A. E. S. P. I.
UN ALTRO ANNO DA COMPRIMARI
Chi, negli anni passati, aveva sperato per i docenti della scuola italiana uno stato giuridico
diverso e una migliorata condizione professionale, deve oggi fare i conti con la più amara
disillusione.
Il quadro normativo che regola i vari aspetti della professione non si è giovato di alcuno
sviluppo, anzi, se si pensa all’accresciuto potere sanzionatorio dei Dirigenti, si deve
constatare il suo appesantimento.
Parole come Ordine professionale, Albo, Codice deontologico, area contrattuale
autonoma, che ancora sette-otto anni fa erano ricorrenti nei comunicati delle Associazioni
e si sostanziavano in proposte di legge trovando sponda in autorevoli esponenti politici,
sono oggi assenti dal dibattito sulla scuola. La Proposta di Legge n. 953, presentata nel
maggio 2008 dall’On. le Aprea e che riprendeva (peraltro in modo assai discutibile) alcune
di queste idee-forza, riposa in qualche cassetto della Camera dei Deputati dal quale
attende di essere dissepolta se non altro per essere occasione di un utile dibattito.
Anche chi ha perseguito un miglioramento della condizione docente attraverso una strada
diciamo così più tecnicistica (quella che passa per la valorizzazione dell’autonomia
scolastica, lo sviluppo della carriera, l’articolazione delle funzioni, la modifica degli
organismi collegiali, la rimodulazione delle valutazioni, le certificazioni della qualità) non ha
motivo di esultare.
Prevalgono oggi approcci e preoccupazioni di natura assistenziale-quantitativa, anche se
sovente gabellati come afferenti la “qualità” della scuola; prevale insomma la consueta
linea sindacale incentrata sulla difesa degli organici, delle retribuzioni, del tempo-scuola,
del diritto al pensionamento precoce.
Almeno – si vorrebbe chiosare – tale linea producesse, nel suo ristretto raggio d’azione,
qualche risultato! In realtà la durissima contingenza economica nazionale ed
internazionale costringe i sindacati su una assai malferma linea difensiva, e soprattutto
relega i docenti italiani (la “categoria”, secondo il lessico sindacalese, cui sono associati
anche amministrativi e bidelli) in una situazione retributiva bloccata e senza visibili vie
d’uscita. Il motivo del contendere è in questo momento non un sia pur modesto
incremento delle retribuzioni, ma la possibilità della conservazione degli “scatti” già
previsti dai contratti nazionali: insomma una battaglia di retroguardia senza la gloria del
Ponte della Beresina. E c’è da aggiungere che i sindacati della scuola non sembrano
dolersi troppo della descritta situazione, forse paghi di mantenere, se non di incrementare,
il loro potere pervasivamente infiltrato in tutti i gangli dell’Amministrazione centrale e
periferica.
Una compiuta valutazione delle riforme attuate dal presente Governo esula evidentemente
dai limiti di questo documento. AESPI le ha peraltro sempre considerate con attenzione e
talvolta ne ha esplicitamente approvato i contenuti (ad esempio a proposito della norma
sul cosiddetto maestro unico). Si deve però riconoscere che gli interventi legislativi nel loro
complesso hanno toccato la struttura dell’istituzione ma si sono in gran parte
Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante
Corso Buenos Aires, 2 – 20124 MILANO
Tel. : (++39)0289451825
Fax : (++39)026430486
E-mail: eurduemila@tiscali.it
http://www.aespi.org
disinteressati degli attori, come fa un medico che limita il proprio intervento su un corpo
malato all’apparato scheletrico, trascurandone la carne e il sangue.
Così, anche quei provvedimenti che sembravano più direttamente inerenti alla funzione di
insegnante e parevano averle restituito un po’ di autorevolezza (ci si riferisce alla
normativa sul voto di condotta e sugli scrutini finali) sembrano invece rivelarsi strumenti
non utilizzati se è vero, come risulta dai dati recentemente forniti dallo stesso Ministero,
che il numero degli studenti non promossi è dall’anno scolastico 2008/09 in costante
calo.
Il problema non è dunque tanto la qualità dello strumento messo a disposizione, ma
quella di chi lo stringe nella sua mano. Se quest’ultimo considera la professione come un
mero rimedio alla disoccupazione, come una fuga dal precariato, come la conquista del
pane quotidiano, se è privo di un’intima appassionata motivazione per ciò che fa, il suo
atteggiamento sarà sempre filisteo e rinunciatario.
D’altra parte anche un docente più seriamente motivato di quello sopra descritto, ma che
percepisce se stesso come soffocato in una morta gora impiegatizia, stritolato fra genitori
che lo aggrediscono, alunni che lo disprezzano e dirigenti che lo coartano, non otterrà
risultati molto migliori: neppure la più geniale riforma, neppure la più perfetta architettura
di cicli e indirizzi potrà renderlo ciò che dovrebbe essere, cioè un centro motore della
cultura e, prima ancora, un soggetto con un dignitoso profilo umano e professionale.
Che la generazione studentesca abbia bisogno per l’appunto di ritrovare dietro le cattedre
questo tipo umano, lo si comprende anche dallo spettacolo che, per le strade e le piazze,
sta dando in questo periodo parte di essa. Torna l’autunno e tornano le teste in vacanza
pronte a schierarsi al seguito dei soliti pifferai, impegnate in manifestazioni sguaiate e
spesso violente dietro slogan che sono vieti luoghi comuni riverniciati per l’occasione.
Luoghi comuni cui si è aggiunta – novità di quest’anno – l’immagine del defunto Steve
Jobs, improvvisamente trasfigurato nel messia di questo scorcio di secolo, le cui parole,
ripetute ed amplificate dei media, diventano il nuovo laicistico Discorso delle Beatitudini
per questa gioventù derubata di valori molto prima che di un lavoro stabile.
C’è dunque bisogno di insegnanti e di educatori. Dal loro profilo professionale e umano
dipende la qualità della scuola e, in ultima analisi, la capacità della nostra Nazione di
sopravvivere, restando se stessa, in un contesto internazionale politico ed economico
sempre più agguerrito. Si attende ancora chi scioglierà questo nodo: senza di ciò ogni
riorganizzazione scolastica non sarà mai molto di più che un’occasione persa.
Milano, 21 0ttobre 2011
Il Presidente
Prof. Angelo Ruggiero