CONFINDUSTRIA: RIORDINO DEGLI ISTITUTI TECNICI

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CONFINDUSTRIA: RIORDINO DEGLI ISTITUTI TECNICI

Messaggiodi edscuola » 18 novembre 2008, 19:29

CONFINDUSTRIA EDUCATION
Ottobre 2008
LINEE DI INTERVENTO PER IL RIORDINO DEGLI ISTITUTI TECNICI
L’ACTION PLAN PER L’ISTRUZIONE TECNICA, elaborato da Confindustria con la
collaborazione di un gruppo di esperti e di dirigenti di qualificati Istituti tecnici di tutta Italia
nel corso del 2007 e suddiviso in tre sezioni:
Contenuti
Governance
Risorse
umane
Questa proposta va realizzata attraverso alcune azioni immediate.
Contenuti
contenimento
nel numero delle materie
Il numero delle materie deve essere ridotto e gli orari di ciascuna di esse devono
essere significativi negli istituti tecnici. Il limite di 32 ore settimanali non deve essere
superato e deve includere spazi per l’autonoma progettazione delle scuole.
spazio
per l’autonomia delle scuole
Le 32 ore non devono essere tutte predefinite nei quadri orario. Alle scuole,
dentro le 32 ore, deve essere affidato uno spazio (2-3 ore, circa il 10%) che esse
devono organizzare in autonomia, per rispondere ai bisogni individuati in sede locale;
istituzione
dell’insegnamento di Scienze integrate
che riunisca tutti gli insegnamenti a carattere scientifico. Non occorre a questo livello di
età un approfondimento specialistico, ma una visione di insieme ed una metodologia di
base; tale insegnamento comprende chimica, fisica, biologia e scienze della terra e
può essere attribuito attraverso il ricorso alle “classi atipiche” per evitare le rigidità delle
attuali classi di concorso che vanno riformate e semplificate;
insegnamento
in lingua inglese
possibilmente, oltre all’insegnamento della lingua inglese in quanto tale, un altro
insegnamento dovrebbe essere svolto in lingua inglese;
una
sola lingua straniera
non è realistico prevedere l’insegnamento di una seconda lingua straniera.
Governance
istituire
(solo per gli Istituti tecnici) un Consiglio di Amministrazione,
in cui vi sia una presenza significativa di soggetti esterni alla scuola, espressione del
mondo della produzione e/o dei servizi, in relazione agli indirizzi di studio;
attribuire
al Consiglio poteri effettivi di governo
tale organo deve affiancare il dirigente (i cui poteri non vanno ridotti) e deve avere la
responsabilità complessiva per l’indirizzo generale, il piano di sviluppo pluriennale della
scuola, il programma annuale ed i rapporti con le imprese e le aziende che
costituiscono i naturali interlocutori di ciascun Istituto;
separazione
dei compiti di partecipazione da quelli di governo
il Consiglio di Amministrazione non sostituisce gli organi di partecipazione democratica;
ma la partecipazione deve essere tenuta distinta dalla gestione, dall’indirizzo tecnico e
dal governo;
il
problema non sta nel nome
se il termine Consiglio di Amministrazione “disturba”, se ne può trovare un altro, ma
non si può prescindere da uno specifico modello di governo degli Istituti tecnici,
data la loro precisa missione (che non è uguale a quella dei licei): formare i quadri
intermedi che devono contribuire allo sviluppo delle aziende di produzione e servizi.
Risorse umane
scelta
del personale docente e tecnico
gli istituti tecnici debbono poter scegliere in autonomia (ed in raccordo con le imprese
di produzione e servizi più vicine al proprio indirizzo di studi) almeno il personale che
deve svilupparne la missione specifica: insegnanti di materie tecniche, tecnici di
laboratorio, ufficio tecnico. Questo personale deve essere svincolato dalle classi di
concorso e dall’assegnazione centralizzata;
autonomia
reale nella gestione della quota di flessibilità
perché la flessibilità ipotizzata (fra il 20% ed il 35%) abbia un senso, il personale
destinato a coprirla non deve essere già predeterminato nei quadri orari e negli
organici. Sono gli istituti tecnici che devono individuare il fabbisogno di materie/attività
corrispondenti e scegliere se richiedere agli uffici scolastici insegnanti “tradizionali” o se
chiamare esperti esterni qualificati, con procedure trasparenti ma libere.
