Grazie INVALSI: nelle scuole c’è lavoro per il prossimo anno
Con efficienza rara negli apparati ministeriali l’INVALSI ci offre con tempestività un primo esempio nazionale di analisi e utilizzo della valutazione degli apprendimenti al termine di un ciclo di studi, quello che una volta segnava la fine dell’obbligo.
Ora la palla torna alle riflessione nelle scuole: sui livelli raggiunti dai loro studenti; sulla comparazione con altre scuole; su come migliorare il loro lavoro (se lo desiderano). Anche se occorre ricordare che la scuola è il “luogo del tempo”: i veri risultati si vedono solo nel lungo tempo (ciclo di studi successivo, inserimento lavorativo).
L’INVALSI porta a casa giustamente generali apprezzamenti, ad eccezione della solita “Repubblica” geneticamente portata alla polemica. Apprezzamenti:
· per lo strumento tecnico affinato rispetto allo scorso anno;
· per l’adeguatezza dei quesiti rispetto alla scuola reale, pur mantenendo livelli di sfida interessanti come nelle prove di italiano;
· per la tempestività e utilizzabilità degli esiti restituiti alla nazione ed alle scuole.
Le prime analisi spingono comunque, innanzitutto le scuole, a serie riflessioni:
· la carenza di cultura della valutazione in molte scuole, vera causa delle cosiddette “copiature” che INVALSI ha verificato;
· il divario nazionale nord-sud, anche se meno drammatico degli esiti delle prove PISA;
· l’effetto secondario prodotto dalle prove nazionali nello spingere i docenti ad affrontare o riprendere conoscenze importanti ed a saper guardare anche alle capacità o competenze da sviluppare negli alunni;
· la necessità di ripensare nelle scuole la valutazione, gli obiettivi di insegnamento, il rapporto tra semplice possesso di conoscenze e le capacità messe in movimento nella mente dal loro utilizzo reale.
Visti gli ottimi risultati di informazione ed analisi, di collaborazione delle scuole e di materiali da usare per la riflessione collegiale d’inizio d’anno, c’è da sperare che in quegli uffici si trovino tempi, modi e finanze per riproporre l’esperimento nell’esame di stato della secondaria superiore.