La Costituzione della Repubblica Italiana: 60 anni di libertà
Nel continuare l’esame dei fondamentali principi dei rapporti umani, sociali, culturali economici e politici, sanciti nella Carta Costituzionale della nostra Repubblica, non si può, nel ripetersi degli eventi dannosi nei confronti dei lavoratori, non fermarsi a commentare tutti i lineari concetti costituzionali che vengono rivolti alla tutela del lavoro.
Lo stillicidio continuo, giornaliero, degli annunci delle morti e degli infortuni sul lavoro, contrastano con quanto la Carta Costituzionale, vuole si realizzi, in materia di rapporti di lavoro.
Incominciando dall’articolo 1 e passando, attraverso la lettura dei disposti di cui al secondo comma dell’art. 3, dal comma uno dell’art. 4, al comma uno dell’art. 35 ed al comma due dell’art. 41, si incontrano una serie di norme tutte dirette alla garanzia del diritto al lavoro e della sua tutela.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, comincia a disporre l’art. 1 ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, detta il secondo comma dall’art. 3, mentre il comma uno dell’art. 4 sancisce che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Inoltre la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme afferma il comma uno dell’art. 35, mentre l’art. 41 ai commi uno e due, dispone che l’iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà , alla dignità umana.
Nel leggere questi disposti legislativi, sento, nel mio intimo, come l’evolversi del crescendo di un lirico inno, come avviene nei crescendi rossiniani, in omaggio alla sicurezza dei rapporti di lavoro, proteso a destare i cuori e le menti e portarli a scrollarsi di tutte quelle scorie che distraggono, dalla ricerca e dall’attuazione dei concreti provvedimenti atti a far cessare, il triste peana degli annunci delle morti sul lavoro.
Il lavoro è un evento serio dell’umana esistenza e questa è tale solo perché agisce nel mondo del lavoro, per cui deve essere garantita nel suo sviluppo.
L’umana esistenza che lavora, non può essere offesa o interrotta per mancanza di rispetto da parte di coloro che organizzano il lavoro e lo maturano nei rapporti sociali.
Eppure lo stillicidio giornaliero che scende nelle nostre menti e nei nostri cuori, con la comunicazione di persone che muoiono e si infortunano mentre lavorano, pur nel suo ineluttabile ripetersi, non scuote né le menti e né i cuori, di coloro che possono attivarsi, verso quelle intese economiche e politiche, atte a farlo cessare.
Questo ci rattrista molto, come uomini prima di tutto e poi come componenti di Organizzazione Sindacali, perché non viene capita da parte dei molti la necessità della presenza umana nel mondo del lavoro, mentre evidentemente, le componenti economiche e politiche della nostra società non hanno ancora bene intuito che l’esistenza del rapporto di lavoro, duraturo, sicuro e libero è una necessità solo per la crescita della umanità e non per l’incremento dei profitti.
Si dice che le normative al riguardo della sicurezza del mondo del lavoro, sono troppo onerose per l’organizzazione aziendale italiana, stante la necessità di tenere adeguati i costi aziendali in rapporto alla produzione globale, ai fini di reggerne la competitività.
Io, però, non riesco a capire, forse perchè quale partecipe del mondo sindacale, non capisco le alchimie, ma solo la realtà sociale, perchè il contenimento del costo della produzione, debba sempre essere misurato sulla pelle dei lavoratori, con tutela approssimativa della sicurezza del lavoro e con retribuzioni e contributi ai limiti del lavoro in schiavitù, e non anche “un poco” sulla diminuzione dei profitti dei datori di lavoro.
Questo non lo capivo in relazione ai periodi in cui, studiando la storia, ci sono stati rappresentati lavoratori chini nelle paludi e nelle praterie a raccogliere riso o pomodori, ma soprattutto non lo voglio capire oggi, allorché gli organizzatori del mondo del lavoro vantano di operare in un’era detta civile.
Dott. Giacinto Sica
Presidente, CISAL Lombardia