DOMANI, 9 OTTOBRE, IL PRIMO SCIOPERO DELLA SCUOLA.
MANIFESTAZIONE NAZIONALE. CONCENTRAMENTO AL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DALLE ORE 10.00.
LO SCIOPERO E’ ANCHE CONTRO IL RINVIO DELLE ELEZIONI RSU.
ADERISCE ANCHE L’ITALIA DEI VALORI
Oltre che per bloccare l’enorme riduzione di personale causata dalla controriforma Gelmini ed il decretro “ammazza-precari”, nonché per fermare il disegno di legge Aprea in via di discussione, lo sciopero di Venerdì 9 Ottobre è stato proclamato anche per sostenere il disegno di legge n.° 2442 steso e promosso dall’Unicobas e dall’Italia dei Valori. La proposta di legge prevede l’istituzione del Consiglio Superiore della Docenza, che sovrintende a valutazione e formazione di base ed in itinere dei docenti (contro la confusione dei ruoli). Contiene il ruolo unico docente: minimi retributivi certi e degni della professione e precisi standard di lavoro con gli alunni. L’anno sabatico retribuito, il preside elettivo, esenzioni fiscali per libri e didattica. Verte infine sull’elemento centrale della piattaforma Unicobas: l’uscita della scuola dal pubblico impiego, ove, col placet di tutte le OOSS tradizionali è stato eliminato il ruolo, diluito il riconoscimento dell’anzianità e resi “contra legem” aumenti contrattuali superiori all’inflazione programmata. Senza di tale passaggio la scuola italiana, attualmente la peggio retribuita del continente, non potrà mai riagganciare uno stipendio medio europeo.
L’Italia dei Valori ha ufficialmente aderito e sarà presente, anche con i propri deputati, alla manifestazione. Il ddl n.° 2442 è calendarizzato presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati, contestualmente al ddl Aprea, col quale è in aperta contrapposizione.
E’ notizia dell’ultima ora che il Ministro Brunetta intende far approvare, con il Dlvo di “riforma della Pubblica Amministrazione”, un emendamento che rinvia le elezioni RSU calendarizzate nella scuola per i giorni 1, 2, e 3 Dicembre. Ciò avviene nel silenzio generale, con la dichiarata connivenza di CISL, UIL, SNALS e Gilda e solo una tiepida opposizione della CGIL. La cosa, propedeutica a spianare la strada al DDL Aprea, è gravissima ed è ulteriore elemento di rabbia nella categoria.
Sintesi delle motivazioni dello sciopero. Contro il più grande “taglio” della storia della Repubblica, che s’incrocia con la cosiddetta “riforma” dell’istruzione: 150.000 fra precari e personale di ruolo sacrificati in 3 anni sull’altare del minimalismo sub-culturale della “Berluscuola” (30.000 posti in meno solo nella scuola superiore). Il meccanismo disposto prevede la riduzione generalizzata del tempo-scuola e delle ore per materia negli istituti di ogni ordine e grado e la regionalizzazione degli istituti Professionali. Unica eccezione per i Licei, dove però si dispone ugualmente il contenimento delle materie che sviluppano il sapere critico a vantaggio di un “riordino” delle classi di concorso che consentirà in alcuni settori l’insegnamento senza il necessario bagaglio d’esami universitari e di abilitazioni specifiche sinora obbligatori. Contro il decreto sui PRECARI passato al Consiglio dei Ministri, assolutamente inaccettabile. I contratti di “disponibilità” obbligano ad una flessibilità totale, quindi al deprofessionalizzante “tappabuchismo spicciolo”, con l’unica certezza di una retribuzione pari al 70% dello stipendio. Per stessa ammissione del Governo, il provvedimento riguarda al massimo 13.000 precari (ma lo stanziamento è sballato e ne copre soli 10.000, e peraltro, come disposto ufficialmente, al 70% dello stipendio-base). Si dà poi il caso che ce ne siano almeno altri 100.000, ai quali, proprio per effetto della controriforma Gelmini su tutti gli ordini e gradi di scuola, nonché per le cattedre costituite illegittimanente a 20/22 ore, vengono tolte persino le supplenze brevi. Infine non si tiene conto per nulla del precariato di amministrativi, tecnici e collaboratori (il cui numero – alla faccia della “sicurezza” – è ridotto in modo inimmaginabile. Contro il disegno di legge Aprea, in discussione presso la Commissione Cultura della Camera, che prevede: a) scuole trasformate in fondazioni gestite da comitati d’affari che rappresenteranno l’interesse dei privati e non quello del pubblico, presieduti dal dirigente scolastico anziché da un genitore; b) eliminazione del Collegio dei Docenti (e quindi di ogni organismo rappresentativo dell’autonomia professionale e garante della libertà d’insegnamento); c) assunzione e valutazione diretta dei docenti sempre da parte dei dirigenti, con differenziazioni stipendiali di fatto discrezionali; d) eliminazione dei contratti di istituto e delle rappresentanze sindacali unitarie, oggi elette dal personale.
Stefano d’Errico (Segretario Nazionale)