La pallida alba dell’autonomia: realtà o illusione?

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La pallida alba dell’autonomia: realtà o illusione?

Messaggiodi edscuola » 18 settembre 2009, 14:53

da www.ilsussidiario.net

ELEMENTARI E MEDIE/ La pallida alba dell’autonomia scolastica: realtà o illusione?
Feliciana Cicardi venerdì 18 settembre 2009



È con piacevole sorpresa che l’8 settembre si è potuto leggere l’“Atto di indirizzo” relativo alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo, firmato dal Ministro Gelmini. Nel testo si affrontano i temi dell’autonomia, delle “indicazioni”, della valutazione e si delineano i caratteri “formativi” della scuola dell’infanzia e dei due segmenti scolastici del primo ciclo. Premesso che da una lettura globale si trae un giudizio moderatamente positivo, determinato soprattutto dal carattere più pedagogico ed educativo che assume il documento, si vogliono qui evidenziare brevemente alcuni punti che abbisognano di ulteriori sviluppi.



Affrontando il tema dell’autonomia si afferma che questa va attuata «in coerenza con gli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione». Un successivo capoverso precisa che «è auspicabile che sempre più questi spazi di libertà siano utilizzati dagli insegnanti per sviluppare in modo coerente e far convivere e mettere a confronto nelle scuole autonome ipotesi pedagogiche e didattiche diverse».

Due questioni si pongono.

Primo: dove la scuola può rinvenire a chiare lettere gli “obiettivi generali del sistema di istruzione” e, se sono dichiarati in vari documenti, perché non richiamarli? Repetita iuvant, ed impediscono equivoci interpretativi dannosi.

Secondo: cosa si intende con la definizione di “ipotesi pedagogiche e didattiche diverse” che le scuole possono adottare e mettere in atto? Il termine “didattiche” è chiaro nel suo significato, meno il lemma “pedagogiche”. Pedagogico equivale ad educativo, formativo? In documenti ufficiali le parole possono pesare come macigni soprattutto se, come in questo caso, poche righe più sotto, si richiama il compito delle scuole di «raggiungere gli obiettivi di apprendimento comuni al sistema nazionale di istruzione». Si fa riferimento allora ad una comunanza di contenuti, di competenze, di finalità educative? Sarebbero utili precisazioni. Diversamente il nodo “obiettivi generali e condivisi a livello nazionale vs autonomia” ingigantisce. Certamente è essenziale indicare chiaramente i “fondamentali” del sistema nazionale di istruzione, senza tema di essere tacciati di remare contro l’autonomia, la quale può configurarsi a partire da un quadro di riferimento sul quale poter fare variazioni.

È interessante, a fronte di quanto sottolineato, la precisazione che l’Atto di indirizzo sviluppa in relazione alle “Indicazioni Nazionali”. Un primo punto riguarda la prosecuzione per un triennio della necessità/opportunità di coniugare i due testi che recitano le “Indicazioni” (DL n.59/2004 e Decreto del 31 luglio 2007). L’armonizzazione auspicata dal testo viene affidata alle scuole, con l’assicurazione da parte dell’Amministrazione, di «accompagnare questo complessivo processo con opportune misure». È ragionevole sperare che, in tempi non biblici, si giunga a “codificare” e a disegnare curricoli condivisi dall’intera comunità educante, con l’ausilio di azioni intraprese da ANSAS e INVALSI. Si attende, come sostiene il documento, che venga promosso un serio ed efficace piano di monitoraggio e di valutazione delle best practices promosse dalle scuole.

Il punto 1.7 del testo introduce il concetto di “nuclei fondanti” delle discipline. Sarebbe utile una precisazione semantica (la memoria corre al famoso documento dei “Saggi sui saperi essenziali”). Fino a non molto tempo fa la scuola primaria era denominata “elementare”, aveva cioè come compito quello di offrire gli elementi – i pilastri – su cui strutturare il sapere successivo e futuro (fino al long life learning). L’“alfabetizzazione”, compito attribuito alla scuola primaria, non può (e non è certo nella pratica delle scuole) essere circoscritta al perimetro di un’alfabetizzazione strumentale. Alfabetizzare può significare offrire agli alunni, insieme alle chiavi di scoperta degli alfabeti che aprono le porte alla conoscenza della realtà, anche criteri e metodi di approccio alla conoscenza, che è un processo, non un contenuto. E i docenti sanno quanto sia impegnativo un tale percorso, per sé e per gli alunni.

Al punto 3.1. dell’Atto di indirizzo, affrontando la questione degli apprendimenti, si evidenziano “aree decisive per lo sviluppo successivo degli apprendimenti” e si citano in elenco discipline quali l’italiano, la matematica, la lingua inglese e le scienze. È forse l’alba timida di una delineazione di un “core curriculum” nella scuola italiana? Piace sperare che così sia. Altri interessanti punti di attenzione si possono rinvenire nel documento del Ministro. Ci si limita qui ad evidenziare – con un cauto ottimismo – un apprezzabile tentativo (in alcune parti più riuscito che in altre) di ridare un volto ed un contenuto alla scuola, a partire da questioni non meramente burocratiche ma da elementi che pulsano con forza nell’apparato circolatorio della ricerca pedagogica e delle scuole italiane che – pur con il problema contingente dei tagli degli organici – vogliono mantenere o conquistare un’efficacia formativa e – si osi – culturale nel significato più profondo del termine.

L’Atto di indirizzo è un piccolo cadeau alle scuole all’inizio di un anno scolastico problematico. Purché non si trasformi in un cavallo di Troia.
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