Ricorsi “Pettine“: La vittoria dei non ricorrenti e considerazioni sui nuovi ricorsi.
Nel mio precedente comunicato consigliavo ai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e ricorrenti “pettine” di non spendere altro denaro, neanche per le sole raccomandate, almeno fino a quando non fosse stata detta anche per tali tipologie di ricorsi la parola fine sulla giurisdizione. Così ricordavo e citavo gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale, richiamando gli insegnamenti di G. Zagreblesky, e gli effetti che eventualmente ne sarebbero derivati ai tanti docenti/ricorrenti pettine, i quali avevano intrapreso dispendiosi ricorsi seguendo i consigli dati loro da più parti, nel caso in cui fosse stata confermata la giurisdizione del giudice ordinario (nella veste del giudice del lavoro). Concludevo, dunque, che se la giurisdizione del Giudice ordinario fosse stata confermata anche per i ricorsi pettine-coda, nella gran parte dei casi, i veri beneficiari (i docenti col più alto punteggio in graduatoria) sarebbero stati in realtà altri colleghi: i non ricorrenti!
Come avevo ben previsto, dunque, non era opportuno spendere altro denaro, ma bisognava solo attendere pacificamente! A tal proposito, si prede atto che la Suprema Corte di Cassazione Sezioni Unite con la sentenza n. 3032 del 08.02.2011 ha già iniziato a condannare (sotto il profilo della giurisdizione) i ricorrenti pettine, statuendo che la giurisdizione in materia di graduatorie ad esaurimento (n.d.r.- discorso che vale in materia di GaE, prescindendo dalla tipologia del ricorso) spetta al Giudice Ordinario (SIC!). Come consigliavo precedentemente, in maniera probabilistica, alla luce di una simile evenienza, che di fatto si era già iniziata a verificare, grosso modo tutti i sindacati offriranno la loro disponibilità per aiutare i reali "aventi diritto" affinché ottengano quanto spetta loro.
Dopo il mio precedente comunicato in tanti mi hanno contattato per ricevere maggiori informazioni. Oggi, pertanto, vorrei fornire un’ulteriore e mia personale opinione su tutti gli altri ricorsi che vengono da più parti proposti avverso le Graduatorie ad esaurimento.
In tanti mi riferiscono ricorsi che si stanno proponendo e riproponendo. Personalmente ne ho contati ben 28 diverse tipologie!
Ebbene, senza alcuna pretesa e al sol fine di manifestare la mia opinione, ritengo che solo pochi di questi ricorsi potranno permettere, probabilmente, di conseguire un risultato utile. Quelli che saranno persi, invece, potranno creare gravi problematiche ai rispettivi ricorrenti.
D’altronde, con la suddetta conferma della Giurisdizione in materia di GaE fornita dalla Suprema Corte, tutti i ricorsi ancora “in piedi” presentati al T.A.R. avverso il D.M. 42/09 sono destinati a cadere, portandosi con sé la sorte dei ricorrenti.
Per fare un esempio, un ricorso che tra i pochi appare essere fondato è quello per il riconoscimento del servizio militare. Ebbene, anche questi poveri docenti con ricorso pendente al TAR rischiano gli effetti di una possibile dichiarazione di difetto di Giurisdizione del giudice adito ed alcuni l‘hanno iniziata già a subire.
L’art. 11 comma 7 del codice del processo amministrativo ( DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2010 , n. 104 - Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo
amministrativo. Vigente al: 20-09-2010”) , recita testualmente: “ Le misure cautelari perdono la loro efficacia trenta giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate“.
Vi è di più. Riprendendo lo stesso esempio, tali ricorrenti del servizio militare rischiano di aver perso solo tempo e denaro, mentre altri docenti che si fossero rivolti ad altri sindacati, associazioni e avvocati di fiducia “privati”, al fine di far patrocinare le loro cause innanzi al giudice del lavoro, troveranno prima degli altri la loro giustizia definitiva.
