GISCEL: SULL'IMPIEGO DELLE PROVE INVALSI

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GISCEL: SULL'IMPIEGO DELLE PROVE INVALSI

Messaggiodi edscuola » 12 dicembre 2011, 23:56

GISCEL
Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica
costituito nell’ambito della Società di Linguistica Italiana
Il GISCEL è un’associazione di insegnanti interna alla Società di Linguistica Italiana (SLI). Il suo manifesto sono le Dieci Tesi per l’educazione linguistica democratica. L’associazione persegue l’obiettivo di studiare i problemi teoretici e sociali dell’educazione linguistica allo scopo di rinnovare i metodi e le tecniche dell’insegnamento linguistico e promuove iniziative per dare impulso allo studio, alla ricerca, alla formazione dei docenti. È accreditata come ente di formazione dal MIUR e collabora al Piano Nazionale Poseidon.
Sull’impiego delle Prove INVALSI (5 dicembre 2011)
Il Giscel esprime viva preoccupazione per il proposito, annunciato nella Lettera di intenti del Governo all’Unione Europea (26-11-2011), di definire per l’anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per le scuole “con risultati insoddisfacenti” sulla base delle prove INVALSI. Nel documento si legge testualmente: "L'accountability delle singole scuole verrà accresciuta (sulla base delle prove INVALSI), definendo per l'anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti."
Siamo consapevoli del fatto che le prove INVALSI, così come sono organizzate attualmente, sono funzionali sia a una valutazione globale ‘di sistema’ - che si può però estendere sino alla comparazione fra i risultati ottenuti da scuole dal background ambientale (socio demografico) analogo, ma non oltre - sia soprattutto a una valutazione degli apprendimenti che, integrando il punto di vista specifico del docente con dati esterni, può servire alla singola scuola per una propria diagnosi interna e per un proprio programma di miglioramento, liberamente deciso e attuato grazie all'autonomia delle Istituzioni scolastiche. Tuttavia, per valutazioni così complesse come quelle necessarie a definire con sufficiente attendibilità ‘soddisfacenti’ o ‘insoddisfacenti’ i risultati di una scuola e misurare il cosiddetto "valore aggiunto" apportato dalla scuola stessa rispetto ai livelli di partenza, non solo le prove così come sono strutturate attualmente sono assolutamente inadatte, perché per l'appunto perseguono altri scopi, ma andrebbe riprogettato anche il disegno generale, il quadro dei campi d’applicazione (le materie), la metodologia della somministrazione e di elaborazione: tutto l’iter, insomma. Nel chiedere all'INVALSI conferma della distinzione che c'è e deve esserci tra la valutazione degli apprendimenti e la valutazione avente ad oggetto docenti e scuole, distinzione già espressa del resto in varie sedi proprio dall’INVALSI, ci domandiamo se l’INVALSI stesso condivida questo impiego dei dati ricavati dalle prove di valutazione degli apprendimenti.
Il Commissario UE agli Affari economici ha chiesto al nostro Ministro dell’Economia “quali caratteristiche avrà il programma di ristrutturazione delle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti ai test INVALSI?”. È la domanda che anche questa Associazione si fa, ben consapevole che l’impegno per un tale compito sarebbe economicamente gravosissimo, di difficile applicazione, molto incerto quanto a risultati. Infatti:
a) Risulta che in nessuno dei Paesi che hanno adottato un sistema di valutazione/rendicontazione come quello qui prefigurato si siano ottenuti risultati sicuramente positivi.
b) Risulta che i costi siano assolutamente proibitivi: esperti internazionali sulla valutazione di sistema informano che negli Stati Uniti, per le sole scuole elementari, sono stati stanziati 25 miliardi di dollari. Un ordine di grandezza inimmaginabile, per l’Italia e in particolare per la scuola italiana, oggi.
