Buoni scuola, ecco la novità

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Buoni scuola, ecco la novità

Messaggiodi edscuola » 14 novembre 2007, 6:32

da Il Mattino di Padova

Il Veneto si avvia a rivoluzionare l’attuale modalità di spesa pubblica per bandi regionali

Buoni scuola, ecco la novità

MESTRE. Curiosa nemesi, per una Regione come il Veneto così caratterizzata sui temi federalisti, ritrovarsi in casa una struttura pesantemente burocratizzata e centralistica qual è quella che governa il sistema della formazione professionale. L’inversione di rotta del Sistema, come lo chiamano gli insider, ormai è inevitabile. E anche a prescindere dai segnali d’allarme capitati negli ultimi mesi, come il dissesto finanziario dello ial Cisl e l’indagine delle Fiamme Gialle sulla Compagnia delle Opere di Padova. Si va verso i voucher, sul modello dei buoni scuola cari alle coalizioni di centro-destra, vale a dire al rovesciamento dell’attuale sistema di spesa pubblica per bandi regionali.

Le risorse. Per il tramite di Palazzo Balbi, nel 2007 sono transitati alla formazione e all’istruzione 326 milioni tra risorse comunitarie, statali e regionali. E’ la cifra puramente indicativa che si evince dal Piano annuale della Formazione in discussione in queste settimane tra Palazzo Balbi e i soggetti a vario titolo interessati, e che in effetti non tiene conto del fatto che il nuovo ciclo della programmazione comunitaria deve ancora partire. In sostanza dopo sanità, assistenza sociale, mobilità, la formazione (con l’istruzione) rappresenta la quarta voce di spesa del bilancio regionale.

Le tradizioni. Ce n’è abbastanza per rendere l’idea della massa di risorse mobilitate in questo campo, tale da far dire a qualche scettico che il Veneto è la regione a più alto tasso di formazione d’Italia. Magari è anche vero: con Lombardia e Piemonte, il Veneto è l’area con maggiori tradizioni in questo settore. Si pensi solo al significato che hanno avuto i centri di formazione professionale ai fini del miracolo Nordest e, più banalmente, contro la dispersione scolastica. «In gran parte delle altre regioni - dice Carlo Alberto Tesserin, vicepresidente del Consiglio regionale, ex assessore alla formazione e conoscitore di questo variegato mondo - la formazione di base neppure esiste, c’è la scuola pubblica e solo quella. Per il Veneto, come per Lombardia e Piemonte, la coesistenza di diversi percorsi di apprendimento è una ricchezza, perderla sarebbe un dramma».

La strategia. E’ su questi presupposti che anche nella nuova programmazione comunitaria 2007-2013 la Regione ha scelto di mantenere alta la spesa in formazione professionale a scapito di maggiori investimenti Ue in infrastrutture. Ecco perché nel primo ciclo di spesa Fse (Fondo sociale europeo) dell’Ue allargata i fondi per la formazione non diminuiranno se non in misura relativamente lieve, passando dagli 872 milioni del 2000-2006 agli 816 del nuovo periodo. Il problema di fondo è che i meccanismi di spesa e soprattutto quelli di controllo sono diventati così minuziosi, costosi e asfissianti che tutti, in primis in Regione, giudicano in crisi l’assetto esistente. Parlano le carte: nel Piano operativo relativo al Fse in via di approvazione da parte di Bruxelles, la voce Assistenza tecnica, cioè il supporto amministrativo da parte della Regione, vale 28,7 milioni in sei anni, il 4% del totale.

Cifra esorbitante. E’ un importo unanimemente ritenuto esorbitante. L’attività burocratica di coordinamento, gestione e controllo occupa a pieno regime la struttura guidata da Sergio Trevisanato, uomo di punta della macchina burocratica regionale accreditato peraltro di solidi rapporti con il governatore forzista Giancarlo Galan. A Trevisanato rispondono altre due figure di spicco della macchina amministrativa di Palazzo Balbi: Marco Caccin si occupa tra l’altro di formazione di base, Santo Romano di formazione continua e di apprendistato.

Tutto è regolato da Bruxelles, funziona per gare, e poi per attività minuziose di controllo gerarchico e rendicontazione. Abbastanza da impegnare decine di dipendenti della Regione, senza dimenticare che per le attività di verifica Ca’ Balbi si avvale del lavoro della Guardia di Finanza. Ciò non elimina del tutto gli abusi: in Regione si parla di un 2% sul totale della spesa, ma il punto è anche che per smascherare quella quota si aumenta di anno in anno la mole di carte e di adempimenti. I cicli. Già il meccanismo è pesante, e ora che siamo nella fase di passaggio tra due cicli di programmazione, la situazione è aggravata dalle difficoltà economiche a carico degli enti. Al punto che tutti ormai dicono il fatidico «basta», a cominciare dallo stesso Trevisanato (si veda l’intervista a lato). La formula su cui la Regione punterà nei prossimi anni sarà quella dei voucher, dei buoni a disposizione di ragazzi, soggetti svantaggiati e lavoratori in aggiornamento. Quella dei voucher è una linea politica cara a Galan, che ne aveva fatto una priorità programmatica nel discorso del suo ultimo insediamento in Consiglio regionale. L’obiettivo è tramutare la spesa regionale, invece che in offerta formativa, in buoni spendibili in formazione da assegnare a chi ne abbia diritto. Per ora è una strategia sperimentata in ambiti limitati, cioè nella formazione individuale e nell’apprendistato.

Il tifo. Tra gli enti molti fanno il tifo per questa soluzione. «L’idea - dice Antonino Ziglio, direttore generale di Enaip Veneto - è di mettere al centro il prodotto, e non l’impianto amministrativo di supporto. Ora accade il contrario, anche a causa dell’Unione europea e del ministero del Lavoro la cui impostazione si impone a cascata in Regione. Ecco perché, andando verso i voucher e verso la conseguente semplificazione, servirà un cambiamento culturale complessivo. Bisognerà riorganizzare la burocrazia regionale rendendola in grado di valutare, ad esempio, i bilanci degli enti».
Non sarà semplice. I tempi di una rivoluzione copernicana che dovrà puntare sulla domanda, invece che come accade ora sull’offerta, sono già di per sé un rebus sotto il profilo amministrativo. Senza dimenticare i problemi di merito: gli utilizzatori finali dovranno essere messi in grado di scegliere tra organizzazioni concorrenti. Servirà insomma un’attività burocraticapiù snella dell’attuale, ma capace al tempo stesso di informare e orientare i fruitori finali, dal ragazzo che vuol frequentare il centro di formazione professionale al lavoratore a caccia di aggiornamento. L’intendimento della Regione è di introdurre massicciamente i voucher in corrispondenza con il nuovo periodo di programmazione comunitaria, corredandoli con un «catalogo» compilato dalla struttura amministrativa e consultabile da tutti. Il rischio è che, di fronte alle difficoltà di cambiare pelle, tutto ciò rimanga a lungo un puro proposito.

(13 novembre 2007)
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