ANIEF: Graduatorie ad esaurimento

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ANIEF: Graduatorie ad esaurimento

Messaggiodi edscuola » 31 gennaio 2012, 12:56

Graduatorie ad esaurimento: una storia in divenire da dieci anni.

Anief risponde ai diversi interventi suscitati dall’approvazione dell’emendamento al mille-proroghe che inserisce i docenti iscritti ai corsi universitari abilitanti (2008-2009/2010-2011), ricordando come si sono formate le graduatorie permanenti nel 2002 e trasformate fino al 2012.
La legge 124/99 ha previsto un doppio canale di reclutamento, uno riservato agli idonei dell’ultimo concorso a cattedra da inserire in una graduatorie di merito cristallizzata, e uno riservato ai docenti in possesso di abilitazione all’atto dell’aggiornamento da inserire in una graduatoria permanente dinamica, da aggiornare ogni anno, in base ai punteggi valutati secondo una tabella di valutazione dei titoli, ai fini anche del conferimento della supplenza annuale o al termine delle attività didattiche.
Nel triennio 1999-2001, si abilitano quasi 200.000 docenti, grazie alle abilitazioni conseguite al termine dei corsi riservati, alle idoneità conseguite al concorso a cattedra, all’esame di abilitazione conseguito dagli abilitati del I ciclo SSIS. Con decreto del ministro, si decide si collocare in cinque fasce i docenti in graduatoria, secondo l’anno di conseguimento dell’abilitazione. Il Tar Lazio interviene e dichiara illegittima la divisione in fasce. Viene approvata la legge 333/2001 (interpretazione autentica della legge 124/99) che prevede la divisione in due scaglioni, nel I sono inseriti gli abilitati ante anno 1999 (attuali I-II fascia), nel II gli abilitati post anno 1999 e successivi (attuali III fascia). Il Tar Emilia Romagna solleva questione di legittimità costituzionale per la sostituzione delle cinque fasce in due scaglioni, su richiesta degli ex-inseriti nella prima delle cinque fasce, ma la corte costituzionale con sentenza n. 168 del 2004 respinge il ricorso, ricordando come sia illegittimo inserire in cinque fasce i docenti secondo l’anno di conseguimento dell’abilitazione, piuttosto che secondo il merito del punteggio ottenuto.
Il primo aggiornamento delle graduatorie permanenti avviene nel febbraio 2002, quando proprio gli abilitati del primo ciclo SSIS protestano e ricorrono al tribunale, invano, per non fare inserire gli abilitati del II ciclo SSIS, vantando il conseguimento in data anteriore dell’abilitazione.
Dal 2003 al 2007, l’ANIEF – onlus, ottiene l’inserimento sistematico nelle graduatorie, indipendentemente dalla data di approvazione del decreto, degli specializzandi dei cicli successivi al II delle SSIS, sebbene non siano mancate le proteste dei docenti abilitati ai cicli precedenti.
La legge 143/2004 trasforma la supplenza annuale da fattore straordinario in fattore sordinario, decidendo di aggiornare le graduatorie permanenti ogni due anni. In questo modo, si dimentica il carattere eccezionale e annuale della supplenza per ergerlo a modalità ordinaria di funzionamento delle scuole.