c) Le prove INVALSI sono attualmente costruite e somministrate ‘al risparmio’, contando sulle poche forze di un Istituto che in larga parte utilizza personale precario e sull’impegno volontario degli insegnanti, ad esempio per la correzione delle prove. Se le prove diventeranno determinanti per decidere le sorti di una scuola bisognerà necessariamente seguire procedure diverse: addestrare, impiegare e pagare personale esterno, numeroso e competente, sia per la somministrazione sia per la correzione delle prove. Con spese, anche in questo caso, attualmente insostenibili.
d) Per valutare l’operato di una scuola non sarebbero certo sufficienti test di italiano e matematica, ma si dovrebbero estendere le prove a tutte le materie insegnate (o almeno alla maggior parte di esse).
e) Anche le prove attuali di italiano e matematica sarebbero insufficienti. Per l’italiano, ad esempio, si misurano oggi competenze relative alla riflessione sulla lingua e alle competenze di lettura e comprensione; sarebbe indispensabile allargare il campo almeno alle competenze di scrittura, di ascolto e di parlato, settori per i quali – per vari motivi - non si dispone al momento di strumenti utili per testing a largo raggio.
f) Nel caso di utilizzazione punitiva dei test i problemi più difficili nascerebbero dalle ovvie strategie difensive che qualunque scuola adotterebbe (e che già si riscontrano episodicamente oggi, pur in assenza di minacce): dall’alterare la composizione delle classi, favorendo assenze strategiche da parte degli alunni più in difficoltà, all’incremento delle bocciature per evitare di avere classi con "casi difficili" (è accaduto in Francia, dove la pubblicazione di un ‘palmarès des lycées’ ha provocato un aumento molto significativo dei ripetenti nei tre anni di liceo), sino alla connivenza con operazioni irregolari - suggerimenti, copiature - chiaramente diseducative, e al caso estremo di scoraggiamento, o di rifiuto dell’iscrizione ad alunni in particolare difficoltà. Giudichiamo questa una prospettiva degradante e umiliante per la scuola italiana, che, come vuole la Costituzione e come questa Associazione sostiene da quasi quarant'anni, deve essere democratica, deve essere la scuola di tutti e di ognuno.
g) Le conseguenze sulla vita scolastica quotidiana sarebbero devastanti: è facile prevedere – anche questo si verifica già ora, sia pure episodicamente – una riorganizzazione didattica basata sul mero addestramento alle prove INVALSI: che è una didattica di tipo pavloviano, a nostro avviso non solo non educativa ma anti-educativa.
Rileviamo infine con amarezza che, quand’anche non andasse a compimento l’iniziativa ministeriale, il solo effetto-annuncio di un coinvolgimento dell’INVALSI in questa operazione rischierebbe di modificare in modo negativo il comportamento di dirigenti e insegnanti, sino ad ora sereno e collaborativo nella grande maggioranza dei casi, e di bloccare lo sviluppo di una cultura della valutazione per cui da più parti tanto si è lavorato in questi anni.
Abbiamo sempre pensato che l’autonomia dell’INVALSI, le ragioni della sua istituzione e del suo funzionamento, la specificità e i limiti del suoi compiti fossero le sue stesse ‘virtù’. Per questo riteniamo che ogni ristrutturazione o snaturamento della sua funzione dovrebbero essere attentamente ripensate, discusse e decise - oltre che con il MIUR - con il mondo della scuola, con i suoi operatori, con le associazioni professionali. Tutto questo per non accrescere disagi, confusione, incertezze in un mondo – quello della scuola – che già oggi vive situazioni di disorientamento e di diffusa sofferenza.
Il GISCEL, nella sua qualità di Associazione professionale, invita il MIUR e i responsabili dell’INVALSI a farsi interpreti delle preoccupazioni espresse in questa lettera e a operare perché si arrivi a fare chiarezza intorno a questioni vitali per la scuola, per gli insegnanti, per la società civile.
GISCEL - Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica (www.giscel.org)
Segretario nazionale: Maria Antonietta Marchese, mariaantonietta.marchese@istruzione.it; antonella.marchese@alice.it.
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