«Ma la colpa questa volta non è della scuola»

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«Ma la colpa questa volta non è della scuola»

Messaggiodi edscuola » 6 settembre 2008, 9:16

da Corriere

«Ma la colpa questa volta non è della scuola»

ROMA - E' difficile sorprendere, in materia di analfabetismo, originario o di ritorno, un linguista come Tullio De Mauro, che dell'argomento sa tutto o quasi. C'è riuscita, nel 2005, Statistic Canada, una delle più importanti centrali di indagini demografiche del pianeta. Il prof, nel leggere i risultati, fece un salto sulla sedia. Il motivo? Secondo la ricerca sulle condizioni di alfabetizzazione in età lavorativa, da 16 a 65 anni, noi italiani eravamo più o meno allo stesso livello di alcuni paesi africani. Sono passati tre anni. E in materia di lotta all'analfabetismo la strada è ancora tutta in salita. Soprattutto in Africa, ma anche nel nostro Paese.
I dati di Statistic Canada 2005: solo il 29% degli italiani aveva dimostrato una capacità — stiamo parlando di livelli minimi — di controllo della lettura e della scrittura o capacità di calcolo sufficienti per affrontare la vita quotidiana.
«Problemi simili esistono in tutti i paesi sviluppati — spiega De Mauro — ma in percentuali modeste. Difficoltà di quelle proporzioni sono emerse solo per l'Italia e la Sierra Leone. Dall'indagine è risultato che il 5% della popolazione adulta era preda di un analfabetismo completo. C'era poi un 33% che invece riusciva a decifrare più o meno bene le risposte del primo questionario ma non arrivava al secondo. Un altro 33% si fermava al secondo, insomma non raggiungeva il livello del terzo questionario al di sotto del quale ci sono l'analfabetismo oppure un enorme difficoltà a comprendere ciò che si legge in una tabella, su un avviso pubblico, in un giornale».
L'Italia come l'ex colonia portoghese dell'Africa occidentale. Partiamo da questo dato che non dovrebbe consentire sonni tranquilli a quanti hanno responsabilità di governo per capire cosa può essere accaduto, professore. Verrebbe da dire: la scuola non funziona. «Se la scuola italiana non funzionasse avremmo ancora oggi lo stesso analfabetismo primario degli anni Cinquanta. Arrivava a sfiorare il 40% della popolazione ma poi, grazie all'istruzione generalizzata, si è progressivamente contratto fino a ridursi nel 2001 a meno di due punti percentuali, come risulta dall'ultimo dei censimenti che l'Istat conduce con cadenza decennale.
Non dimentichiamo che la scuola elementare italiana, secondo gli studi comparativi Ocse, si colloca nel mondo tra l'ottavo e il quinto posto. Diversa la situazione delle superiori. In Italia, a differenza degli altri stati europei che hanno lavorato a fondo per riorganizzare i corsi, non è passata una sola riforma. Siamo ancora al 1925».
«Qualcosa — continua il professore — la povera nostra elementare comunque ha fatto, anche se ricorrono titoli di saggi sulla disfatta della scuola. Il fatto è che era e resta l'unica a combattere sul fronte dell'analfabetismo in un panorama desolante, dove mancano le biblioteche, i dati sulla lettura sono catastrofici e manca un sistema di educazione per gli adulti».
E qui dobbiamo fare i conti con la regola dei cinque anni, ben nota a quanti, cominciando dall'Unla, si battono contro l'analfabetismo. «Accade dappertutto — dice ancora De Mauro —. Se in età adulta non esercitiamo le competenze acquisite a scuola regrediamo di almeno 5 anni. Il nostro analfabetismo è una sconfitta della società, non della scuola. Se proprio dobbiamo scoprire l'assassino, questo è la mancata educazione degli adulti».
«Negli altri paesi europei e negli Usa — spiega il linguista — ogni anno tra il 60 e l'80 per cento della popolazione frequenta un corso di uno o tre mesi per aggiornarsi professionalmente o culturalmente: dall'astronomia alla lingua straniera. Un sostituto fai da te, in Italia, potrebbe essere un centro di lettura. Noi abbiamo illustri biblioteche di conservazione ma pochissime biblioteche di quartiere. Nei nostri 8000 comuni ne esistono solo duemila concentrate a Roma e Milano. A Roma, per una popolazione di circa tre milioni di abitanti, ce ne sono 20».
Come avvicinare i cittadini al piacere della lettura e dell'aggiornamento? «Il linguista russo Roman Jakobson diceva che il gusto del gorgonzola non può essere spiegato con le parole del vocabolario, va mangiato e basta. Bisogna cominciare a fare qualcosa. Qualche buon esempio non manca. Ricordo un'iniziativa organizzata dal comune di Scandicci in tema di formazione permanente degli adulti alla quale ha partecipato anche Roberto Benigni. Servono tanti buoni centri culturali permanenti dove sia possibile imparare l'informatica o la topografia, l'inglese o la statistica. L'importante è che non ci sia scritto: scuola per analfabeti».
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