La legge 296/2006, trasforma le graduatorie da permanenti ad esaurimento con un piano straordinario di 150.000 immissione in ruolo per eliminare la precarietà alla sua radice, ma non cristallizza alcuna posizione in quanto conferma la possibilità di aggiornare il punteggio ogni due anni e di cambiare provincia all’atto dell’aggiornamento. Cristallizzare, infatti, avrebbe significato fotografare le posizione di ogni docente iscritto all’atto dell’approvazione della legge (dicembre 2006) come per la graduatorie di merito (2001) ed attendere il lento esaurimento, cosa che non è avvenuta, tanto che già nell’aggiornamento del 2007 si prevede il trasferimento da una provincia all’altra.
La legge 169/08 acconsente alle richieste dell’ANIEF – onlus (grazie all’approvazione di un emendamento) di inserire nelle graduatorie ad esaurimento, nel rispetto della normativa richiamata, i docenti abilitati iscritti al IX ciclo SSIS, ai corsi abilitanti attivati analogamente presso le Facoltà di Scienze della formazione, le Accademie e i Conservatori nell’a.a. 2007-2008.
Il decreto ministeriale 42/09 vieta il trasferimento all’atto dell’aggiornamento delle graduatorie per il personale docente già inserito - a cui concede la scelta di ulteriori tre province dove collocarsi in coda, mentre concede ai docenti neo-inseriti la libera scelta della provincia. Anief - Associazione professionale e sindacale ricorre al Tar Lazio per garantire il trasferimento di tutti i docenti inseriti e l’inserimento a pettine.
La legge 167/09 fornisce un’interpretazione autentica della legge 296/06 riguardo al divieto di trasferimento all’atto dell’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento e al collocamento in coda, m è dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 41/2011 del giudice delle leggi che accoglie le richieste di annullamento promosse dall’Anief.
La legge 106/11 rende cronica la precarietà nella scuola decidendo di aggiornare le graduatorie ogni tre anni, quando una direttiva comunitaria afferma l’esatto contrario: con tre anni di contratto su posto vacante e disponibile si deve assumere a tempo indeterminato.
Nella conversione presso la Camera dei Deputati del decreto legge 212/11, Anief ottiene l’approvazione di un emendamento che consente l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento anche dei docenti abilitati, iscritti negli a.a. 2008-2009, 2009-2010, 2010-2011 ai corsi presso le Facoltà di Scienze della formazione, le Accademie e i Conservatori.
Dall’excursus normativo, è evidente che le graduatorie permanenti ancorché trasformate ad esaurimento non hanno perso il loro carattere dinamico, così come è evidente che l’allungamento del periodo di aggiornamento delle stesse graduatorie sia anch’esso un concetto dinamico. Dunque, ne consegue che è legittima la richiesta di chi, pur in possesso da tre anni di un’abilitazione all’insegnamento, a immissioni in ruolo già avvenute, almeno, chieda dal prossimo anno il diritto all’inserimento nella fascia di appartenenza e nella provincia scelta. Ne discende che le graduatorie dovrebbero essere aggiornate ogni anno per assegnare eccezionalmente una supplenza e secondo criteri ispirati al principio meritocratico dove non è l’anno di conseguimento dell’abilitazione ma il punteggio vantato che dà diritto agli accessi ai ruoli. E’ chiaro che se un posto è vacante e disponibile dopo la prima volta dovrebbe essere dato in ruolo e non concesso per un triennio o più in supplenza. Tutto il resto, seppur comprensibile, sfugge alle regole del diritto che hanno orientato ieri come oggi l’azione di chi nell’Anief ha mantenuto una memoria storica degli eventi.
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Proposta di piano di sviluppo economico

