Scuola in crisi, ma la cattedra rende felici

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Scuola in crisi, ma la cattedra rende felici

Messaggiodi edscuola » 7 maggio 2010, 13:55

da LASTAMPA.it

LE SORPRESE DI UN SONDAGGIO NAZIONALE

Scuola in crisi, ma la cattedra rende felici

Per i "prof" i problemi ci sono ma il lavoro è entusiasmante

Otto prof su dieci soddisfatti del loro lavoro
MARIA TERESA MARTINENGO

TORINO
Non importa se la scuola attraversa tempi difficili, l’entusiasmo degli insegnanti resta ai massimi livelli. Felice e soddisfatta, così appare la categoria nella ricerca pubblicata nei giorni scorsi dall’Istituto di Ricerche Politiche Socioeconomiche Iard, tanto che 8 docenti su 10 rifarebbero la stessa scelta lavorativa. E i torinesi lo confermano: insegnare è appassionante, anche dove i problemi non sono di poco conto.

«Nella mia scuola capita di assistere a vere e proprie trasformazioni e questo ci fa sentire veramente utili», racconta Luisa Bo, docente di francese, all’Istituto professionale Zerboni da 12 anni. «I nostri studenti spesso sono “sul filo”, con buone probabilità di cadere dalla parte sbagliata, cosa che al liceo non succede. Arrivano qui pensando di non avere chances perché qualcuno gliel’ha fatto credere. In realtà molti hanno talento, solo che bisogna farlo venir fuori. E ci riesci se lavori con sincerità. Lavorare con loro è un po’ come coltivare un terreno incolto. Ma se a fine anno, nel “gioco dei bigliettini”, ti scrivono “Prof, se sarò bocciata è solo colpa mia”, significa che qualcosa raccoglierai». Luisa Bo prof lo è diventata un po’ per caso. «Come tanti avevo provato il concorso: l’ho superato bene. Quando è successo stavo traducendo un libro e facevo ancora la hostess per la Fiat. Cosa sceglierei oggi? Posso dire che quel che faccio mi piace molto».

Una missione? Francesco Brucoli, 40 anni, docente di storia e filosofia da 6 al liceo classico Cavour, non è d’accordo. «Termini come vocazione, missione, hanno un che di retorico. Il nostro è un lavoro bellissimo dove non mancano i problemi: le ristrettezze in cui vivono le scuole, le relazioni con le famiglie, la crescita dei ragazzi in questo particolare momento storico. Parlare di vocazione sembra sottintendere che gli insegnanti possono anche essere abbandonati al loro destino, senza supporto». Brucoli ha lasciato un posto da impiegato commerciale interessante e ben pagato per insegnare. «Lavorare al Cavour - so di essere un privilegiato - mi permette di coltivare l’amore per la cultura coniugandolo con il desiderio di trasmetterlo ai giovani».

Daniela Ciravegna, professoressa di Matematica al liceo scientifico Copernico da 23 anni, ieri era in treno: stava accompagnando a Cesenatico il gruppo degli studenti torinesi ammessi alle Olimpiadi della Matematica. «Il rapporto con i ragazzi è splendido, vederli crescere - spiega - dà senso alla vita. Sono d’accordo con i risultati della ricerca: non cambierei questo lavoro con nessun altro. Io ho sempre voluto insegnare e ho trasmesso questa passione anche a mia figlia, che è al secondo anno di Matematica e vuole insegnare anche lei».

Nadia Danzero, 56 anni, insegna musica alla media statale Meucci. È diplomata in pianoforte al Conservatorio e negli anni 80, quando ha «cambiato strada», faceva concerti. «Ripeterei la scelta di allora ad occhi chiusi», racconta. «Quando oltrepassi il portone e ti ritrovi davanti i ragazzi con il loro entusiasmo, non c’è più altro. Per questo il pomeriggio mi fermo a scuola per insegnare gratuitamente pianoforte. I laboratori sono stati soppressi, ma a me non importa del denaro. Se ci sono dei ragazzi che vogliono imparare, io sono lì con loro». Soprattutto, la professoressa Danzero ha a cuore chi non avrebbe altre possibilità. «Ogni anno dico che non accetto più di 7-8 studenti, poi me ne ritrovo 20 e anche di più. Solo 4-5 hanno il pianoforte a casa, agli altri cerco di dare la possibilità di essere alla pari».
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