da ItaliaOggi
Precari, anche gli scatti
I docenti supplenti matureranno l'anzianità
Gli aumenti retributivi dovuti all'anzianità spettano anche ai precari. E i contratti collettivi e le leggi degli stati dell'Unione europea, che non rispettano questo principio, sono contrari al diritto comunitario. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea con una sentenza depositata il 13 settembre scorso (C-307/05). Il provvedimento, di cui si è avuta notizia solo in questi giorni, afferma un principio che contrasta apertamente con l'ordinamento scolastico italiano, per quanto riguarda il rapporto di lavoro del personale a tempo determinato. Nel nostro paese, infatti, non è prevista, per i precari, la possibilità di accedere alla progressione di carriera per anzianità, prevista invece per il personale di ruolo.
Si tratta in pratica dei cosiddetti scaloni introdotti dal contratto del 1995, che prevedono aumenti di stipendio all'atto della maturazione di periodi di anzianità di servizio: da 0 a 3 anni di servizio; da 4 a 9; da 10 a 15; da 16 a 21; da 22 a 28; da 29 a 35; da 36 a 40. Unica eccezione alla regola, i docenti precari di religione. A seguito dell'entrata a regime delle norme che consentono l'immissione in ruolo dei docenti di religione, infatti, è rimasta inalterata la disciplina che prevede il diritto alla ricostruzione di carriera per i docenti che maturano almeno quattro anni di servizio. Ciò vuol dire che il docente precario di religione, se lavora per quattro anni, anche su spezzoni, matura il diritto alla ricostruzione di carriera come i docenti di ruolo. A patto che al quinto anno di servizio sia in grado di vantare la titolarità di un incarico a orario pieno. Questo trattamento si estende anche ai docenti precari che, al quinto anno, vengano assunti su spezzoni da 12 a 17 ore per ragioni strutturali nella scuola media e più di 12 ore nella scuola primaria (si veda la circolare 26 luglio 90, n. 206). Per contro, il docente precario che insegna sulle classi di concorso previste dall'ordinamento scolastico statale, anche se lavora tutti gli anni, non matura mai il diritto a passare alla classe stipendiale successiva. Il caso dei docenti di religione, dunque, costituisce un'eccezione che conferma la regola generale del divieto di accesso agli scatti di anzianità. Che ora però comincia a barcollare. Il principio sancito dalla Corte di giustizia europea, infatti, potrebbe indurre gli interessati a presentare ricorso alla giurisdizione italiana. E il giudice nazionale, in forza della pronuncia europea, potrebbe rinviare alla Corte la soluzione di eventuali questioni pregiudiziali riguardanti questa materia. E se i giudici europei dovessero dichiarare la normativa italiana in aperto contrasto con quella europea, l'amministrazione scolastica italiana potrebbe trovarsi in serie difficoltà.
Insomma, potrebbe verificarsi una sorta di effetto domino con conseguenti aggravi per l'erario tali da mettere in difficoltà i conti pubblici.