configuri come violazione dell'art. 331 del
codice penale vigente: interruzione di un pubblico servizio ovvero turbamento della sua regolarità.
Padova, 26 marzo 2010
Giuseppe Benegiamo
Segretario provinciale della Uil Scuola di Padova