Carpicciosi e prepotenti: quando i prof fanno i bulli

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Carpicciosi e prepotenti: quando i prof fanno i bulli

Messaggiodi edscuola » 9 luglio 2008, 20:54

da Il Messaggero

Carpicciosi e prepotenti: quando i prof fanno i bulli
di Alessia Marani

ROMA (9 luglio) - E se per una volta a fare i bulli fossero i prof? Assenze improvvise, ritardi ingiustificati, lunghe interminabili conversazioni al telefonino durante le lezioni e gli esami. E non mancano le frasi ad affetto, autentiche stilettate sferrate su studenti emozionati e tremanti come agnellini, del tipo: «È inutile che pianga, il coltello dalla parte del manico ce l’ho io». Oppure: «Si vergogni di fare pagare le tasse universitarie ai suoi genitori».

Poi, magari, capita pure di metterci una o due ore per arrivare all’Università stipati come bestie sui bus e sui treni dei pendolari per scoprire che l’orario di una lezione o di un appello è stato spostato all’ultimo minuto, oppure che il docente tanto atteso non può più parlare perché è andato a pranzo o è sparito in un convegno. Rispetto per gli studenti: zero. Alla Sapienza ieri, per la sessione estiva degli esami, c’era il pienone: aule e corridoi senza aria condizionata affollati da ragazzi ammassati e assorti negli ultimi ripassi, futuri dottori e dottoresse stretti tra mamme e papà in attesa di discutere la laurea. Giovani sfiniti e in attesa da ore per un esame. Girando per l’Ateneo più grande d’Italia, si scopre che non c’è studente che nel suo curriculum universitario non abbia avuto a che fare con sviste e malumori di qualche docente. Come accaduto a Flavio, di Lettere. «Preparo Storia con delle mie amiche - dice - seguiamo il programma affisso in bacheca.

Arriviamo all’esame e il professore ci dice che quel programma era sbagliato, che c’era anche un altro libro. Bastava aggiungerlo a penna il titolo di quel maledetto libro sul foglio di carta. Ma nessuno si è degnato. Io rinuncio - continua Flavio - le mie amiche si ripresentano una seconda volta, ma neanche le fanno sedere che le chiedono altre cose fuori programma. So che sono andate a protestare dal preside, quello ha dato loro un appuntamento per il giorno dopo, ma non si è visto. Per le mie amiche è stata l’ennesima perdita di tempo. Ma tanto con chi possono lamentarsi?».

Non va meglio a Scienze Politiche, altro tempio della cultura capitolina, facoltà in cui i docenti spesso hanno finito per assumere incarichi di governo. «All’esame di Statistica - racconta Alessia - l’assistente giocava col telefonino. A un certo punto le è squillato, ha risposto e ha cominciato a parlare. Mi diceva “continui, continui pure”, ma io ero in completo imbarazzo». Aggiunge una sua amica: «E poi fumano, fumano in tanti mentre tu sei lì a rispondere alle loro domande». C’è un professore che il telefono non lo spegne nemmeno a lezione: «È capace che noi ci facciamo in quattro per arrivare puntuali e trovare un posto - dicono alcuni laureandi nel lungo corridoio principale - e che quello passi venti minuti filati al telefono, passeggiando avanti e indietro davanti alla cattedra. Noi non possiamo dire o fare niente, assurdo». «Una volta vado a un esame - aggiunge Elisa - mi interroga prima un assistente, mi mette 28. Il professore che doveva confermare o meno il voto va via. L’assistente mi dice: “Si prenda questo 28 perché tanto se le faccio una domanda in più, io le abbasso il voto”. Un’imposizione bell’e buona, ma che potevo fare?».

Secondo gli universitari sono proprio gli assistenti i più prepotenti: «Fanno pagare a noi il loro calvario, ci trattano come fossimo delle nullità, hanno un po’ di potere in mano e si sentono chissà chi». Non tutti, sia ben chiaro. Perché gli studenti non risparmiano parole di lode per tanti insegnanti titolari di cattedra e non, preparati e scrupolosi. La lista dei buoni è davvero lunga. Ma i “B&B”, come li hanno ribattezzati qui alla Sapienza, vale a dire i “Baroni-bulli”, coi loro malumori e capricci improvvisi, a volte, riescono a rendere la vita impossibile a tanti studenti. A Scienze Naturali, per esempio, leggenda vuole che non si riesca a passare una prova di Chimica, fino a qualche tempo fa propedeutica per una montagna di altri esami. «La morìa degli studenti - dicono Fabio e Marco, entrambi fuoricorso - è a livelli da record. Alla fine nonostante la laurea sia triennale, siamo quasi tutti in ritardo perché arenati su quest’esame impossibile. E non c’è verso di uscirne». Ieri, a Giurisprudenza, decine di studenti terrorizzati aspettavano di essere chiamati per l’esame di Diritto Privato. «Questa è una delle prove più toste - dice Annalisa, sfogliando un libro gigantesco in mano - siamo tutti qui dalle otto e chissà quando ci chiameranno, potevano dirci più o meno quando. C’è chi si è svegliato alle cinque del mattino e non si regge più in piedi». Racconta una sua amica, di un altro corso: «A un appello del 28 giugno, dopo avere aspettato tanto, sono arrivata di fronte all’assistente che mi ha detto “sono stanca torni il 4 luglio”. Anche io ero stanca, ma non avrei mai potuto dire al prof “mi interroghi un’altra volta”».

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