da Corriere
Via le scritte dagli istituti
MILANO — Dice lui: «La legge è uguale per tutti, caste sindacali comprese. Quindi le affissioni abusive vanno rimosse punto e basta ». Dicono loro: «Se è così uguale per tutti perché allora nessuno cancella gli slogan razzisti di Forza nuova o delle ronde padane?». E avanti così, a suon di battibecchi.
Lui è Tommaso Foti, parlamentare piacentino Pdl. Loro sono Raffaella Morsia (Cgil) e Marina Molinari (Cisl), sindacaliste del settore scuola per Piacenza e provincia. A dirla tutta non si sono mai piaciuti troppo, l'onorevole e le sindacaliste, ma sulla rotta di collisione come in questi giorni, finora, non erano mai arrivati. Motivo?
Gli striscioni appesi davanti alle scuole del capoluogo e della provincia che le due attiviste sindacali avevano tanto voluto e che lui ha fatto di tutto per far rimuovere (riuscendoci). Tutti quegli striscioni (o quasi) avevano in comune tre parole d'ordine: «Impoverimento, individualismo, ineguaglianza». «Il 10 ottobre gli insegnanti hanno discusso con gli studenti del significato di quelle tre parole e della difesa della scuola pubblica — spiega Raffaella Morsia —. E poi si è deciso di lasciarli appesi per invitare gli studenti a riflettere. Finché il 17 l'onorevole Foti non si è messo di traverso... cos'è? lo spaventano tre parole così semplici?».
«Ho avuto segnalazioni sdegnate da genitori e docenti — si stizzisce lui —. Non si tratta di quelle tre parole. È che non si può indottrinare bambini con slogan anti- Gelmini. Noi firmiamo ordinanze contro i graffitari e poi consentiamo che le caste appendano quel che vogliono dove vogliono? Io li avrei tolti tutti con le mie mani se non ci avesse pensato la polizia». Poliziotti e vigili urbani sabato mattina hanno «ripulito» le facciate e i cancelli anti-ministro appellandosi al codice penale. Come se non bastasse l'Ufficio scolastico provinciale (competente sugli spazi interni alle scuole) ha inviato ai dirigenti un consiglio via lettera: togliete gli striscioni, possono ledere l'immagine della scuola. Così la lite fra i pro-striscioni e gli avversari (dalle colonne del quotidiano locale Libertà) si è fatta, se possibile, più aspra. «È censura, inaccettabile ». «Macché censura. È il rispetto delle regole». Le sindacaliste annunciano: «Resisteremo un minuto più di loro». E non sembra un invito alla «pace».