Messaggiodi edscuola » 31 gennaio 2012, 12:57

Sindacato: Anief presenta alla Confedir Mit una proposta di piano di sviluppo economico

Per evitare la cassa-integrazione e i licenziamenti, l’abolizione dell’anzianità retributiva, la riduzione dei fonti per le scuole, l’allungamento dell’età pensionabile, l’erosione dei salari, l’aumento dell’inflazione, la svendita degli immobili statali, il sindacato propone un piano di riconversione industriale e riprogrammazione del sistema produttivo, intorno alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale.
In risposta alle sollecitazioni pervenute dalla Confedir Mit, a cui l’Anief aderisce, d sottoporre ai tavoli di concertazione con il Governo, il Ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, dell’Economia e delle Finanze, del Lavoro, della Funzione Pubblica, su ipotesi di sviluppo economico del Paese,
l’ANIEF, considerati i risultati dell’economia italiana inserita nel mercato globale, viste le persistenti speculazioni attuate negli ultimi mesi nei mercati finanziari, preso atto dell’invecchiamento della popolazione italiana, dell’azzeramento del tasso di natalità e dell’aumento della disoccupazione e del lavoro sommerso, ha elaborato il seguente documento con cui invita il Governo a riprogrammare, da subito, con riforme strutturali, il sistema produttivo del Paese intorno a una efficace conservazione e un celere sviluppo del patrimonio culturale, al fine di rilanciare l’economia, produrre ricchezza e mantenere l’attuale welfare, al netto degli sprechi da eliminare e delle evasioni fiscali da individuare. In un mercato globale in cui, infatti, il sistema Italia nella mera produzione quantitativa non può più essere competitivo, bisogna riconvertire le risorse umane e investire quelle materiali sulla qualità del prodotto, intesa nella sua eccezionale unicità. Il paesaggio culturale italiano, risponde a queste caratteristiche nelle sue vesti naturalistiche, artistiche, storiche, che lo rendono unico, simbolo dell’universale umano, degno di una cittadinanza mondiale come lo dimostrano i diversi siti italiani riconosciuti dall’UNESCO.
Questo sforzo di riprogrammazione del sistema produttivo, intorno allo sviluppo dell’attrazione turistica legata al patrimonio culturale, deve coinvolgere il settore pubblico e privato e necessita di una cabina di regia tra tutti gli attori e i settori dell’economia italiana (industria, artigianato, agricoltura, parti sociali, banche, chiesa, etc.) con i ministeri del Lavoro (occupazione), del Turismo (promozione), dei Beni culturali e ambientali (tutela), delle Infrastrutture e dell’innovazione tecnologica (fruibilità), dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (formazione), dell’Economia (utilizzo risorse), al fine di promuovere un’economia durevole in un settore, privo di concorrenza.
Nei secoli, in epoca classica, medievale, moderna, il Paese si è arricchito di monumenti di pregiato valore, ancor oggi poco noti o non debitamente promossi, e si è distinto per l’opera di uomini che hanno segnato il corso della storia in ogni manifestazione dell’animo umano (tecnica, sport, arte, musica, cinema, scienza, design, etc.), si distingue un made in Italy nello stile di vita (ricerca del benessere), nell’alimentazione (dieta mediterranea), in particolari prodotti (moda, macchine di lusso). Tuttavia, proprio il settore del turismo e dell’agricoltura, che potrebbero essere il volano della nostra economia, sono sempre più in crisi, nonostante la creazione di nuovi ricchi in altre parti del globo (Cina, India, Brasile) e l’instabilità politica che ha investito i Paesi turistici limitrofi (v. Primavera araba).
Duemila anni fa, acque termali e strade s’irradiarono dalla nostra Penisola in tutta l’area mediterranea; per secoli, l’Italia è stata favorita dalla sua posizione geografica centrale nell’area euro-mediterranea, per lo scambio di merci, di uomini e di idee tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Oggi, non soltanto si è persa questa cognizione ma anche la percezione del nostro patrimonio storico-culturali. Lo dimostrano la poca attenzione riservata dalla politica nell’ultimo trentennio alla conservazione e alla promozione dei beni culturali: il sistema musivo italiano, per esempio, è ancora sottosviluppato rispetto a quello degli altri Paesi occidentali, le sovrintendenze sono prossime alla chiusura, i laureati in beni culturali sono sempre più disoccupati insieme a quel 10% della popolazione attiva, il 30% tra i 15 e i 40 anni. Anche la produzione agricola è nettamente in calo, proprio quando la domanda di una coltura biologica è in crescita nei Paesi ricchi mentre nei Paesi poveri non viene soddisfatta la domanda di cibo: le campagne sono sempre più abbandonate.
