Sospesi, recuperati e dispersi

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Sospesi, recuperati e dispersi

Messaggiodi edscuola » 25 settembre 2008, 7:10

da ScuolaOggi

Sospesi, recuperati e dispersi
di Antonio Valentino


1. I dati pubblicati dal Ministero sui risultati degli esami di settembre, sostenuti dagli studenti così detti "sospesi" a giugno, ci danno il seguente quadro: non sono stati ammessi alla classe successiva il 6% (su un totale del 26,8% che hanno riportato a giugno una sospensione di giudizio); con punte del 7,6% negli IP (nei licei, il 5%). Nelle classi prime di tutti gli indirizzi scolastici, la percentuale è superiore alla media del 6%. La percentuale dei bocciati passa dal 14.2 del 2006-07 al 16.2 del 2007-2008.

Come può essere interpretato il dato del 6% e cosa ci dicono le diverse percentuali di “non ammessi” tra i vari tipi di scuola? Le differenze nelle percentuali di non ammessi, tra i sospesi dei Licei e Istituti, conferma quanto già sapevamo: si boccia molto di più negli Istituti tecnici e professionali. E questo resta un problema col quale si continua a fa finta di niente, perché non si è in grado di affrontarlo come si deve.

2. Quello che si vuole invece evidenziare in questa nota è che la lettura dei dati che il Ministero ha raccolto e pubblicato non ci dice tutto o, in ogni caso, non ci dice quello che è importante sapere, rispetto agli esami dei "sospesi". Per esempio, quanti dei ragazzi promossi hanno superato effettivamente e completamente le prove e quanti e in che misura sono stati "abbuonati". Quanti di questi risultati positivi sono legati o meno, e in che misura, ad un impegno delle scuole in termini

- di corsi di recupero qualitativamente significativi;

- di percorsi personalizzati per gli studenti sospesi così da favorire lo studio individuale e la loro finalizzazione funzionale alla classe successiva;

- di attenzione ai problemi metodologici (di studio individuale efficace);

- di corresponsabilizzazione (per quanto possibile) delle famiglie.

Né ci dice delle diverse procedure utilizzate dalle scuole per le verifiche o dei criteri seguiti nelle operazioni di scrutini.

La percezione, che ho visto confermata anche dal bell'intervento di Giuseppe Nigro su queste stesse colonne, è che ogni scuola si è comportata secondo modalità e criteri suoi propri e che le ambiguità del testo normativo hanno dato luogo a comportamenti spesso diversi, con conseguenze talora rilevanti sul piano dell’imparzialità ed equità degli esami (pensate alla maggiore o minore semplificazione di alcune prove, ai voti in qualche caso più alti di quelli dei loro compagni promossi a giugno - che pure hanno studiato tutto l'anno - e quindi al credito più elevato attribuito ai primi).

Sono aspetti che non possono essere sottovalutati e che rinviano pertanto alla necessità di una normativa più chiara e a procedure più omogenee e vincolanti a livello nazionale.

3. Vorrei però comunque sottolineare il passo in avanti compiuto con questo esame e la significatività di quel 6% come valore medio dei non ammessi a settembre. Non certo per rallegrarmene, ma per dire che, tutto sommato, le prove non sono state vissute come passaggi formali e che ne è derivato per gli studenti una lezione complessiva che tende a richiamare l’importanza dell’impegno soggettivo nel successo scolastico.

C’è certamente un problema di disomogeneità, parzialità, iniquità messo in evidenza da questi esami settembrini. Però, diciamocela tutta, quanta omogeneità ed equità c’è in questa mostra scuola sgangherata e addirittura dentro le nostre stesse scuole.

Sappiamo tutti di vere e proprie patologie (in alcune materie i voti negativi non solo determinano la bocciatura di un numero elevato di studenti in una stessa classe, ma anche il numero elevato dei suoi "sospesi"), nei risultati di certi scrutini, che gridano vendetta e di fronte alle quali ci si sente impotenti. Sappiamo altresì che un otto ha un peso diverso a seconda della scuola e della sua collocazione.

In questa riflessione comunque quello che interessa capire è se almeno questa scelta del ministro Fioroni, che la Gelmini sembra aver confermato, è "sensata" oppure no, se, eventualmente, ha bisogno di qualche correttivo e se il percorso previsto ha bisogno di essere "oleato" con dispositivi che impediscano di considerare questi esami come una riedizione dei vecchi esami di riparazione, giustamente aboliti.

4. Sono in pochi a non ritenere fondate le ragioni da cui è derivata la decisione di introdurre la sospensione di giudizio (al posto della promozione con debito) e quindi prove di verifica, e scrutini conclusivi, prima dell'inizio del successivo anno scolastico. Non ci faccia difetto, al riguardo, la memoria dei vissuti catastrofici degli ultimi anni. Non se ne poteva più di questi "debiti" che si trascinavano a volte anche nel secondo quadrimestre, di questi corsi di recupero paralleli all'attività didattica del mattino e quindi molto spesso improduttivi.

C'era dietro una nozione di recupero insensata e controproducente che ne sviliva la sua vera ragion d'essere (che è quella di essere funzione della didattica, e quindi di intervento tempestivo nelle difficoltà di apprendimento) e rendeva difficile, se non impossibile, qualsiasi riallineamento dello studente al percorso della classe nelle materie del debito. Mancava poi ogni stimolo ad uno studio serio e responsabile degli studenti, perché ormai promossi.

