La cura Brunetta è iniqua

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La cura Brunetta è iniqua

Messaggiodi edscuola » 18 novembre 2008, 20:10

da Il Giornale di Vicenza
29 ottobre 2008

La cura Brunetta è iniqua

Pare che il ministro Brunetta sia il più efficiente e popolare d’Italia, le contestazioni invece sono dirette soprattutto contro la Gelmini, benché le misure di “contenimento della spesa del pubblico impiego”, scuola compresa, siano contenute nel “suo” decreto 112, poi diventato legge.

Non sfugge tuttavia a chi sta dentro alla Pubblica Amministrazione che le disposizioni fin qui adottate neppure ne scalfiscono i mali cronici, mentre i risultati finora sbandierati dipendono da fattori non strutturali e sono ottenuti in deroga al criterio di equità.

Negli anni Cinquanta, l’impiegato dello Stato aveva una posizione sociale e uno stipendio dignitosi, entrava in ruolo con rigoroso concorso, promessa solenne e giuramento. Lo stipendio bastava per mantenere la famiglia, far studiare i figli e comprarsi un appartamento. Nei decenni successivi i politici che governavano e i sindacati hanno ben capito che il pubblico impiego era un pozzo straordinario di voti elettorali e deleghe sindacali, e hanno fatto il loro esclusivo interesse, gonfiando le assunzioni ma tenendo bassi gli stipendi. è andata bene fino alla crisi degli anni Novanta, al colossale deficit pubblico accumulato, alla necessità di allinearsi ai parametri europei. Da allora tutti i governi che si sono succeduti, destra e sinistra, hanno avuto un unico obiettivo: ridurre, tagliare, razionalizzare. Con la “privatizzazione” del rapporto di lavoro, è aumentato enormemente il ruolo dei sindacati, mentre il dipendente statale ha perso status sociale oltre che economico. Ad ogni rinnovo contrattuale i soldi a disposizione erano sempre meno e non proporzionati al crescente costo della vita. Per mantenere una famiglia, oggi di stipendi da impiegato statale ne servono a malapena due. Come fa Brunetta, noto economista, a dire che 1300 euro al mese sono un buon stipendio? Almeno la sua collega Gelmini ha sempre riconosciuto che gli attuali stipendi sono del tutto inadeguati!

Nonostante le riforme degli anni passati, nel pubblico impiego si continua a lavorare in condizioni di generale appiattimento e de-responsabilizzazione, e in certi settori l’assenteismo ha assunto dimensioni rilevanti. Nel 2008 arriva il dottor Brunetta, additando giustamente i mali della Pubblica Amministrazione nel fatto che non ci sono premi per chi è efficiente né punizioni per chi è inefficiente. I fannulloni vanno licenziati, proclama ad inizio del mandato, e bisogna rendere ai cittadini servizi di qualità. Ma quali sono i risultati raggiunti in relazione agli obiettivi dichiarati? L’unico elemento esibito con trionfalismo è la riduzione delle assenze là dove erano un fenomeno del tutto abnorme. Se andiamo però ad analizzare come il dato è stato ottenuto e con quali provvedimenti, sorgono dei dubbi sulla reale efficacia della “cura”.

Colpire i furbi è necessario e doveroso: il problema però è prima individuarli, poi sanzionarli. Il ministro per l’innovazione invece non ha trovato altro sistema che bastonare tutti in maniera indiscriminata. Se l’obiettivo dichiarato era "colpirne uno per educarne cento", Brunetta ne ha colpiti cento sperando di beccarne uno, non si sa neppure con che riuscita, perché finora non ci ha detto quanti fannulloni siano stati individuati e avviati verso il licenziamento.

Intanto, i tagli di stipendio generalizzati nei primi 10 giorni di malattia puniscono ingiustamente i malati veri, proprio quando devono sostenere maggiori oneri per curarsi, senza che sia previsto neppure un rimborso per le spese mediche documentate. È vero che la riduzione riguarda soltanto la parte accessoria, ma è pur sempre significativa su di un basso stipendio. Per di più, le economie così realizzate confluiranno solo in parte nei fondi per premiare l’efficienza. Insomma il meccanismo è iniquo. Come se non bastasse, la fascia oraria di reperibilità a cui è obbligato il dipendente ammalato per gli accertamenti del caso è stata estesa da 4 a 11 ore al giorno, compresi i festivi, vale a dire 77 ore settimanali, più del doppio dell’orario di lavoro normale, quattro volte l’orario di lavoro di un docente o di un part time. Una invasività talmente eccessiva del datore di lavoro nella vita privata del lavoratore da apparire sproporzionata relativamente all’obiettivo, discriminatoria rispetto ad altri settori, e di dubbia costituzionalità visto che curarsi è un diritto e non una colpa. Le visite fiscali del resto, effettuate normalmente anche prima del decreto 112, non hanno mai portato a risultati apprezzabili nella lotta all’assenteismo. L’unica logica ipotizzabile appare dunque quella di far cassa nel modo più semplice, punendo l’impiegato statale considerato fannullone a prescindere.

D’altra parte, la strada di responsabilizzare maggiormente i dirigenti, che per legge devono gestire le risorse umane, il ministro non l’ha neppure tentata, ben sapendo in quale caos si sarebbe cacciato. E già questo è un significativo punto debole: quali migliori servizi potranno assicurare ai cittadini i dirigenti preposti, se per primi non rispondono dei compiti inerenti alla loro funzione e non vengono valutati come dovrebbero essere?

Quanto agli ex fannulloni ritornati in servizio, non è detto che la presenza di per sé sia indice del miglioramento della produttività del lavoro: anzi è verosimile che i “furbi” troveranno sempre il modo di prendere lo stipendio facendo poco o nulla! Misurare il rendimento del lavoro sarebbe la vera sfida, come quella di “valorizzare il merito”, altro bello slogan ad effetto che resterà senza effetti: dopo le bastonate generalizzate della fase uno, quale dipendente statale si sentirà motivato a fare di più e di meglio? E comunque quali meriti individuali potranno essere premiati quando da sempre vediamo che per fare carriera non occorre altro merito che avere l’amico giusto? Certamente gli esempi di amministrazioni virtuose in tutta Italia si troveranno, ma ciò dipende da situazioni specifiche e non di sistema, a cui corrispondono d’altra parte voragini di sprechi, come nel florido settore dei portaborse, nel quale nessuno finora è riuscito a tagliare e risparmiare, anzi lì le assunzioni aumentano.

La realtà insomma è che il pubblico dipendente si sente “cornuto e mazziato”, come scrive la gente nei blog, offeso dalle esternazioni qualunquistiche del ministro, che rischiano di ottenere addirittura l’effetto contrario di incrementare la mentalità del fannullone.

Anna Bellesia
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