Perché diciamo NO all’ora di religione islamica
Da parte di alcuni esponenti politici, compreso un Vice-Ministro, è stata avanzata la proposta di istituire un’ora di insegnamento di religione musulmana facoltativo per gli studenti che non si avvalgono dell’ora di religione cattolica. Nonostante il contesto estemporaneo in cui la proposta è stata formulata, l’AESPI ritiene opportuno dissipare ogni equivoco e manifestare tempestivamente la più decisa e motivata contrarietà al riguardo.
Infatti, in primo luogo è doveroso chiedersi perché privilegiare la religione islamica e non quella ortodossa, o geovista, o buddhista: gli Ortodossi sono in Italia mezzo milione, i Testimoni di Geova quattrocentomila, mentre è difficile dire, del milione circa di immigrati da paesi a maggioranza islamica quanti siano legati realmente alla pratica di questa religione. Se dovessimo garantire a ogni alunno che vive in Italia la possibilità di studiare a scuola la propria religione (il cui insegnamento è in ogni caso libero, fuori dalla scuola) non si finirebbe più e ne risulterebbe una Babele.
Ancor più, però, dobbiamo porci il problema di chi potrebbe gestire l’ora di religione islamica: infatti non esiste un interlocutore islamico unico e rappresentativo: chi scegliere tra sunniti, sciiti, halawiti, confraternite sufi, e così seguitando? E all’interno dei diversi gruppi, a chi far riferimento, in assenza di una gerarchia costituita? Chi ha il minimo indispensabile di conoscenze sull’argomento deve riconoscere che l’insipiente proposta si rivela di impossibile attuazione.
Inoltre si potrebbe anche correre il rischio di allevare una scuola di terrorismo fondamentalista finanziata dallo Stato. I promotori della proposta, cullandosi nell’illusione di un «Islam moderato», pensano forse che esistano schiere di intellettuali musulmani «laici, pluralisti, democratici», pronti ad affrontare concorsi per cattedre di Islam «corretto»?
L’AESPI, infine, conclude , ricordando che la Religione Cattolica, che viene insegnata per effetto del Concordato (recepito dalla Costituzione), è parte integrante della tradizione e della storia italiane, e quindi la sua conoscenza, e non quella di altre religioni, è condizione indispensabile per comprendere la nostra cultura.
Per l’AESPI: Il Presidente, Prof. Angelo Ruggiero
Milano, 22 ottobre 2009