Gli espedienti che le scuole si davano per ovviare agli inconvenienti più pesanti (per esempio, la bocciatura in caso di debito ripetuto per due anni di seguito), non sempre funzionava; con conseguenze a volte paradossali di studenti che riuscivano a "farla franca" (che è cosa diversa dal "non riuscire" in una singola materia) per tutto un ciclo di studi. E anche in termini di ipocrisie, false minacce ecc., ecc., che si rivelavano altrettanti fattori diseducativi.

Dell'operazione recupero del precedente Ministro, discutibile nel suo insieme, va pertanto salvata la scelta di sospendere il giudizio di ammissione per i ragazzi con carenze pesanti in una o più materie. Importante anche la scelta, per quanto piuttosto pasticciata, di "responsabilizzare" in qualche modo la scuola rispetto al recupero delle carenze alla base del giudizio di sospensione.

5. Assumendo pertanto a riferimento gli orientamenti del nuovo ministro (almeno in questi sensati, se confermati) di far cominciare l’anno scolastico dopo la conclusione degli esami per i "sospesi", da collocare in settembre, cerchiamo di ragionare sulle misure che diano a tali prove e scrutini sensatezza ed efficacia.

Proviamo preliminarmente a interrogarci sulla opportunità di un meccanismo uguale per l'intero quinquennio delle superiori.

Ho parecchi dubbi sulla sensatezza di questi esami per i ragazzi di prima. Il biennio delle superiori dovrebbe avere un carattere unitario, trattandosi di scuola dell'obbligo e prevedendo come risultato in uscita, uguale per tutti, la padronanza di competenze di cittadinanza - anche se saranno diversi i curricoli dei vari bienni del nostro ordinamento -. (Ma al riguardo non si hanno certezze: il pensiero della Gelmini, diretto o etero, non si manifesta ancora)

L'importanza sia di praticare, soprattutto nel Biennio, tempi distesi e rispettosi dei tempi di apprendimento e di crescita, sia di evitare ai primini con difficoltà ripetenze che potrebbero risultare dannose e destabilizzanti, non può essere sottovalutata. Si eviterebbe così, tra l'altro, di inserire nelle classi prime un numero spesso rilevante (in qualche caso, anche dieci) di ripetenti; con conseguenze inevitabilmente negative sul clima complessivo della classe e i suoi ritmi di lavoro.

Perché per le prime non prevedere allora la conferma del meccanismo degli anni precedenti, cioè quella dell'ammissione alla classe successiva anche in presenza di qualche insufficienza recuperabile? Ovviamente deve restare ferma la pratica di recuperi mirati, in tempi da prevedere in modo accorto.

Nel triennio, invece, per le ragioni prima espresse, la sospensione di giudizio ha decisamente più senso.

Ma a determinate condizioni che le esperienze dell'ultimo anno hanno fatto emergere come positive anche se da affinare.

La scuola non può scaricare sulle famiglie tutto l'onere del recupero. Non se ne esce. Dietro le difficoltà di apprendimento c'è molto spesso un livello culturale modesto delle famiglie, situazioni economicamente, oltre che culturalmente, deboli. Vanno certamente responsabilizzati studenti e famiglie, ma va anche ribadita la responsabilità della scuola, almeno nel predisporre, ove il caso, percorsi individualizzati per gli studenti sospesi e nell'offrire alla preparazione sostegno metodologico e basi contenutistiche (essenziali e funzionali). E ciò allo scopo di aiutarli a costruire una preparazione finalizzata a prove di cui è bene si conoscano in anticipo oggetto, caratteristiche e criteri valutativi (come si dovrebbe fare sempre, e non solo per questi esami).

Quindi risorse e autonomia delle scuole.

E' evidente che questi ragionamenti richiedono - se si vuol fare sul serio su questioni veramente serie - competenze professionali, in fatto di progettazione didattica e di cultura valutativa, omogenee a livello nazionale; competenze non sempre presenti nelle nostre scuole nella misura necessaria.

Ma richiedono anche una cultura professionale più consapevole di una verità elementare, che non vale soltanto per la sanità. E cioè che "Prevenire è meglio che curare". Ma su questo non credo ci sia bisogno di esemplificazioni. Tutti gli insegnanti accorti lo sanno bene.

E' certamente una cosa positiva offrire, nei casi in cui non funziona né l'intervento preventivo né quello successivo all'insorgere di difficoltà, una chance aggiuntiva per colmare lacune (corsi di recupero o percorsi di studio mirati alla fine del quadrimestre o nei mesi estivi).

E' un modo per responsabilizzare e dare fiducia condizionata.

In altri termini, la partita degli esami estivi si vincerà quando la positività di un elevato numero di ammessi alla classe successiva si coniugherà con quella di una preparazione migliorata, grazie sia alle misure che la scuola si preoccuperà di mettere in atto, sia al livello di responsabilizzazione e coinvolgimento che si riuscirà a realizzare con studenti e famiglie.

E' questa la sfida complicata che dovremmo prospettarci. Ma anche in questo c'è il senso del nostro mestiere.

E in questa sfida rientra la richiesta, da parte del mondo della scuola e dei loro rappresentanti sindacali che ci credono, di piani di investimento in formazione e ricerca. Ma chi glielo dirà al Ministro Gelmini? E soprattutto al super ministro Tremonti? Se capiscono, si potrebbero anche arrabbiare. Chi corre il rischio?
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