«Il modello francese: gli alunni mescolati imparano di più»

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«Il modello francese: gli alunni mescolati imparano di più»

Messaggiodi edscuola » 18 ottobre 2008, 7:49

da Corriere

«Il modello francese: gli alunni mescolati imparano di più»
L'ex ministro Tullio De Mauro

MILANO — La Lega ha individuato un problema reale?

«No. Pensare che classi dove si mescolano alunni che partono da livelli di conoscenza diversi sia un problema è una sciocchezza solenne».

Non si rischia che in presenza di grandi differenze tra gli scolari la qualità dell'insegnamento si livelli verso il basso?

«Le ricerche condotte nel mondo dicono che più le classi sono eterogenee e migliori sono i risultati degli alunni. Di tutti: dei più bravi e dei peggiori».

Tullio De Mauro è professore di Linguistica all'università La Sapienza di Roma. La mozione sulle classi separate per immigrati che non padroneggiano l'italiano forse non gli piace in assoluto, ma la contesta da studioso dei sistemi di educazione, non da ex ministro dell'Istruzione di un governo di centrosinistra. «Il decisore politico — premette — entro i limiti della Costituzione può fare ciò che vuole. Ma dovrebbe essere bene informato».

Che cosa intende dire?

«Dagli anni '70, quando si iniziò a misurare i livelli di competenza degli alunni di decine di Paesi del mondo, fino a oggi, i risultati delle ricerche concordano: il mito del benpensante che crede che separando gli alunni bravi e quelli scemi si faccia progredire gli uni e gli altri è falso. Più le classi sono eterogenee meglio è. In Francia, se in una scuola si verificano differenze troppo marcate, rimescolano apposta le classi a inizio anno».

In Italia, però, ci sono genitori che tolgono i figli da classi con molti alunni immigrati...

«Dipende dalle informazioni che ricevono dai media, che spesso alimentano la paura dello straniero. La realtà è che la scuola elementare italiana in questi anni ha lavorato bene. Ha come bandiera quella di portare avanti tutti, ed è quinta o sesta al mondo. I ragazzi meno bravi che escono dalle nostre scuole, negli studi comparativi, hanno punteggi superiori ai loro colleghi meno bravi cresciuti in sistemi scolastici più selettivi, o dove non c'è tanta immigrazione, o senza i portatori di handicap, che noi inserimmo in classe nel 1966».

E quelli bravi invece?

«Anche chi all'ingresso a scuola parte da posizioni migliori, se esce da un sistema di classi eterogenee ha un profitto superiore a quello di chi frequenta istituti meno aperti. Lo dicono gli studi che seguono i progressi dei ragazzi negli anni».

Tutto questo non complica il lavoro dei maestri?

«Certo, servono insegnanti bravi. I nostri maestri e maestre elementari lo sono, perché la loro formazione fu molto curata dalla ministra Falcucci, che nel '85 ha promosso l'aggiornamento a tappeto dei docenti. Ne raccogliamo ancora i frutti. Ora si è parlato di eliminare i team di maestri e ridurre il tempo pieno. Quest'ultima cosa la signora Gelmini dice che non la farà. Speriamo...».

La scuola costa, applicare criteri di economicità non è sensato?

«Io al ministero risparmiavo anche sui fogli. Come faceva Croce, strappavo la parte non scritta e la riutilizzavo. Detto questo, l'Italia spende abbastanza, diciamo non meno di altri Paesi, solo per le elementari. E parliamo sempre di un bilancio magro rispetto al Pil. Ma per superiori, università e ricerca non investiamo quasi nulla».

Le ricerche

«È provato, più le classi sono eterogenee e migliori sono i risultati di tutti: dei più bravi e dei peggiori» Contestata
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