CESP: Comunicato 27 novembre 2008

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CESP: Comunicato 27 novembre 2008

Messaggiodi edscuola » 27 novembre 2008, 8:36

Coord. Nazionale in difesa del Tempo Pieno e Prolungato

Contrastare la politica scolastica della Gelmini e difendere il vero Tempo Pieno

Cosa intendiamo noi con il termine Tempo Pieno

Il Tempo Pieno è un modello di scuola nato sperimentalmente con la Legge 820 del 1971 e poi cresciuto nel ventennio successivo fino a coprire circa il 20% delle scuole elementari italiane.

La classe a tempo pieno funziona per 40 ore di scuola settimanali ed è affidata a due docenti contitolari che hanno a disposizione 4 ore di compresenza.

Dal 1990 l’espansione del modello è stata bloccata e negli anni del ministro Moratti si è tentato di trasformare il Tempo Pieno in una somma di ore (27 obbligatorie + 3 facotative + fino a 10 per mensa e dopomensa) distruggendone di fatto l’impianto unitario. Le lotte dei genitori e degli insegnanti hanno permesso nella gran parte dei casi una resistenza che ha avuto successo e che ha poi trovato una sponda normativa nella nuova legge 176/2007: essa reintegra il Tempo Pieno come modello di scuola, anche se la sua esistenza rimane sempre subordinata alla disponibilità di organico.



Cosa intende il governo in carica con il termine Tempo Pieno

Le numerose uscite pubbliche del ministro Gelmini e di Berlusconi sul Tempo Pieno non devono ingannare: quello che hanno in mente non è il modello didattico a 40 ore con due insegnanti e compresenze! Questo è chiarissimo. Prima di tutto le compresenze nel loro progetto sono eliminate in ogni situazione ("Superamento delle attività di co-docenza", Schema di Piano Programmatico). Poi il modello di scuola cui vogliono uniformare la scuola italiana è quello con il maestro unico o prevalente, quindi la titolarità della classe rimarrà a solo un docente che potrebbe insegnare al mattino. Infine l’arco temporale di funzionamento della classe a “Tempo pieno” modello Gelmini potrà arrivare a 40 ore ma potrà anche ridursi progressivamente avvicinandosi alle 30 settimanali (eventualmente integrate da interventi di privati finanziati dai genitori e dalle amministrazioni comunali o interamente a carico dei genitori).

Nelle conferenze stampa abbiamo avuto conferma che nel progetto dei legislatori le attività del mattino e quelle del pomeriggio non hanno pari dignità, ma che al pomeriggio gli alunni faranno i compiti e attività ricreative (“ore di lezione per fare i compiti […] il doposcuola dei nostri tempi”, Berlusconi, 22 ottobre 2008). In pratica quando Gelmini e Berlusconi parlano di Tempo Pieno intendono il Doposcuola degli anni Sessanta del secolo scorso: qualche compito, qualche gioco, un parcheggio che in alcuni casi potrà essere finanziato in parte con fondi pubblici, in parte a carico delle famiglie.



Come avverrà probabilmente il tentativo di applicazione di questi cambiamenti?

Presumibilmente nelle prossime settimane il governo tenterà di varare i regolamenti applicativi di questa legge. Il suo fine è rendere praticabile il taglio degli insegnanti previsto nei prossimi 3 anni (in realtà diventeranno 5 per completare il ciclo) nella legge 133.

In quali situazioni concrete ricadranno queste ondate annuali di tagli però non lo sa bene neppure il governo (e non è elemento che gli interessi minimamente). Infatti se riuscirà a rendere operativi i regolamenti per il periodo della destinazione di organico (pressappoco marzo) avrà raggiunto il suo scopo. Toccherà poi alla catena di comando suddividere questa quota insufficiente di insegnanti tra le regioni, tra le province e poi tra le singole istituzioni scolastiche. Sarà solo a quel punto che le scuole si ritroveranno a fare i conti con gli insegnanti in meno e a vivere la distruzione della scuola pubblica contro cui stiamo scendendo in piazza quotidianamente.

