GILDA: CONVEGNO SU SCUOLA E FEDERALISMO

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GILDA: CONVEGNO SU SCUOLA E FEDERALISMO

Messaggiodi edscuola » 6 ottobre 2010, 8:14

GIORNATA MONDIALE INSEGNANTE, GILDA: CONVEGNO SU SCUOLA E FEDERALISMO

“La scuola italiana dal centralismo alla regionalizzazione: parabola o nuovo impulso?”: ecco il titolo del convegno nazionale promosso questa mattina a Roma dalla Gilda degli Insegnanti per celebrare la Giornata mondiale dell'insegnante.

L'iniziativa è stata l’occasione per analizzare gli effetti che la riforma federalista potrebbe imprimere nel mondo della scuola. Ecco, in estrema sintesi, gli interventi dei relatori intervenuti al dibattito.

Michele Ainis, docente di Diritto pubblico all'università Roma Tre

Il costituzionalista ha esordito definendo la platea di oratori e il pubblico “medici al capezzale di un malato (la scuola)”, i cui mali riflettono quelli della società italiana ormai disgregata. “Il federalismo – ha detto Ainis – può essere il filo che ricuce il tessuto disgregato o l’elemento di rottura definitiva. Tutto dipende da come si conciliano unità e decentramento”. Ainis ha poi tracciato un excursus legislativo, citando, tra l’altro, la bozza di accordo, risalente allo scorso luglio, che intende redigere un testo unico in materia di istruzione e ricordando che, però, un testo unico esiste già: il numero 297 del 1994. “C’è un fiume normativo – ha commentato Ainis – che cade sulla testa della scuola e che provoca disorientamento e smarrimento. Il federalismo scolastico può attuarsi soltanto se rispetta la libertà nella scuola (articolo 33 della Costituzione) e la libertà della scuola (articolo 33 della Costituzione, comma 2, e articolo 34). O il federalismo saprà rispettare la libertà degli insegnanti e l’eguaglianza dei discenti – ha concluso Ainis – oppure entrerà in conflitto con la Costituzione”.

Nicola D’Amico, commentatore di politica scolastica

“Il federalismo è figlio della disfunzione dello Stato unitario. Il federalismo scolastico già esiste nelle Regioni a statuto speciale e mi sembra che nessuno se ne sia mai lamentato. Con il federalismo, si può recuperare gran parte dell’identità regionale e, quindi, dobbiamo abbandonare i preconcetti e studiare cos’è avvenuto nelle Regioni a statuto speciale”.

Marco Lodoli, insegnante di italiano e collaboratore del quotidiano “La Repubblica”

Partendo dalla sua esperienza di docente in un istituto romano “di frontiera”, Lodoli ha posto l’accento sul profondo divario che esiste nella scuola: “C’è un mondo di diseredati, di sottocultura e disperazione accanto al quale c’è un mondo di efficienza, privilegi e qualità che si sta spostando verso la scuola privata. Chi può, prende la scialuppa migliore e gli altri affondano. Quando sento parlare di meritocrazia, c’è qualcosa che non mi torna e la gestione aziendale della scuola porterà disagi enormi. Questa Italia frantumata e divisa va accorpata, ma in questo momento storico la meritocrazia non è la strada giusta, perché rischia soltanto di far aumentare le zone paludose del nostro Paese”.

Max Bruschi, consigliere del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini

Nel suo intervento Bruschi ha puntato i riflettori sulla formazione dei docenti e sul loro accesso alla professione: “Lo Stato ha il dovere di garantire alla scuola il miglior materiale possibile attraverso interventi normativi. Noi lo abbiamo fatto occupandoci della formazione iniziale degli insegnanti e del loro accesso alla professione attraverso concorsi che diano la possibilità ai docenti di essere accuratamente selezionati. Non è possibile raggiungere la professione dopo 15 anni di supplenze, perché così il ruolo è diventato un obiettivo e non il punto di partenza”. Riguardo la mobilità degli insegnanti, Bruschi ha affermato che “per gli alunni non fa alcuna differenza se i loro docenti si trasferiscono dal Nord al Sud o da una scuola a un’altra, perché, in ogni caso, a farne le spese è la continuità didattica”.

Franco Asciutti, capogruppo Pdl in commissione Istruzione del Senato

“Nel nostro partito nessuno ha minimamente pensato a un disegno di legge in materia di federalismo scolastico. So che altri gruppi parlamentari stanno predisponendo disegni di legge in merito e bisognerà vedere come saranno strutturati. Se consistono nella divisione regione per regione e in una loro chiusura reciproca, non si tratta di federalismo, ma di altro. Vogliamo capire cosa significa federalismo scolastico e quale nervo del settore va a toccare”.

Mario Pittoni, capogruppo Lega Nord in commissione Istruzione del Senato

“Il federalismo scolastico è un treno già partito e che non si può fermare. Ho presentato al ministro Gelmini un progetto di legge che, a differenza di quello originario, non parla di residenza degli insegnanti, ma di domicilio professionale, come è scritto anche nelle normative europee. Questo progetto lascia a chiunque, cittadini italiani e comunitari, la possibilità di partecipare ai concorsi regionali. Prevede l’accesso nella sezione A dei 229mila iscritti nelle graduatorie a esaurimento che possono concorrere per il 50% dei posti disponibili. L’altro 50% è riservato ai nuovi abilitati i cui punteggi vengono calcolati per il 20% sulla base dei titoli e per l’80% attraverso un test, che deve essere messo a punto dall’Invalsi, mirato a verificare l’attitudine all’insegnamento e la conoscenza della materia di insegnamento. A ciò si aggiunge il punteggio del concorso. Nel progetto sono inclusi anche i 208mila non abilitati che hanno maturato 360 giorni. Il progetto prevede l’istituzione di albi regionali. La differenza fondamentale è che, mentre adesso un candidato all’insegnamento in Sicilia va al Nord con una valutazione molto alta e sbaraglia i colleghi settentrionali, con questo progetto bisognerà conquistare spazio nella regione di arrivo a parità di condizioni con i candidati del posto, sottoponendosi a un test di valutazione. Con questo sistema attiviamo il cosiddetto federalismo delle valutazioni”.



Antonio Rusconi, capogruppo Pd in commissione Istruzione del Senato

“Il federalismo rischia sempre di costare di più invece che di meno. La scuola è servita a unire questo Paese e non vorrei che adesso lo dividesse. Il rischio è che, a causa dei 150mila posti in meno stabiliti dai tagli imposti dal Governo, scoppi una guerra fra poveri. E poi non va dimenticato il grave problema degli stipendi dei docenti italiani che sono fra i più bassi d’Europa”.
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