CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 12 marzo 2008

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CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 12 marzo 2008

Messaggiodi edscuola » 13 marzo 2008, 8:50

Società italiana e costituzione repubblicana, 60 anni per la libertà: per riflettere

Per la nostra armoniosa esistenza nella Repubblica Italiana, si sono realizzate due magnifiche condizioni, la nostra nascita e la nascita della Carta Costituzionale.
Perché ognuno di noi si potesse rendere parte dell’ampia assimilazione di queste importanti condizioni, ho incominciato, da qualche mese, a riflettere sul 60° compleanno della nostra Carta Costituzionale.
Ora prima che, quale responsabile sindacale, mi introduca nella riflessione dei principi costituzionali inerenti la conformazione del rapporto di lavoro (articoli dal 35 al 47), onde evitare l’insorgere di nuove eventuali fobie riformistiche antistoriche al riguardo, trovo utile dover ricordare per tutti, le connessioni giuridiche che intercorrono tra il combinato disposto dell’art. 4 e del successivo art. 23 della nostra Carta Costituzionale.
L’art. 4 a tutti gli addetti, politici, sindacalisti, economisti, datori di lavoro pubblici e privati, così detta: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Completa questo principio generale, il contenuto del successivo art. 23 della stessa Carta Costituzionale, allorché, nel titolo “rapporti civili”, legifera che nessuna prestazione personale può essere imposta, se non in base alla legge.
Appare chiaro ed evidente che la nostra Carta Costituzionale, non ammette tentennamenti in ordine al fatto che il cittadino italiano, abbia diritto a svolgere un lavoro e che questo lavoro, lo debba svolgere solo in ordine ad una prestazione stabilita dalla legge.
In sostanza, il cittadino di una Repubblica civile, quale pretende essere la nostra, per condurre la sua civile esistenza, deve avere un lavoro da svolgere senza soluzione di continuità ed in piena trasparenza nella determinazione della relativa prestazione e controprestazione, mentre la Repubblica deve togliere ogni ostacolo, affinché queste condizioni di civiltà si concretizzino.
Nella prima fase di applicazione, dei detti principi costituzionali, all’andamento della vita dei cittadini italiani, affinché essi vivessero sempre di più in condizioni di civiltà, non ci furono molti dubbi perché tutti gli addetti si dedicassero a rendere reali questi principi, nella conformazione dei rapporti di lavoro.
Oggi pare che insorgano delle indecisioni al riguardo, per cui irrompe quanto mai essenziale riflettere sulla squisita enunciazione di questa articolazione di umana conviviale esistenza.
Infatti appare molto chiaro che il lavoro oggi, per fini essenzialmente speculativi, da parte di tutti gli addetti, viene fatto sparire dalla normale concezione del rapporto lavorativo voluto dalla nostra Carta Costituzionale.
Si è costretti a registrare, al riguardo, più di una volta, in questi ultimi tempi che il lavoro in quanto tale determinato costituzionalmente, viene fatto sparire quale diritto consolidato in testa al cittadino italiano e fatto riapparire quale prestazione saltuaria non più dovuta dalla persona a cui è stato tolta, ma da altri individui che la devono rendere con forme retributive che rasentano la schiavitù.
E’ l’alchimia del libero mercato questa, la quale porta alla massimizzazione dei profitti per la ricchezza dei pochi ed all’impoverimento dei tanti.
Lo storico Eric J.Hobsbawm, nel suo trattato di storia “Il secolo breve 1914/1991)”, esaminando l’effetto di questo evento a livello di economia mondiale in ordine all’allargarsi irreversibile del fossato tra paesi ricchi e paesi poveri, accelerato dall’impatto disastroso degli anni ’80, così si
esprime: “l’idea, tipica dell’economia neoclassica, che il commercio internazionale illimitato permetterebbe ai paesi più poveri di avvicinarsi a quelli ricchi, cozza contro l’esperienza storica come pure contro il senso comune”.
E tra le altre considerazioni pone come azione fondamentale diretta alla concretizzazione di questi divari, l’uso incondizionato che fa, la concezione liberista del mercato, della tecnologia che continua ad espellere dalla produzione di beni e servizi il lavoro umano, “senza procurare” nota lo storico, “nello stesso settore abbastanza lavoro per gli espulsi dal circuito produttivo e senza neppure garantire un tasso di crescita economica sufficiente ad assorbirli in altri settori”.
Certo che di fronte a questa carenza di produzione di lavoro, a meno che non vogliamo disinteressarcene a livello di ogni responsabile della nostra società, ed in particolare in Italia, senza però fare proclami e solo proclami, denunciando populisticamente che la maggior parte dei cittadini italiani, hanno risorse economiche per raggiungere solo i tre quarti del mese, la Repubblica non può rimanere inerme.

La carta Costituzionale impone alla Repubblica e quindi a color che sono demandati a realizzarla in ogni singolo settore della nostra vita civile, di rimuovere tutti gli ostacoli perché il lavoro sia la base sulla quale il cittadino possa poggiare la sua necessaria dignitosa esistenza, per poter essere considerato cittadino.
Ed in proposito di rimozione degli ostacoli, mi piace concludere ore con la esposizione dell’art,. 9 della Carta Costituzionale che così recita: “La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico della Nazione”.
E stante le condizioni così decrepite dello stato attuale della nostra cultura che la si può definire solo elitaria, nonché delle nostre scienze, del nostro patrimonio artistico e storico, la Repubblica, o meglio color che sono in ogni ordine e grado a rappresentarla, promuovano lo sviluppo di questi beni affinché essi diventino economicamente utili, con la promozione della loro offerta, e con l’attuazione di posti di lavoro.
Tutto in armonia con l’azione di rimozione degli ostacoli alla crescita del lavoro, come vuole appunto l’art. 4 della Carta Costituzionale.
Infatti, riflettendo, questa, in tutti i suoi disposti, fino a questo punto esaminatali ed in quelli da esaminare, è tutto un infuso di sani principi votati a rendere sempre presente nella società italiana il lavoro per la civile esistenza del cittadino, perché solo il lavoro è segno di libertà e di democrazia.

Dott. Giacinto Sica
Segretario generale CISAL Lombardia
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