Lo Stato ha tutti gli strumenti necessari per valorizzare questo nostro eccezionale patrimonio culturale, sia in termini di forza lavoro, di intelligenze, di mezzi. Ma il progetto politico deve essere condiviso e necessita di un cambio di rotta epocale nel settore della formazione, dell’istruzione, della produzione industriale. Bisogna partire dall’individuazione, dal recupero, dalla valorizzazione e della promozione del patrimonio esistente con la creazione di parchi e percorsi tematici, musei, e conseguentemente creare o potenziare la ricettività turistica ad esso legata.
In primo luogo, ovviamente, devono essere realizzare le infrastrutture necessarie per rendere fruibile questo patrimonio, con una grande opera di restauro-costruzione di un efficiente asse viario sia stradale che ferroviario, e una capillare presenza di porti e aeroporti, legati a circuiti internazionali.
Senza riprendere la cementificazione selvaggia, anzi, depurando gli ambienti naturali deturpati e salvaguardando la fauna e la flora grazie anche all’ampliamento e a una corretta gestione dei parchi naturali, si può aumentare la capacità ricettiva turistica – presente tutto il corso dell’anno grazie alle favorevoli condizioni climatiche, destinando a tale uso il patrimonio mobiliare dello Stato come nella Spagna del Dopoguerra (per i palazzi nobiliari). In questo modo, le caserme, per esempio, riconvertite in catene alberghiere o bad and breakfast o centri di ristoro possono essere affidate in comodato a privati.
Ogni Comune deve riscoprire la propria identità culturale e deve essere in grado di promuovere la sua immagine all’esterno, diventando co-partecipe con lo Stato degli introiti realizzati dal settore turistico: la riscoperta delle proprie tradizioni culturali (feste, mostre, rappresentazioni, promozione delle opere realizzate dagli illustri concittadini, maestranze) deve essere un imperativo categorico. I centri storici devono essere chiusi e forniti di aree commerciali no tax dove poter acquistare i numerosi prodotti made in Italy con il marchio doc. Ogni luogo deve poter esser compreso nella sua unicità anche attraverso il reclutamento di apposite guide turistiche.
La promozione della dolce vita, stereotipo dell’immagine dell’italiano nel mondo, che riproduce il vecchio mens sana in corpore sano deve essere accompagnato da una rinnovata attenzione all’attività sportiva, alle manifestazioni artistiche, al welness, alla tutela del patrimonio naturalistico e a un sapiente utilizzo del paesaggio agrario, da cui ricavare sia prodotti doc sia prodotti di massa contro le carestie.
L’energia rinnovabile deve soddisfare progressivamente il nostro fabbisogno energetico, attraverso un massiccio utilizzo dell’eolico o del solare e una riduzione drastica dell’inquinamento, grazie ad opportuni incentivi. A tal proposito, devono essere incentivati, nel paesaggio umano, gli agriturismi, mentre deve essere riprogrammata la produzione di auto elettriche e di mezzi pubblici idonei a disincentivare l’utilizzo di auto inquinanti (piste ciclabili, aree pedonali).
Deve essere promossa adeguatamente la nuova immagine del Paese all’estero, attraverso le ambasciate, i consolati, gli istituti di cultura e le comunità italiane residenti, i canali mediatici e il web, al fine di rendere percepibile e apprezzabile il valore multiculturale del nostro paesaggio.
Bisogna preparare corsi di formazione professionale per tutta la popolazione, dai disoccupati ai commercianti e imprenditori, nonché ai dirigenti al fine di potenziare l’aspetto culturale sotteso alla riscoperta della nostra identità, da promuovere nei confronti dell’utenza finale. Sarà necessario programmare una massiccia opera di alfabetizzazione linguistica (lingue straniere) e telematica, di cura del territorio anche nella gestione dei rifiuti (riciclaggio, bio-degradabile, ecologico) e nell’accoglienza, per sviluppare la capacità attrattiva che deve contraddistingue la nostra economia.
Dopo le ennesime misure esattoriali, necessarie per l’ennesimo attacco speculativo nella borsa, così come approvate nel decreto Salva-Italia, risulta ora necessario riprogrammare il nostro sistema produttivo perché non è più possibile con provvedimenti tampone eliminare progressivamente tutti i diritti maturati nel corso di anni.
Siamo pronti su questi temi a confrontarci, le risorse non mancano ma il tempo si. La scommessa potrebbe racchiudersi in uno spot: riscoprire la cultura di ieri per costruire il futuro del domani.
Un recente studio di un grande gruppo bancario italiano ha dimostrato come ogni 100 euro investiti dallo Stato nel patrimonio culturale, producono 140 euro di guadagno per i privati. Un dirigente di quel gruppo, l’attuale ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture, proprio in quei giorni aveva rilasciato un’intervista in cui dichiarava che se fosse stato il presidente del Consiglio avrebbe investito il 40% delle economie realizzate dalle tasse nello sviluppo del nostro patrimonio culturale. E’ ora di agire per riscoprire nell’umanesimo della nostra civiltà la luce per uscire dal tunnel.
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