Ancora, tra i vari ricorsi che oggi vengono proposti (e anche tra quelli riproposti) ve ne sono diversi che, a mio sommesso avviso, presentano alti rischi di soccombenza o, in alcuni casi, ripropongono richieste giudiziali per le quali si riscontrano nella Giurisprudenza precedenti sentenze negative. Sul punto, dunque, vorrei evidenziare la mia opinione circa gli scenari che potrebbero realizzarsi. Se, per esempio, un nuovo ricorso “non fondato” in materia di GaE dovesse essere proposto al Giudice amministrativo, si potrebbe incorrere in un difetto di giurisdizione, per cui, i ricorrenti soccombenti rischierebbero di farsi condannare inutilmente al pagamento delle spese, inoltre, rischierebbero la revoca degli eventuali incarichi assunti provvisoriamente in base a provvedimenti cautelari (fermo restando che, ex art. 10 co. 2 c.p.a., per i nuovi ricorrenti questi sarebbero di difficile concessione). E’ in ogni caso palese che i ricorsi fatti per tanti (“raggruppati assieme“) ricorrenti al TAR sono fonte di lauti guadagni, comunque e sempre, solo per chi li organizza. Il deus ex machina in sostanza, secondo il mio parere, dovrebbe decidere in coscienza di rispondere personalmente delle condanne dei propri docenti/ricorrenti. D’altronde, considerato che a un ricorso partecipano migliaia di ricorrenti che pagano qualche centinaia di euro ciascuno, il totale delle somme versate all’organizzatore (cifra considerevole a diversi zeri!) basterebbe a coprire economicamente gli eventuali 3.000 euro di condanna derivante dalla soccombenza al posto dei ricorrenti. Di conseguenza l’organizzatore potrebbe permettersi economicamente di corrispondere, al posto dei ricorrenti, gli eventuali 3000 euro di condanna derivante dalla soccombenza. Se invece il ricorso dovesse essere presentato individualmente al giudice del lavoro, ovvero quando dopo il difetto di giurisdizione il ricorso dovrà essere riassunto al giudice ordinario entro tre mesi ex art. 59 L. 69/2009, ciò non potrà essere messo in atto da parte dell’organizzatore per ovvi problemi di cassa; infatti, riscuotendo alcune centinaia di euro da parte migliaia di docenti/ricorrenti per la presentazione dei loro ricorsi al Giudice del Lavoro l’Organizzatore guadagnerebbe ugualmente cifre a diversi zeri, ma in caso di soccombenza e pedissequa condanna alle spese dei ricorrenti individuali, gli sarà impossibile farsi carico di migliaia di condanne. Per problemi economici, dunque, l’eventuale condanna ricadrà solo sui ricorrenti e non su chi li ha “raggruppati” a cui, invece, resterà il lauto guadagno.
Concludendo, dunque, personalmente consiglio ai vari docenti di non farsi prendere, con troppa facilità, dalla smania di ricorrere, perché diverse tipologie di ricorsi potrebbero riservare insidie economiche che un precario non potrebbe permettersi. Consiglio, dunque, ai futuri docenti desiderosi di ricorrere di confrontarsi con i loro sindacati e chiedere pareri, valutare la trasparenza e la correttezza delle notizie che ricevono e, magari, consigliarsi con i propri avvocati “privati” di fiducia. D’altronde i ricorsi al Giudice del Lavoro in base alla legge 488/99 e succ. modificazioni ed integrazioni sono esenti dai pagamenti per l‘iscrizione della causa al ruolo e in caso di vittoria l‘avvocato generalmente percepisce il proprio compenso direttamente dall‘Amministrazione soccombente. Dunque, anche un avvocato giuslavorista di fiducia consiglierebbe un ricorso realmente fondato, senza far anticipare spese al ricorrente. Tutti potrebbero rivolgersi ad avvocati, associazioni e sindacati presenti nella propria città e che già da tempo forniscono la loro consulenza pressoché gratuitamente (Al massimo, richiedendo cifre simboliche di circa 30 euro). Se questi dovessero sconsigliare un determinato ricorso, tale scelta sarà sicuramente orientata con cognizione di causa e nell’esclusivo interesse del docente. Qualora invece dovessero ritenerlo fondato non avranno probabilmente alcuna resistenza a patrocinarlo gratuitamente.
Voglio fornire un’ultima osservazione a chi mi manifestava il desiderio di aderire ad alcuni ricorsi che personalmente ritengo tuttora essere dei ricorsi persi. Si vorrebbe “a tutti i costi” ricorrere anche per questioni che rischiano nel futuro di ritorcersi contro. Alcuni mi hanno, per c.d., manifestato la loro paura di retrocedere rispetto ai loro colleghi. Ebbene, sui ricorsi a rischio consiglio di starsene tranquilli, perché il tempo è galantuomo. Al massimo potrebbero richiedere nella domanda di aggiornamento il riconoscimento del loro diritto e presentare, solo successivamente, il reclamo al momento della pubblicazione della graduatorie provvisorie. Nulla di più. Non è necessario fare nessuna tessera e non è necessario privarsi di un solo centesimo. Dopo di ciò, ovvero dopo il probabile mancato riconoscimento da parte dell’Ufficio della A.T. di appartenenza potrebbero tranquillamente attendere le eventuali pronunce della Giurisprudenza su casi analoghi. Se dovessero essere negative (come tutto mi lascia presupporre) di fatto, non dovranno pagare esose spese legali; in caso contrario, qualora le nuove pronunce dovessero essere positive, ci sarebbe tutto il tempo per far partire i loro giusti ricorsi. Detto in altre parole, se un ricorso presenta fattori di rischi altissimi (e ce ne sono diversi che vantano precedenti negativi con condanne ad esose spese legali) è inutile che tutti si sobbarchino il pagamento di alcune centinaia di euro, o che si paghino tessere d’iscrizione attivate esclusivamente al fine di ricevere un’assistenza legale per inutili ricorsi.
Chiedete preventivamente pareri e consigli ai vostri avvocati di fiducia, confrontando con loro le proposte e le risposte ricevute dai vari sindacati. Paragonate le risposte che ricevete, confrontandole con la normativa e la Giurisprudenza. Verificate che gli eventuali precedenti positivi riguardino il merito e non solo, invece, misure cautelari (dunque provvisorie). Insomma, il mio consiglio è: “siate cauti e prudenti…perché la condanna alle spese è un’insidia reale che ai precari può costare troppo!”.
Antonio Gabrieli