I provvedimenti che questo Governo, sostenuto da PDL, PD e UDC, sta assumendo a discapito della scuola statale e dei suoi lavoratori sono di una tale gravità che ci vediamo costretti a dichiararlo pubblicamente.
Siamo molto preoccupati, e con noi dovrebbero esserlo tutti i cittadini, per la legge 953 (recentemente approvata alla Camera e ora approdata in Senato) che riforma gli organi collegiali della scuola aprendoli a soggetti esterni, avvia il processo di privatizzazione della scuola pubblica, introduce uno statuto autonomo in ogni scuola creando una vera e propria anarchia nel sistema di istruzione, mina alle fondamenta il principio costituzionale della libertà di insegnamento, apre di fatto alla chiamata diretta dei presidi e all'arbitrarietà nel sistema di reclutamento, esautora il collegio dei docenti delle sue funzioni e mette seriamente in pericolo la rappresentanza degli studenti all'interno delle scuole.
Sono stati questi i motivi che hanno spinto PD, PDL e UDC a votare il provvedimento nelle camere chiuse della VII Commissione Cultura in maniera frettolosa e senza sottoporlo all'approvazione da parte della Camera dei Deputati?
Ma non basta.
Dopo gli otto miliardi di euro sottratti alla scuola statale, e il conseguente licenziamento di 140.000 lavoratori tra docenti e personale Ata, l'attuale Governo ha preso ancora una volta di mira la scuola statale. L'articolo 3 della legge di stabilità, attualmente in discussione nelle Commissioni di
Camera e Senato, prevede infatti l'aumento delle ore di lezione e il conseguente licenziamento di altri 30.000 precari. Un provvedimento sbagliato soprattutto nel merito, poiché chiunque opera nella
scuola sa bene che le ore di lezione frontali non sono neppure metà delle ore di lavoro di un docente, che spende la propria professionalità anche nella preparazione delle medesime, nella predisposizione e nella correzione dei compiti in classe, nei ricevimenti delle famiglie, nelle uscite didattiche e nei viaggi di istruzione (senza alcune retribuzione aggiuntiva anche se fuori dall'orario di lavoro), nella programmazione e nelle attività collegiali. Occorre poi sottolineare con chiarezza che l'aumento dell'orario di lavoro non si tradurrà in un incremento delle ore di lezione impartite in una singola classe (che anzi sono state notevolmente diminuite dalla Riforma Gelmini), ma in un numero maggiore di classi per singolo docente, il che tenderà a indebolire l'aspetto relazionale della didattica, a spersonalizzarla e ad allontanarla dalle esigenze e dai bisogni dello studente, che invece sarebbe doveroso valorizzare nella sua individualità.
A questi provvedimenti gravissimi non poteva però mancare la ciliegina sulla torta: il concorso della scuola. A fronte di una graduatoria che contiene ben 200.000 docenti precari, vincitori di uno o più concorsi, e in piena crisi economica, il Governo ha deciso di buttare via 160 milioni di euro per fare un concorso inutile e dispendioso. Secondo i nostri calcoli per ogni posto messo a concorso lo Stato spenderà più di 13.000 euro! Soldi che potevano essere spesi per stabilizzare fin da subito chi lavora nella scuola da più di un decennio.
E che dire delle palesi contraddizioni tra i provvedimenti assunti? Dove saranno gli 11.542 posti di lavoro messi a diposizione dal concorso se la norma sull’aumento dell’orario di lavoro da 18 a 24 ore (art. 3 della legge di stabilità) comporterà un taglio di 30.000 posti? Inutile dire che ostacoleremo questo concorso con ogni mezzo per fare valere i nostri diritti acquisiti. Moltissimi hanno già impugnato il bando di concorso per incostituzionalità e altri vizi di forma con lo scopo di annullarlo.
Siamo stanchi di aspettare o di ascoltare promesse disattese da voti in Parlamento che vanno sempre nella direzione opposta. Difenderemo la scuola statale e il nostro lavoro con ogni mezzo lecito a nostra disposizione. La scuola non è solo il luogo dove noi lavoriamo, ma è il luogo dove si creano le basi per il futuro del Paese. Un paese moderno, equo e solidale deve avere come fondamenta una scuola statale gratuita, libera e che offra le stesse possibilità a tutti gli studenti. Non può essere perciò la logica privatistica di mercato a condizionarne le scelte.
Nelle scuole italiane la protesta sta crescendo e sono già numerose le mozioni dei collegi dei docenti contro questi provvedimenti. In alcuni istituti gli insegnanti si sono addirittura dimessi da tutti gli incarichi e hanno bloccato le attività extracurricolari.
Anche noi del CPS di Ravenna daremo il nostro contributo, ma chiediamo la collaborazione di tutti i lavoratori della scuola, precari e con contratto a tempo indeterminato, delle famiglie, degli studenti e dei semplici cittadini. Difendere la scuola statale e il futuro del paese è compito di tutti noi, nessuno può più permettersi di delegare questo compito ad altri.
Coordinamento Precari Scuola Ravenna