ANP Lazio: SCHIZOFRENIA PREVIDENZIALE

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ANP Lazio: SCHIZOFRENIA PREVIDENZIALE

Messaggiodi edscuola » 5 marzo 2012, 6:42

CONTINUA INESORABILE LA SCHIZOFRENIA PREVIDENZIALE

La legge 22.12.2011, n. 214, quarta manovra nel biennio 2010/2011, modifica profondamente i requisiti d’accesso nonché le modalità di calcolo delle pensioni.
Tante le novità offerte dall’articolo 24: dall’introduzione per il 2012 del metodo contributivo per il calcolo delle pensioni, all’abolizione delle finestre di uscita inglobate nei nuovi requisiti di accesso, all’aggiornamento dell’età pensionabile fino a 70 anni, all’accesso anticipato alla pensione con 41/42 anni di contributi.
L’età minima per il pensionamento di vecchiaia delle dipendenti private aumenta da 60 62 anni.
Si sposta da 61 a 66 anni la soglia per le dipendenti del settore pubblico e a 66 anni tutti gli altri dipendenti. Anticipate al 2013 anziché al 2015 come precedentemente previsto, le nuove regole sull’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita e bloccate le rivalutazioni delle pensioni oltre il limite di 1441 euro per gli anni 2012 e 2013.
Un nuovo violento stravolgimento, traumatico direi, del sistema previdenziale per il risanamento dei conti che si ripercuote sulla parte più debole della società.
Di tutt’altro segno sono invece le notifiche che in questi giorni stanno pervenendo ai lavoratori della scuola, a seguito di direttive cervellotiche che impongono alle amministrazioni pubbliche di procedere unilateralmente, per il triennio 2012-2014, alla risoluzione del rapporto di lavoro al raggiungimento dei 40 anni d’anzianità contributiva indipendentemente dall’età. Viene così impedito al lavoratore pubblico di permanere in servizio fino a 67 anni.
Trattasi di un vero e proprio licenziamento forzoso per coloro che hanno avuto la “colpa” di iniziare il lavoro in età giovanile. Una “risoluzione forzosa” illegittima che compromette gravemente la libertà di scelta del dipendente, ma che aggrava anche la spesa pensionistica.
In materia previdenziale tante volte la politica economica è stata contraddittoria e paradossale, se non schizofrenica: e gli ultimi fatti ne forniscono un’ulteriore prova. Mentre si innalza decisamente l’età per andare in pensione a domanda, si allontanano d’autorità lavoratori che potrebbero avere anche solo 55-56 anni di età.
Questi ultimi rappresentano una generazione che ha conosciuto il lavoro in età scolare. La maggior parte sono persone vitali ed efficienti, che dovrebbero invero essere incentivate a rimanere in servizio e premiate, perché rappresentano indiscutibilmente una ricchezza di esperienza e contribuiscono al risparmio effettivo sulla spesa pensionistica.
Invece, si manda a casa coattivamente chi vorrebbe restare e si obbliga - altrettanto coattivamente – a rimanere al lavoro chi non ne può più. Un esempio: chi è nato nel 1952 ed era sul punto di maturare il diritto a pensione è obbligato a restare in servizio altri 5/6 anni per riguadagnare quella possibilità da cui lo separavano solo pochi mesi.
Da una parte, si “utilizza” impropriamente il pensionamento per “smagrire” la pubblica amministrazione: ma, così facendo, si fa lievitare la spesa previdenziale. Per rimediare, si innalza bruscamente l’età pensionabile di tutti gli altri. Un serpente che si morde la coda.
Così facendo i conti pensionistici non torneranno mai, mentre il lavoratore continuerà a pagarne le spese!

marzo 2012

Giuliano Coan
esperto previdenziale
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