Legge Stabilità, l’Anief respinge mobilità e cassa integrazione personale in esubero
L’Anief reputa inaccettabile il ricollocamento professionale forzato di circa 10 mila docenti e alcune centinaia di unità di personale Ata in esubero, previsto dal disegno di legge in materia di stabilità varato dal Governo il mese scorso ed integrato dal maxi emendamento, su indicazione dell’Ue, che nelle prossime ore dovrebbe essere approvato definitivamente alla Camera.
La possibilità di attuare la mobilità territoriale e il ricorso alla “cassa integrazione”, sino all’ipotesi del licenziamento - dopo due anni di messa in disponibilità con il diritto a un'indennità pari all'80% dello stipendio – , vengono considerate dal sindacato manovre inique perché introducono nel pubblico delle norme applicate nel comparto privato “dimenticando” però fondamentali regole del mercato del lavoro. Ad iniziare da quelle che impongono in primo luogo il licenziamento dei manager di azienda, responsabili della mancata produzione.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, “dovremmo rimuovere i ministri, i direttori generali, i dirigenti scolastici che non hanno reso efficiente il sistema scolastico, prima di infierire sui professionisti della scuola, ovvero sul personale docente o assistente tecnico-amministrivo. Perché allora – chiede il sindacalista - assumere nuovo personale quando si licenzia quello in servizio, perché si sono cancellati i docenti di ruolo dalle Gae quando potevano essere ricollocati o si è bloccata la mobilità del personale neo-assunto quando poteva essere trasferito da una regione all'altra, senza essere ostaggio dello spostamento demografico della popolazione e della sfortunata assunzione in una zona oggetto di emigrazione?”.
Il leader dell’Anief sostiene che “a queste domande, dovrebbero rispondere i nostri Parlamentari che purtroppo sono stati chiamati a votare a scatola chiusa la recente Legge di Stabilità sotto la pressione dei mercati. In assenza di risposte – conclude Pacifico - ricorreremo alla magistratura, unico baluardo del diritto di fronte alla mortificazione del lavoro”.