Adesso o mai più:
La scuola dopo le elezioni
Dopo le elezioni politiche appena concluse il tema della funzionalità della nostra scuola si ripropone in tutta la sua drammatica urgenza per l’incredibile ritardo accumulatosi nel suo rinnovamento. Come da noi ribadito a ogni rinnovo di governo dal 2000 in poi (anno di attivazione dell’autonomia scolastica) i temi chiave sul tappeto, che richiedono interventi urgenti e improcrastinabili, sono quelli dello sviluppo dell’autonomia didattica e di ricerca delle scuole, legata alla costruzione di una carriera degli insegnanti basata sulla capacità di un efficace “fare scuola” nella scuola dell’autonomia e alle più complesse articolazioni e compiti a essa attribuiti. Ciò comporta prima di tutto l’introduzione di aumenti retributivi legati a una logica di funzione, di leadership professionale e di risultato e quindi di misura e valutazione delle competenze acquisite dagli studenti a partire dal loro livello di partenza. Come sempre, nel lavoro di formazione ciò che è essenziale è la professionalità dell’insegnante, e da questa, dalla sua valutazione sulla base di obiettivi trasparenti, si deve partire per costruire quella che per noi è la scuola del futuro, come purtroppo le indagini OCSE periodicamente ci ricordano, mentre per altri paesi che da decenni si sono messi su questa strada, è già la modernità.
Ripartire quindi dagli insegnanti per superare l’emergenza educativa in Italia.
Nella campagna elettorale appena conclusasi il PDL ha presentato per la scuola un programma contenente espliciti e chiari richiami a questi temi, così come aveva fatto Forza Italia nel 2006 e nel 2001, anche se poi erano rimasti disattesi nella successiva azione di governo, che aveva ceduto alle spinte conservatrici dalle forze sindacali. La novità di questa campagna elettorale è stata che, per la prima volta, anche lo schieramento di centro sinistra riportava nel programma del PD richiami a questi temi, non altrettanto espliciti ma comunque inequivocabili. La convergenza dei due schieramenti è stata evidenziata dal decalogo di Confindustria presentato appena prima delle elezioni. Pare quindi che, finalmente, si sia determinata nelle forze politiche oggi in Parlamento, la coscienza della improcrastinabilità di queste tematiche pena il permanere inesorabilmente nel processo di decadenza della nostra scuola.
Inoltre, il fatto che sia fuori dal Parlamento quell’ala massimalista e conservatrice che ha contribuito a costruire l’opposizione, nella precedente legislatura di centrodestra (ma anche, seppure più blandamente, in quella di centro sinistra), facendo della scuola un terreno di scontro ideologico, oggi non più tollerabile, risulta essere una circostanza certamente favorevole. Governo e Parlamento si devono però riappropriare con autorevolezza di quel ruolo che, per troppo tempo, hanno abdicato alle forze sindacali, modificando alla radice tutta la lunga serie di connivenze, alleanze tra la politica e gli attori della conservazione a tutti i livelli, che finora hanno colpevolmente impedito la necessaria innovazione. Per far questo il prossimo ministro dovrà avere l’alto profilo di chi alla conoscenza “tecnica” delle complesse questioni dell’istruzione affianchi anche una provata vocazione riformista.
Adesso quindi o mai più.
L’auspicio dell’APEF, che su questi temi è nata e ha sviluppato da sempre la sua azione, è che finalmente sia arrivato il momento che anche nella scuola si cominci a voltare pagina, e con questo obiettivo augura al nuovo Governo e al nuovo Parlamento di riuscire a inaugurare una stagione finalmente nuova.
Roma 17 aprile 2008