A LIVELLO LEGISLATIVO:
emanare
un provvedimento normativo specifico (questa seconda soluzione è
considerata dall’On. Aprea più realistica rispetto alla prima)
che preveda:
istituzione
del Consiglio di Amministrazione (o denominazione alternativa) solo per gli
Istituti tecnici
rinvio
a successivi decreti (da emanare in tempi brevi) per quanto riguarda la definizione di
struttura, poteri e raccordo con gli altri organi collegiali degli Istituti in questione
criteri
generali cui devono ispirarsi i decreti in questione (vedi scheda 1 e Action Plan per
l’Istruzione Tecnica)
oppure:
attribuzione
agli Istituti tecnici di autonomia statutaria
rinvio
allo statuto dei singoli istituti dell’istituzione dei propri organi di governo
criteri
generali cui gli statuti dovranno ispirarsi (fra cui la presenza di un organo come il
Consiglio di Amministrazione, comunque denominato – per il resto vedi scheda 1 e Action
Plan)
oppure, in ulteriore subordine:
sperimentazione
nazionale di autonomia statutaria per quegli Istituti tecnici che si
colleghino con il mondo della produzione e dei servizi ed il territorio e promuovano intorno
al proprio progetto di qualità formativa una fondazione dotata di risorse “esterne” per un
importo minimo predefinito (ad es. 50.000 euro). Il riferimento è al modello delle
Foundation schools inglesi
A LIVELLO DEL REGOLAMENTO (di cui all’art.13 della legge 40/2007)
Le proposte seguono lo schema della bozza di regolamento predisposta dal MIUR e sono
raggruppate sotto i titoletti del documento MIUR intitolato “Documento di base per la
discussione”.
Identità degli istituti tecnici
I profili attualmente individuati sono definiti in modo generico. Modificarli coinvolgendo
nella loro riscrittura esperti dei settori economici e produttivi interessati (è quanto già
stiamo realizzando).
I profili vanno associati alla chiara definizione di standard minimi irrinunciabili di
competenze chiave.
Non sono noti il numero e l’articolazione dei sotto-indirizzi. Si ribadisce che non deve
esservi proliferazione di micro-piani di studio, tutti definiti in modo rigido dal centro e
differenziati solo da uno o due insegnamenti.
Le opzioni che “specificano ulteriormente gli indirizzi” non vanno determinate dal centro.
Vanno individuate dalle scuole, in raccordo con le realtà economiche e produttive del
territorio. Se mai, possono essere previste linee guida generali di coerenza per
l’equivalenza sostanziale dei percorsi e dei titoli di studio finali.
Non sono noti i quadri orario. Ferme restando le 32 ore complessive, al loro interno va
ricavato uno spazio di autonomia effettiva per le scuole (2-3 ore non devono essere
predefinite dal centro).
Organizzazione dei percorsi
Il numero complessivo delle materie va contenuto al massimo. Si deve pensare nel primo
biennio ad un insegnamento di Scienze integrate, che riunisca tutti gli insegnamenti
scientifici.
Si deve esplicitamente indicare fin dal primo biennio l’uso sistematico del laboratorio e di
metodologie problem solving, sia per l’insegnamento che per le verifiche.
I laboratori devono essere adeguatamente attrezzati e dotati di un tecnico di laboratorio
che affianchi il docente e che sia in possesso di comprovata esperienza di lavoro
nell’ambito relativo. Va eliminato il doppione costituito dall’insegnante tecnico-pratico, che
è quasi sempre un generico diplomato privo di esperienze concrete.
Si deve prevedere fin dal primo biennio il raccordo con il mondo esterno tramite incontri
con le aziende del territorio, visite di esperti e visite aziendali.
La ripartizione oraria indicata per il primo biennio (65% materie generali comuni – 35%
materie di indirizzo) può andar bene.
Sarebbe auspicabile che per il secondo biennio le materie di indirizzo salissero dal 55%
(circa) attualmente indicato al 60%.
Per il quinto anno, le materie di indirizzo non possono essere inferiori al 65% del totale
orario. Non ha senso articolare il triennio finale in 2+1 se poi la struttura degli
insegnamenti non si differenzia in alcun modo. Il quinto anno deve preparare in modo
mirato all’inserimento lavorativo o alla prosecuzione di studi ben individuati. La reversibilità
delle scelte – a questo livello – è solo uno spreco di tempo e di risorse.
Per il secondo biennio e soprattutto per il quinto anno dovrebbe essere prevista una soglia
minima di ore da destinare ad attività di stage e tirocini.
Gli “spazi di autonomia” indicati (20%-30%-35%) possono andar bene. Ma devono essere
“reali”, cioè non occupati già nei quadri orario da insegnamenti predefiniti rigidamente dal
centro. Al massimo questi spazi possono essere individuati come “ambiti di competenze”
che gli istituti tecnici devono riempire con insegnamenti ed attività scelti in accordo con il
mondo economico e produttivo di riferimento.
