“In cattedra soltanto chi sa insegnare”

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“In cattedra soltanto chi sa insegnare”

Messaggiodi edscuola » 29 agosto 2009, 8:11

da La Stampa

“In cattedra soltanto chi sa insegnare”

Ministro Gelmini, nel suo intervento di mercoledì scorso al Meeting di Rimini, il Governatore della Banca d’Italia ha detto che la nostra scuola marginalizza i figli degli stranieri. A dimostrazione della sua tesi, Mario Draghi cita un alto tasso di abbandono fra gli studenti non italiani, sia nella scuola dell’obbligo che nei gradi successivi.
«Purtroppo il problema della dispersione nella scuola, e in particolare in quella dell’obbligo, non riguarda solo gli stranieri, ma anche gli italiani: il tasso per noi resta fra i più alti d’Europa. Ciò detto, ho molto apprezzato il discorso del Governatore».
Lei però ha proposto un tetto del 30% al numero di studenti stranieri per classe. Non si tratta di idee in contraddizione con il concetto di integrazione?
«L’integrazione deve essere un processo equilibrato. In alcune zone del Paese il problema è capovolto. Se in una scuola si formano classi “ghetto” di stranieri, il rischio è la marginalizzazione degli studenti italiani».
Draghi citava le proiezioni dell’Istat secondo le quali nel 2050 almeno un italiano su tre avrà un genitore straniero. Non è arrivato il momento di superare gli steccati?
«Quei numeri, visti in prospettiva, sono effettivamente importanti. Possiamo e dobbiamo certamente fare di più».
Cosa?
«Una delle strade che stiamo percorrendo, nell’ambito della cosiddetta offerta formativa, è permettere ad esempio agli studenti di scegliere se fare più italiano o più inglese».
Si può fare altro?
«Le scelte politiche si fanno alle condizioni date. Dobbiamo usare al meglio ciò che c’è. Ci proveremo».
Lei diceva di aver apprezzato la relazione del Governatore. Può dirci in particolare in quali passaggi?
«Mi è piaciuto il riferimento al concetto di investimento in capitale umano: è ciò su cui mi sento impegnata tutti i giorni. Draghi ha anche riconosciuto il lavoro fatto per aumentare il merito nell’Università. Il meccanismo che abbiamo appena introdotto permette di distribuire 530 milioni, il 7% del fondo di finanziamento, sulla base del merito. Molti commentatori hanno detto che non è abbastanza. Io dico che è un passo: quel che conta è aver iniziato un percorso».
Nell’Università ne farete altri?
«Per l’autunno sarà pronto il regolamento che modifica le regole per il reclutamento. Con quelle norme si metterà fine al sistema della cooptazione».
Draghi chiede al governo di far di più anche per riconoscere il merito nella scuola. Cosa risponde?
«Rispondo con il varo del regolamento che abolisce le scuole di specializzazione e introduce il tirocinio. L’Italia è l’unico Paese insieme alla Grecia nel quale gli insegnanti non hanno una carriera: questo è il primo passo che ci permetterà entro la legislatura di costruirla. Poi c’è il tema del finanziamento delle scuole: costruiremo un sistema che permetterà di valutare realmente i risultati raggiunti, e di superare la differenza novecentesca fra scuola statale e paritaria».
Il fatto che si passi da due anni di scuola ad uno di tirocinio non significherà avere insegnanti meno preparati?
«Assolutamente no. Ogni aspirante insegnante sarà seguito da un collega esperto. È un modo per superare nozionismo e autoreferenzialità, e per abbassare i costi per il sistema e per gli studenti. Insomma, passeremo dalla pratica del sapere al saper insegnare».
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