60 anni di libertà: per riflettere
Nelle precedente riflessione sui principi costituzionali della nostra Repubblica, avevo rappresentato di voler effettuare una serie di interventi, per commemorare il sessantesimo anniversario della nascita della nostra Carta costituzionale, rispettando l’ordine numerico di tutta la sua articolazione.
Tuttavia data la precarietà della gestione della cosa pubblica, cui da un po’ di tempo ci hanno abituato i nostri rappresentanti mandati ad amministrarla, mi appare opportuno di riflettere subito, sul combinato disposto dell’art. 54 e dell’art. 3, di questa nostra fonte generale di principi legislativi.
L’art. 54 al Titolo IV “rapporti politici”, della nostra Costituzione Repubblica così legifera: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore,………".
Al riguardo vedo però che, in questi ultimi tempi, la Carta Costituzionale, o per via di iniziative poco conformi al diritto alle uguaglianze, o per mistificazione del pluralismo dell'informazione, o per saccenti concepimenti di essere cittadini superiori, impossibilitati a sbagliare, viene trattata come carta qualunque, mentre da parte di tutti si dovrebbero porre in essere tutte le iniziative per la tutela delle sue democratiche enunciazioni di libertà.
E il principio costituzionale scritto nel suddetto articolo 54, mi appare, infatti, fondamentale nel stabilire una sana trasparenza dei rapporti quotidiani tra i cittadini comuni e quelli che vengono demandati a gestire la cosa pubblica o attraverso incarichi burocratici o attraverso incarichi politici.
Questo principio, in sostanza, vuole dire a coloro che tali incarichi vanno a rivestire, di mettere in essere, nel corso del loro mandato, comportamenti improntati a netta rettitudine e trasparenza, senza alcuna remora e che, diversamente, il principio stesso viene ad esser eluso.
Ovviamente questo comporta che, coloro i quali non si sappiano rendere partecipi del declamato virtuoso impegno con cui la Costituzione Italiana, vuole che debbano essere adempiuti i compiti istituzionali amministrativi e politici inerenti la gestione della cosa pubblica, debbono convincersi di abbandonarli senza troppo rumore, o di non rendersi disponibili, all’inizio, ad accertarli.
In sostanza la Costituzione Italiana dice che quando i cittadini si affidano ad altri cittadini per essere rappresentati nella gestione della cosa pubblica, tengono conto che questi siano uomini capaci di adempiere, serenamente, tale delicato compito e che nella continuità dell' adempimento, essi rimangano ancorati alla dignità che la fede pubblica in essi ripone, senza incorrere in errori perseguibili per legge.
E i padri della Costituente non avevano neanche prevista l'ipotesi di immunità per le persone chiamate a così alte cariche, perché ovviamente non era affatto ipotizzabile che ad esse potessero accedere cittadini non preparati in tal senso.
E' peculiare ed è dogmatico quindi che non solo prima dell'affidamento del mandato, ma anche per tutto il corso del mandato stesso, l'incaricato della gestione della cosa pubblica, non può vacillare nei suoi comportamenti, perché non può fare altro che rendersi parte trasparente del mandato cui si propone e quindi svolgerlo con “disciplina e onorabilità” come sopra evidenziato.
Ed al riguardo ritengo utile a questo punto riportare un sano concepimento che viene, come al solito da lontano e soprattutto da quella nostra storia romana, che oggi si vuole nascondere ai più giovani, forse proprio per timore delle nobili entità di essenze umane in essa vissute.
E’ una esaltante parte del discorso che Caio Mario pronuncia in occasione della sua prima elezione a Console di Roma, nel 107 a.C. allorché comincia
dire: “Io so o Quiriti che i più non vi chiedono alla stesso modo il potere e poi, dopo averlo ottenuto. (allo stesso modo), lo esercitano. Da prima sono attivi e supplichevoli, poi passano la vita politica tra l’ignavia e la superbia. Ma per me è il contrario. Infatti quanto più vale l’intera Repubblica, come il Consolato e la Pretura, tanto più quella deve essere amministrata con maggiore cura di quanto si devono chiedere questa cose. Né sfugge quanto grande incarico io sostengo insieme alla vostra importante concessione”…………..e continua per serietà d’intenti: “E’ più difficile di quanto si creda contemporaneamente, preparare la guerra, fare economia sulle spese pubbliche, costringere al servizio militare quelli che non vogliono, curare ogni cosa all’interno e all’esterno e fare tutto tra invidiosi e faziosi. Ma sono riposte in me stesso tutte le speranze che quelle cose sia necessario difendere con valore ed integrità”…………….”capisco che gli occhi di tutti sono rivolti su di me, che i buoni e i giusti mi favoriscano, affinché la mie azioni giovino alla Repubblica, anche se i nemici cercheranno il momento opportuno per colpirmi. Infatti mi devo impegnare intensamente perché voi non rimaniate delusi e perchè quelli falliscano”.
E questo il nucleo di un discorso che in sintesi dai padri costituenti, magnifici studiosi e redattori della nostra Carta Costituzionale, hanno in sintesi riprodotto nell’art. 54 della Carta stessa, laddove, ovviamente, viene anche sotteso che il cattivo svolgimento dei compiti affidati nel mandato, non può passare inosservato, qualora ne derivino illusioni per i cittadini, perchè torna ineluttabile, in caso di errori, l’integrazione, a questo principio, prevista dall’art. 3 della stessa nostra Carta costituzionale che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
E' un sano insegnamento di repubblicana democrazia questo, il quale non può non stratificare il sentimento di tutti coloro che partecipano alla democrazia stessa, perché il rispetto delle regole democratiche come quelle vigenti, fa crescere serenamente gli uomini e non concretizzano quei rancori che, alla fine, portano a quei disquilibri politici che possono sfociare facilmente nella dittatura.
E' la riflessione su questo incommensurabile insegnamento che deve essere messo alla portata di tutti, fin da quando si nasce, nella famiglia e quindi nella scuola, che sfruttando i mezzi di comunicazioni di massa, deve portare negli animi il principio che le regole scritte e non scritte democraticamente consolidate, vanno assolutamente rispettate e non eliminate se non fanno comodo a interessi particolari.
Dott. Giacinto Sica
Segretario Generale CISAL Lombardia