Gli insegnamenti ed attività individuati dalle scuole nell’esercizio dell’autonomia di cui
sopra devono essere affidati a personale individuato dalle stesse (eventualmente, ma non
necessariamente, anche attraverso richiesta agli uffici scolastici territoriali, per le materie
più “tradizionali”). Le classi di concorso e le graduatorie non devono costituire un vincolo in
tale area.
Vanno bene i dipartimenti didattici, ma le “linee-guida definite a livello nazionale” rischiano
di burocratizzarne ed irrigidirne il funzionamento.
Il comitato tecnico-scientifico non può sostituire uno specifico organo di governo
(consiglio di amministrazione o simile) che restituisca agli istituti tecnici la capacità di
interpretare in modo efficace la propria missione fondamentale, attraverso la
collaborazione privilegiata con il mondo della produzione e dei servizi.
Comunque, se deve esistere: a) gli esperti esterni non possono essere “in numero
contenuto” e cioè minoritario; e b) i docenti interni non possono essere né in maggioranza
numerica né “designati dal collegio docenti”, per evitare logiche politiche o sindacali
anziché la valutazione delle loro competenze. La scelta va affidata al dirigente, su criteri
indicati dal consiglio di amministrazione (o organo equivalente, se costituito). Se non c’è,
al solo dirigente.
Agli esperti esterni individuati dal comitato tecnico-scientifico debbono poter essere
affidate anche attività didattiche curricolari, cioè facenti parte dei quadri orario e non solo
insegnamenti aggiuntivi o opzionali.
L’Ufficio Tecnico deve essere dotato di competenze e risorse in misura adeguata ad
assicurarne l’efficace funzionamento, anche in raccordo con le imprese esterne di
riferimento.
Valutazione e titoli finali
Le certificazioni finali devono indicare non solo le materie seguite ma le competenze
effettivamente acquisite in relazione all’indirizzo tecnico di studi prescelto.
Della commissione d’esame deve far parte anche un rappresentante designato dalle realtà
economiche e produttive del territorio con comprovata esperienza di lavoro nell’ambito cui
si riferisce il titolo finale.
Le prove di esame devono includere: a) prove pratiche che dimostrino le competenze
operative e b) la presentazione di un progetto applicativo che dimostri la capacità di
utilizzare il complesso delle conoscenze acquisite per la risoluzione di un problema
concreto.
Collegamenti con il territorio e la specializzazione tecnica superiore
Fare esplicito riferimento alla collaborazione nei poli anche con gli Istituti professionali,
oltre che con le strutture formative accreditate dalle Regioni.
Superare per gli Istituti Tecnici Superiori il vincolo dei sei ambiti attualmente indicati e
quello della struttura obbligatoria come fondazioni di partecipazione.
Strumenti giuridici per un ordinamento flessibile
Non si ravvisa la necessità di definire in sede contrattuale i profili professionali delle figure
da utilizzare nell’Ufficio Tecnico. Si tratta di competenze tecniche che vanno individuate
dal dirigente e dai docenti dell’area di riferimento.
“Ambiti, criteri e modalità per l’articolazione degli indirizzi in opzioni, nonché per
l’utilizzazione degli spazi di autonomia previsti” vanno lasciati appunto all’autonomia degli
istituti, entro linee-guida molto generali. Altrimenti, non ha senso parlare di autonomia e di
raccordo con il territorio per il supporto allo sviluppo delle realtà economiche e produttive
ivi esistenti.
Il costituendo Comitato nazionale per l’Istruzione tecnica, per adempiere efficacemente
agli obiettivi indicati, deve essere costituito (o almeno operare) per sotto-comitati,
corrispondenti agli indirizzi di studio. Altrimenti finirà con il limitarsi a generiche
raccomandazioni prive di incidenza e significato reale. L’aggiornamento periodico non
deve riferirsi genericamente “ai percorsi” ma concretamente agli “standard professionali e
formativi” Del Comitato e dei sotto-comitati debbono far parte esponenti del mondo
economico e produttivo.
Monitoraggio e valutazione di sistema
Va bene la valutazione esterna, ma:
- richiamare per gli istituti tecnici l’obbligo di una propria autovalutazione, svolta in
raccordo con il mondo economico e produttivo del territorio coerente con l’indirizzo di
studi;
- richiamare la necessità che di tale autovalutazione faccia parte il monitoraggio degli esiti
post-diploma dei propri studenti (tasso di passaggio al lavoro, tempi per trovarlo,
prosecuzione negli studi in settori coerenti con gli studi seguiti, ecc.);
- richiamare la necessità che gli esiti dell’autovalutazione e del monitoraggio sugli exstudenti
vengano utilizzati per l’aggiornamento del piano di sviluppo.
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