Facciamo l’esempio di una scuola con due sezioni a tempo pieno che quindi funziona quest’anno con 20 insegnanti di classe, un insegnante di religione, un insegnante specialista di inglese. Il prossimo anno sulla base del piano governativo potrebbe avere solo 18 insegnanti e perdere anche l’insegnante specialista. E’ evidente che in queste condizioni (senza contare l’aumento di alunni per classe) non si potrebbe parlare più di tempo pieno… Ma non per Gelmini-Berlusconi! Infatti nelle prime andrebbe un insegnante fisso al mattino a coprire 22 ore; la cancellazione delle compresenze di tutti gli altri docenti produrrebbe in tutto 32 ore che usate in collage sulle mense e sui pomeriggi delle prime porterebbe l’apertura a 38 ore. Le ultime due ore sarebbero agevolmente svolte dall’insegnante di religione senza preoccuparsi di chi decidesse di fare attività alternativa.

Un’altra sistemazione di questo Tempo Pieno alla Gelmini-Berlusconi potrebbe essere: 10 docenti prevalenti che fanno 22 ore in classe; 8 docenti che spalmerebbero le loro ore sui pomeriggi di 2 classi tra mensa e compiti; le ultime 4 ore come prima coperte dall’insegnante di religione oppure con una riduzione dell’orario pomeridiano delle classi prime di due ore un giorno alla settimana. A tutto ciò si deve ovviamente aggiungere la problematica dell’inglese (insegnamento da parte dei non abilitati, corsi obbligatori, scambi acrobatici di classi per massimizzare l’utilizzo di chi ha l’abilitazione)

Come si vede questo caos organizzativo e didattico è lontanissimo dal Tempo Pieno della legge, ma è coerente con ciò che stanno promettendo dal governo: un becero doposcuola di pessima qualità. Inoltre questa simulazione misura l’impatto del primo anno di tagli, ma a regime (cioè tra 5 anni) le cose andranno molto peggio: l’apertura pomeridiana dovrà passare in parte ai privati, oppure dovrà venire ridotta (ad esempio a 35 ore).



Cosa possiamo fare

Questa è una battaglia che non si vince da soli: o vinciamo tutti insieme e respingiamo il tentativo di distruggere scuola e università e di privatizzarle, oppure la mazzata sarà talmente grande sull’intera società che sarebbe risibile pensare alla salvezza della propria scuola o alla propria classe.

Però è anche vero che molte delle iniziative che si devono fare per contrastare questo attacco vanno fatte a livello locale, scuola per scuola, genitore per genitori, per spiegare, contestare, ostacolare lo zelo dei dirigenti e dei colleghi, pretendere i diritti che ancora ci rimangono e denunciare chi ce li toglie ingiustamente.

Un momento fondamentale di questa battaglia si concentrerà in occasione delle iscrizioni, a partire dalle riunioni indette dai dirigenti, dalla formulazione dei modelli di iscrizione, dalla compilazione di modelli di garanzia per richiedere il Tempo Pieno secondo le caratteristiche della legge 176/2007 e per richiederne la conferma dove c’è attualmente, passando per iniziative di coinvolgimento (o contestazione) degli enti locali al fine di porre in evidenza le contraddizioni e le aberrazioni di questo progetto Gelmini-Tremonti.

I comitati che nel passato hanno praticato tale lotta sanno già che da dicembre diventerà quotidiana e che la sensibilizzazione anticipata dei genitori e degli insegnanti, la raccolta di contatti con i giornali locali, la pressione su assessori e dirigenti farà la differenza.



Come Coordinamento Nazionale in Difesa del Tempo Pieno e Prolungato abbiamo indetto una riunione nazionale, sabato 29 novembre dalle ore 10 a Bologna, per confrontarci sui materiali messi a punto per questa battaglia, per coordinarci, per tentare una diffusione più ampia possibile.

Invitiamo ad essere presente chiunque – insegnante, genitore, studente/essa, cittadino/a – sia interessato a portare il proprio contributo.





COORDINAMENTO NAZIONALE IN DIFESA
DEL TEMPO PIENO E PROLUNGATO
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