da Italia Oggi
20 ottobre 2007
Contratto a metà
Contratto a metà, merito soltanto come principio, mantenimento dello statu quo, un’altra occasione mancata per un vero cambiamento nella scuola, etc. …
Toni duri ed impropriamente sanzionatori di una certa stampa hanno rimproverato alla recente intesa contrattuale di aver mancato il vero obiettivo qualificante, ovvero il riconoscimento del merito attraverso la valorizzazione degli insegnanti che si impegnano, a fronte di coloro che danno il minimo indispensabile e si accontentano dei piccoli traguardi.
C’è anche chi si fa latore di buoni consigli, invitando a sottrarsi all’abbraccio corporativo del sindacato per ridare spazio alle energie ed alle esperienze individuali: una sorta di liberi tutti nella corsa alla più sfrenata competizione.
Quello del merito è tema che ritorna puntualmente nel dibattito, ma sembra inopportunamente fermarsi a slogan. Viene infatti evocato ed invocato come soluzione palingenetica dei ritardi del nostro sistema, ma nessuno si spinge oltre, dicendo come attuarne il riconoscimento.
Perché non rimanga uno slogan il tema del merito va affrontato ed indagato “nel merito” con la disponibilità a coglierne tutta la complessità rispetto al contesto e l’impegno a tradurre tale complessità in criteri e modalità praticabili ed efficaci, rifuggendo da semplificazioni e scorciatoie.
L’intesa contrattuale siglata alcuni giorni fa è stata appunto bollata come risultato di conservazione, che rinuncia ancora una volta ad essere strumento di cambiamento perché non risolve le attese di cambiamento della scuola.
Non è proprio così. Questa ipotesi di accordo, raggiunta a ben due anni di distanza dalla scadenza del contratto non certamente per volontà del sindacato, ma perché fortemente condizionata dalla mancanza di copertura finanziaria, ha scelto invece di dare continuità ad una strategia di miglioramento del servizio e di valorizzazione della prestazione professionale: nel primo caso, potenziando le condizioni di esercizio dell’autonomia scolastica; nel secondo, prefigurando forme, modalità, strumenti di rinforzo alla progettualità ed introducendo norme tese a portare a soluzione tanta problematicità che via via ha appesantito il lavoro nelle scuole.
In particolare, ha scelto di valorizzare il lavoro d’aula, emblematico del quotidiano impegno del docente e delle potenzialità della relazione insegnamento/apprendimento, come condizione diffusa di qualità della prestazione professionale e di efficacia del processo educativo.
Per questo sono state assunte alcune fondamentali linee di indirizzo che valorizzano il profilo del docente, liberando la prestazione da impropri carichi burocratici e caratterizzandola, invece, sui versanti che le sono propri dell’innovazione, della ricerca didattica ed educativa, della formazione in servizio, della documentazione, anche nel quadro della definizione di sistemi di incentivazione e di valorizzazione retributiva in presenza di risorse dedicate.
Queste attività vengono, infatti, “riconosciute” tra gli adempimenti individuali del docente e rientrano nelle “attività funzionali all’insegnamento”.
Non è questa un’opzione che porta al riconoscimento del merito?
Noi siamo convinti che la scuola migliori non tanto sulla professionalità di pochi, quanto su una qualità professionale diffusa, non sulla super-competenza individuale, ma sulla possibilità offerta a tutti gli insegnanti di arricchire, di consolidare, di orientare, anche in direzioni nuove, le proprie competenze.
Nella scuola si sviluppano infatti esperienze e si esercitano funzioni e ruoli, riconosciuti all’interno del corpo professionale, che si affermano come sostegno al lavoro collegiale, come stimolo all’innovazione, alla sperimentazione, diventando positivi fattori trainanti dell’organizzazione
didattica.
Allora, come rendere oggettivo anche tale riconoscimento? Quale è la chiave di volta per “premiare” impegni e disponibilità riconosciuti internamente al contesto professionale come strumento di miglioramento complessivo della qualità del progetto educativo/formativo?
Progetto che dipende molto dalla partecipazione collegiale, dal confronto, dallo scambio, soprattutto in un momento in cui nulla pare più scontato neppure nella scuola, posta di fronte ad una missione spesso di frontiera.
E di frontiera è oggi anche la missione dell’insegnante.
La pratica negoziale ha una sua coerenza strategica; ecco perché nell’ipotesi di accordo è stato richiamato il risultato sottoscritto il 24.5.2004 dalla “Commissione mista ARAN-Ministero-Organizzazioni Sindacali” che ha operato, ai sensi dell’art. 22, del precedente contratto proprio in
materia di sviluppo, riconoscimento professionale, prospettiva di carriera.
La strada è stata aperta con orientamenti e possibili opzioni nella prospettiva di una dinamica professionale che risponda ad attese ed esigenze ormai diffuse. Per di più avviata nel consenso.
La recente intesa compie un ulteriore importante passo, collegando professionalità e valutazione di sistema, processi di verifica della qualità ed incentivazione professionale in presenza di risorse specificamente destinate.
L’obiettivo confermato è la qualità diffusa dell’insegnamento, non l’efficacia di nicchia che qualcuno sembra prefigurare all’interno di improprie suggestioni sul riconoscimento del merito; è l’incentivo a migliorare la performance delle scuole ed a premiarla con finanziamenti aggiuntivi, in presenza di risultati oggettivi rilevati dal Sistema Nazionale di Valutazione rispetto alle condizioni di partenza.
Allora, le accuse di conservatorismo e di immobilismo vanno indirizzate altrove, con buona pace di lettori affrettati e di commentatori tuttologhi buoni per tutte le stagioni.
Francesco Scrima
Segretario Generale della CISL Scuola